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 2013  aprile 18 Giovedì calendario

«NON GUARDARE LA VENERE NUDA». E LADY FRANCHEZZA SPOSTO’ CIAMPI

«Caro amico, adesso basta! Nessuno si sogni di tirare fuori il solito Orazio e la faccenda del dulci et decorum est pro patria mori... Carlo ha già dato abbastanza alla patria, volete vederlo morto? Dovrebbero tutti lasciarlo in pace». È così che Franca Ciampi difendeva melodrammaticamente il marito negli ultimi giorni al Quirinale, davanti al cronista che chiedeva che cosa la coppia presidenziale pensasse del pressing con cui i partiti sollecitavano allora una (non voluta) rielezione, proprio come è toccato fino all’altro ieri a Napolitano. Esternazioni imprevedibili. Scherzose e ironiche o acri come un’invettiva. Sempre non protocollari e fuori da ogni imbalsamata ufficialità. Tali dunque da stupire e, in qualche caso, scandalizzare. Una cifra espressiva molto spontanea, per la quale la moglie del decimo capo dello Stato fu presto ribattezzata «Lady Franchezza».
Qualcuno disse che quelle sortite erano imprudenti e inopportune, ed è un fatto che i servizi di sicurezza del Colle ebbero a un certo punto l’ordine di tener lontane da lei telecamere e reporter. Inutilmente. Di sicuro c’è che, uscendo in quei modi spiazzanti dal cono d’ombra nel quale le consorti dei presidenti si riparano sempre, donna Franca accrebbe la popolarità di Carlo Azeglio Ciampi, uomo laconico e dal carisma passivo, involontario, che di suo non ha mai fatto nulla di platealmente populista per affascinare le folle. Le conquistava restando se stesso e avendo sempre al fianco — non un passo indietro, come prevede il cerimoniale — la moglie. Le cui battute non gli davano certo fastidio, dal momento che ci era abituato da una vita e ci sorrideva.
Capitava ad esempio che lei lo incalzasse con smorfie e gesti di approvazione o di perplessità dalla poltrona dove il protocollo la faceva accomodare, quando il marito teneva un pubblico discorso: con il risultato di gettare nella desolazione lo staff in trasferta e di bloccare lui, che soffre di balbuzie. O, ancora, capitava che dicesse al posto suo cose indicibili, come quando bocciò la «tv deficiente», che propinava di continuo «trasmissioni che involgariscono e imbastardiscono e che noi in famiglia non guardiamo», incitando i giovani a «leggere, leggere, leggere».
Napoli è la città che l’ispirava forse di più. Una volta, visitando la pinacoteca di Capodimonte, si finse gelosa e scagliò un imbarazzante anatema su una nudissima Venere dipinta da Luca Giordano: «Ciampi non guardare... portiamolo via». Un’altra volta, dopo aver attraversato in macchina i Quartieri spagnoli affollati di bimbi pronti ad applaudire, lodò «la gente del Sud», che è «più buona e intelligente», incassando l’accusa di «razzismo alla rovescia» del leghista Calderoli. Siparietti continui («lo so, sono tremenda») anche tra di loro come quando il presidente confessò come si era davvero fratturato la clavicola, in una caduta notturna nell’appartamento al Quirinale, al rientro da un concerto di Muti. «Ho fatto una bischerata... mia moglie era sul lato sinistro della scala, dove c’è il corrimano, io scendevo invece sulla destra, dove il corrimano non c’è, e a un certo punto quegli otto gradini ho cominciato a farli di corsa, per sorpassarla. È così che sono scivolato, inciampando e cadendo sulla spalla». Insomma, all’origine dell’incidente c’era stato quasi un gioco tra fidanzatini, come succede in una famiglia qualsiasi: ecco che cosa piaceva e piace agli italiani dei coniugi Ciampi e di Franca in particolare. Le cui performance — secondo una versione però mai confermata — raggiunsero il culmine dopo un pranzo di Stato a Buckingham Palace. «Maestà, sediamoci a far quattro chiacchiere da donne e lasciamo gli uomini da soli», avrebbe detto, prendendo sottobraccio la regina Elisabetta, che la guardò sbalordita (perché per il cerimoniale nessuno può toccarla) e divertita.
Marzio Breda