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 2013  aprile 18 Giovedì calendario

DAL CATAFALCO ALLA LANCIA, ECCO RITI E FETICCI DEL VOTO

L’ elezione del capo dello Stato è il momento più alto nella vita della Repubblica. Si celebra una liturgia somma che prevede una rappresentazione simbolica solenne e rigorosa: il giuramento, gli addobbi, le cannonate dal colle del Gianicolo. Sono giorni in cui il rischio della magniloquenza è travolto dalla sacralità laica che un paese come l’Italia si concede così di rado. Ma, come si vedrà, nemmeno in questo clima severo gli italiani rinunciano a qualche bizzarria. Ecco quali sono i riti e i feticci in scena da oggi.

L’INSALATIERA

È un grande cesto di vimini rivestito in raso con decorazioni in oro nel quale gli elettori depositano le schede col nome del candidato. Il cesto è chiamato insalatiera forse proprio per il colore della stoffa, visto che altre ragioni non se ne intuiscono: vi sono state raccolte le schede per l’elezione di tutti i presidenti della Repubblica.

IL CATAFALCO

È così detta la cabina elettorale in legno scuro utilizzata anche per l’elezione del presidente della Camera. Nel ’92 (elezione di Oscar Luigi Scalfaro) furono aggiunte delle tendine nere per rafforzare la riservatezza dell’operazione. Gli elettori non possono portare nel catafalco il cellulare. Alle prime votazioni, se di pura schermaglia, si assiste ai colpi di fantasia dei parlamentari: in onore di Totò prese un voto anche il commendator Trombetta.

IL CERIMONIALE

Prevede che i grandi elettori votino in questo ordine: prima i senatori, poi i deputati e infine i delegati regionali. Si vota a doppia chiama, e cioè chi è assente al primo appello vota al secondo. All’operazione assistono il presidente della Camera - che presiede l’assemblea e procede allo spoglio a voce alta affiancato da quello del Senato.

LE SCHEDE

Dal 2006 si usano schede di colore diverso a ogni votazione per evitare che siano riciclate alla successiva. Infatti nel ’92 le schede furono cinque più degli aventi diritto. Il nome del candidato si traccia con la matita copiativa: vietate penne a sfera e stilografiche.

IL GIURAMENTO

Il nuovo presidente giura davanti al Parlamento riunito in seduta comune. Viene prelevato a casa dal segretario generale della Camera e accompagnato a Montecitorio in auto scortata da carabinieri in motocicletta. Nel momento in cui il presidente esce di casa, la grande campana di Montecitorio comincia a suonare e smette solamente quando il presidente entra nel palazzo dopo aver superato il picchetto d’onore dei militari. Lì infatti viene accolto dai due presidenti di Camera e Senato e da carabinieri in alta uniforme e schierati in due file che si fronteggiano. Poi il nuovo presidente viene condotto nell’emiciclo e siede alla destra del presidente (alla sinistra siede il presidente del Senato). Subito dopo l’annuncio all’aula del suo arrivo, il presidente della Repubblica prende posto al centro e legge il giuramento: «Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione».

LA CAMPANA MAGGIORE

Montecitorio fu in origine sede dei tribunali pontifici e la campana maggiore suonava per l’inizio delle udienze. Oggi i suoi rintocchi sono destinati soltanto al nuovo presidente della Repubblica, nell’occasione del suo primo ingresso alla Camera e in coincidenza coi ventuno colpi esplosi dal cannone del Gianicolo.

I CANNONI DEL GIANICOLO

Nel momento esatto in cui il capo dello Stato presta giuramento, il cannone del Gianicolo spara ventuno colpi a salve. È il medesimo cannone che tuona quotidianamente a mezzogiorno come disposto nel 1847 da Pio IX per la sincronizzazione dei campanili di Roma. I colpi sono ventuno perché si segue un’antica tradizione della Royal Navy britannica risalente al Seicento: il numero pari è riservato alle commemorazioni, e quello dispari in caso di omaggio. I colpi aumentano di due in due in base al rango dell’omaggiato. Ventuno è il numero massimo.

GLI ADDOBBI

Per il giuramento, l’aula di Montecitorio viene addobbata con ventuno tricolori (equivalenti ai colpi del Gianicolo) e con drappi rossi ricamati in oro. Sono ospiti le delegazioni straniere.

IL DISCORSO

Immediatamente dopo il giuramento, il presidente della Repubblica rivolge ai parlamentari, e dunque al paese, il suo discorso di saluto (non dissimile da un discorso programmatico).

IL MILITE IGNOTO

Terminato il discorso, il capo dello Stato lascia l’emiciclo e viene condotto dai presidenti delle camere nell’atrio di Montecitorio dove viene accolto dal saluto del presidente del Consiglio (dunque ancora Mario Monti) e del segretario generale del Quirinale (ora è Donato Marra), e dove riceve gli onori da un reparto di corazzieri in alta uniforme. Dunque si esce dal palazzo della Camera sulla piazza per ascoltare l’inno nazionale, e al nuovo presidente spetterà di passare in rassegna il reparto d’onore schierato con bandiera e banda. Poi il presidente del Consiglio e il segretario generale del Quirinale accompagnano il capo dello Stato all’Altare della Patria per rendere omaggio al milite ignoto.

LA LANCIA FLAMINIA

All’Altare della Patria si tiene una delle cerimonie più suggestive: il presidente della Repubblica sale sulla Lancia Flaminia 335 Pininfarina cabriolet e viene portato al Quirinale. La Lancia Flaminia fu commissionata dal presidente Giovanni Gronchi e realizzata nel 1960 in pochissimi esemplari (meno di una decina). Due sono al palazzo del Quirinale, una fu donata alla regina Elisabetta, una a papa Giovanni XXIII. È un’auto a sette posti che si utilizza esclusivamente dopo il giuramento e per la festa della Repubblica del 2 giugno. Arrivato infine al Quirinale, il nuovo presidente riceve il saluto del predecessore e si compie il passaggio delle consegne.