Silvio Buzzanca, la Repubblica 18/4/2013, 18 aprile 2013
IL GIURISTA CHE SCALDA LA SINISTRA “MI SONO CONSULTATO CON BEPPE ORA MI AFFIDO AI MILLE ELETTORI”
«Ho parlato con Beppe e adesso taccio. La parola passa ai 1007 grandi elettori». Stefano Rodotà alla vigilia del primo voto per eleggere il nuovo capo dello Stato non vuole dire altro. Aspetta di vedere come andrà a finire. «L’ho sentito. Era contento come un bambino, perché la rete ha pensato a lui. Metterà d’accordo tutto e tutti», ha dichiarato Beppe Grillo. Intorno al suo nome e al suo identikit politico crescono i consensi e la mobilitazione. Da Torino, per esempio, arriva un appello promosso da militanti e dirigenti dell’area di sinistra del Pd. L’iniziativa è di Roberto Placido, vice presidente del Consiglio regionale, e ha subito raccolto l’adesione di consiglieri comunali di Torino e Novara. Ma adesione arrivano anche dai democratici trentini, liguri, marchigiani e laziali. La proposta, inoltre, trova una sponda in una parte di Sel. Giorgio Airaudo, indipendente eletto nelle liste vendoliane, ha già espresso il suo appoggio.
Il candidato indicato dai 5 Stelle il prossimo 30 maggio festeggerà il suo ottantesimo compleanno. E potrebbe spegnere le fatidiche candeline al Quirinale. Dove potrebbe arrivare anche qualche dolce calabrese. Di quella Calabria che conserva antiche radici albanesi. Perché, come denota il suo cognome e quella a finale accentata, il giurista nato a Cosenza nel 1933 discende da una famiglia arbereshe, una delle tante arrivate nel Mezzogiorno italiano fra il ‘400 e il ‘700 sotto la pressione dell’espansione turca.
Rodotà si è laureato in giurisprudenza alla Sapienza di Roma nel 1955. Anno in cui inizia la sua avventura politica nel neonato Partito radicale. Un legame che però si interrompe negli anni Settanta, quando rifiuta le offerte di Marco Pannella che lo voleva portare in Parlamento. Il giurista accetta invece le proposte del Partito comunista italiano e viene eletto nel 1970 come indipendente di sinistra. Pannella non ha mai perdonato a Rodotà questo rifiuto e non perde occasione per attaccare lui e gli altri indipendenti di sinistra.
Una volta giunto alla Camera, Rodotà approda alla commissione Affari costituzionali e vi ritorna nel 1983, quando diventa presidente del gruppo Misto e nel 1987. Intanto si avvicina la caduta del Muro, la fine del Pci e la nascita del Pds. Rodotà diventa prima ministro ombra della Giustizia di Occhetto e poi il primo presidente del nuovo partito della sinistra. Quindi ha fatto parte delle commissioni bicamerali Bozzi e De Mita-Iotti per la modifica della Costituzione. Esce dal Parlamento nel 1994 e torna all’insegnamento universitario.
Ma nel 1997 diventa il primo presidente dell’Autorità per la privacy e vi rimane fino al 2005, accompagnando il lavoro universitario agli interventi nel dibattito politico e giuridico. Si spende molto sui temi etici e dei nuovi diritti. Non a caso il suo ultimo libro si chiama “Il diritto di avere diritti”. Si è impegnato molto sui referendum sui beni comuni e questo gli consente di avere rapporti privilegiati e consensi nel mondo della sinistra radicale e adesso dei grillini.