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 2013  aprile 04 Giovedì calendario

LE RACCHETTE AL POTERE

«Il tennis è talento, coraggio, e anche culo». Nell’efficace definizione di Andrea Vianello, direttore di Rai Tre e grande appassionato, manca però un aspetto decisivo: le relazioni. Sì, perché esistono due categorie di tennisti. I primi sono romantici che scendono in campo per passione, per imitare i loro idoli, per sfogare sulla terra rossa le tensioni della settimana. Un compagno e il gioco è fatto: «Vuoi mettere col golf?» chiedono, «basta un’ora per essere sfiniti e soddisfatti». Di tanto in tanto, partono con l’aneddoto vintage («Eravamo io, John McEnroe e...») oppure citano passi di Open, l’autobiografia di Andre Agassi edita da Einaudi ed elevata al rango di Bibbia. Poi ci sono i pragmatici: quelli che, più della partita, conta il «peso» dell’avversario. Nei circoli storici, dove l’iscrizione può superare i 30 mila euro e la quota annuale costa come un ricco stipendio, il prezzo include il prestigio dei soci. E così, da Roma a Milano, la volée può rivelarsi la chiave per entrare nei giri giusti. Buone conoscenze e sano divertimento: ecco gli ingredienti di uno sport che negli ultimi anni è tornato alla ribalta (più 160 mila tesserati dal 2000 a oggi, anche se non tutti giocano davvero).
Il club del momento è il romano Aniene. Il suo presidente, Giovanni Malagò, si è appena seduto sulla poltrona del Coni, la carica più importante dello sport italiano. Un’elezione a sorpresa in cui la rete di conoscenze costruita in anni di tennis e calcetto ha fatto la sua parte («Ma qui si fanno solo sport e cazzeggio» tiene a precisare). «Ho preso in mano la racchetta da ragazzine, poi ho frequentato diversi corsi estivi e sono pure andato in Inghilterra per migliorarmi» dice Malagò, che vanta nel palmarès qualche torneo vinto «compensando i difetti tecnici con un buon senso dell’agonismo». Nel suo circolo giocano il presidente di Federalberghi e neosenatore Pdl Bernabò Bocca, 49 anni, e il d.g. di Warner Bros Pictures Nicola Maccanico, figlio dell’ex ministro Antonio (pure lui tennista). Entrambi prendono lezioni da Vincenzo Santopadre, ex professionista, ma in campo non c’è storia: il più giovane Maccanico vince facile. «Sono un fumatore e ho poco fiato» si schermisce Bocca, «le braccia vanno ma le gambe non le seguono. Il mio obiettivo è terminare lo scambio il più presto possibile!».
Nei circoli sul Lungotevere ci si da del tu. Cesare Romiti, appena iscritto all’Aniene, impiegò un po’ di tempo per abituarsi: «Ma io e lei ci conosciamo?» rispose sprezzante a un socio troppo cordiale. Al Tennis Parioli, storicamente il club romano dove si gioca di più e meglio, i soci danno del tu anche alla racchetta. Qui si incontrano, fra gli altri, l’a.d. di Ntv Giuseppe Sciarrone, il d.g. della Federcalcio Antonello Valentini e il preside della facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata Beniamino Quintieri, 65 anni. Prime partite da ragazzo in Calabria, il giovane Quintieri arrivò fino alla Serie C cercando di imitare i suoi idoli: «Mi piaceva il gioco spettacolare di John Newcombe e Jimmy Connors, tutt’altra cosa rispetto ai pallettari (i giocatori da fondo campo, ndr) tipo Bjorn Borg e Ivan Lendl... Oggi il mio punto di forza è il rovescio e me la gioco alla pari con l’ex calciatore Zibì Boniek». Alla Canottieri Roma, invece, s’incrociano Andrea Vianello, l’ex presidente della Rai Paolo Garimberti e Gianni Letta, che però il campo lo guarda da lontano. La memoria storica del circolo è Eugenio Del Toma, nutrizionista 83enne di fama internazionale, più volte campione mondiale fra i medici che nella sua carriera ha strappato qualche set al grande Nicola Pietrangeli. Dei «potenti» che ha incrociato a rete, dice: «Oggi come ieri, giocano più volentieri in doppio. Così hanno un compagno che copre loro le spalle».
A Milano, il circolo con più tradizione (fondato nel 1893) è il Tennis Club Bonacossa, appena scelto dagli studi legali più prestigiosi per disputare la «Coppa Davis» degli avvocati. Qui per diventare soci si paga una quota immobiliare di 1.680 euro, più altri 2.600 ogni anno: rispetto ad alcuni club romani, un affarone. L’elenco dei tennisti comprende l’a.d. di Luxottica Andrea Guerra, il presidente di Campari Luca Garavoglia e il numero uno di Italfarmaco Francesco De Sanctis. Al Bonacossa, diversamente dall’Aniene, possono tesserarsi anche le donne (ma pure qui, a proposito di tradizione, ci si veste solo di bianco): «Ho iniziato da qualche mese» dice l’a.d. di Abb Italia Barbara Frei, 43 anni, «così passo più tempo con mio marito. Abbiamo provato col golf, ma richiede troppo tempo: il tennis è più veloce, più efficiente». Svizzera di nascita e mentalità, la manager confessa di preferire il gioco aggressivo di Rafa Nadal alla tecnica perfetta del connazionale Federer. Orrore! Per i puristi, l’ex numero uno del mondo è una specie di Dio in terra, cui David Poster Wallace ha dedicato il saggio Roger Federer come esperienza religiosa («È uno di quei rari atleti prenaturali che sembrano essere esenti, almeno in parte, da certe leggi fisiche»). «Federer è classe pura, il più grande di tutti i tempi» sentenzia Francesco lorio, 44 anni, d.g. di Ubi Banca che ha ripreso in mano la racchetta dopo quasi 20 anni di astinenza. «Da giovane ero un pallettaro di lusso, oggi sono un pallettaro senza fiato... La mia arma segreta è il rovescio arrotato, per battermi basta costringermi a usare il dritto». Un ottimo suggerimento per i colleghi che se lo troveranno di fronte nel prossimo torneo aziendale: «L’ultima volta sono stato sconfitto da un impiegato, mannaggia. Il mio problema è che penso ancora al me tennista che ero, e mi arrabbio quando perdo con uno scarso».
E i politici, possono mancare? Sentite Eugenio Del Toma, vecchia volpe dei campi: «Ricordo di un pezzo grosso che chiamò la Presidenza del Consiglio per rimandare un appuntamento. Colpa di un incidente, disse, mentre indossava i pantaloncini...». Un po’ quello che ha fatto il premier britannico David Cameron, che secondo un amico avrebbe «rimbalzato» una telefonata di Barack Obama per finire la partita. Qui da noi, il Circolo Montecitorio è stato teatro di grandi sfide fra parlamentari e ministri, come testimoniano le foto seppiate di Giorgio La Malfa e Giuliano Amato («Le sue non erano partite, ma passeggiatine in completo bianco» commenta perfido Del Toma). Anche i politici di oggi non disdegnano il campo: a sinistra Walter Veltroni e Massimo D’Alema, a destra Maurizio Sacconi e il sottosegretario Gianfranco Pollilo. La più abile con la racchetta è però una donna, Paola Concia, dirigente 49enne del Partito Democratico ed ex maestra di tennis. «Da giovane ero molto dotata. Per fare strada però servivano i soldi, e la mia famiglia non poteva permetterselo» racconta con un po’ di rammarico. Ora gioca al circolo romano Emilia De Vialar, a due passi da San Pietro: lo stesso del regista Nanni Moretti («Tanto agonismo e poca tecnica») e di padre Georg Ganswein, il segretario particolare di Benedetto XVI («L’ho visto giocare un paio di volte, ci sa fare»).
La malattia del tennis è trasversale, ha contagiato tutte le categorie e pure il mondo dello spettacolo. «Sono ossessionata» ammette l’attrice Valerla Solarino, folgorata sulla via di Wimbledon da Operi, il bestseller di Agassi: «Dopo averlo letto ho cominciato ad allenarmi quattro volte la settimana». Da allora si è rotta il polso e ha rischiato di perdere un lavoro pur di non saltare la lezione. Ma la febbre da volée non si è abbassata, anzi: «Ho passato tre giorni a Torino per seguire la Coppa Davis, e ogni sera mi addormento guardando Supertennis... Mi faccio paura». Sui titoli di coda ecco Neri Marcorè, 47enne attore e comico che da ragazzo sognava di diventare un campione. Al suo paese, Porto a Sant’Elpidio (Fm), fu il primo ad avere una racchetta: «Sfidavo gli amici nel cortile del condominio, con una fettuccia al posto della rete, e mi sentivo tortissimo. Al punto che scrissi ad Adriano Panatta per chiedergli un provino». Copiando i servizi di McEnroe e Boris Becker ha affinato le doti di imitatore, e oggi lo si incontra negli spogliatoi del Villa York Sporting Club Roma, mentre allunga l’orecchio e prende ispirazione per nuovi sketch: «C’è quello che la notte prima si è sfondato di sesso, l’altro che gioca male per via del fastidio al gomito...». Game, set, match: cosa non si inventa pur di non ammettere una sconfitta. Eppure basterebbe citare il Woody Allen di Match Point. «A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no e allora si perde»: non è solo il tennis, è la vita.