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 2013  aprile 05 Venerdì calendario

MILANO

— L’Italia, come tradizione nel campo, è ben rappresentata nell’elenco dei “risparmiatori” finiti nella rete dei paradisi fiscali di OffshoreLeaks: tra le centoventimila società create tra Cayman, Caraibi e isole Cook sono spuntati infatti i nomi di ben 200 cittadini con passaporto tricolore. E
l’Espresso
— che ha partecipato in esclusiva per il nostro paese al lavoro certosino dell’International consortium of investigative journalism (Icij) — inizia questa settimana a raccontare le loro storie.
L’antipasto sono quattro nomi “pesanti” nella storia dell’industria e della finanza tricolori: Gaetano Terrin, commercialista che si è fatto le ossa nello studio dell’ex ministro alle finanze Giulio Tremonti; Fabio Ghioni, ex hacker professionista e “mente” di quel Tiger team protagonista delle intercettazioni illegali e delle intrusioni informatiche partite dalle strutture di Telecom Italia; tre famiglie di imprenditori e gioiellieri e la riservatissima famiglia dei Severgnini, soci di Mediobanca dall’epoca di Cuccia ed eredi del mitico Guido, ex socio di studio del bancarottiere Michele Sindona e custode riservatissimo di molti segreti dei salotti buoni.
Nell’elenco del Icij sono spuntati Oreste e Giancarlo, suoi figli, due nomi sconosciuti alle grandi cronache ma ben
noti nel miglio quadrato della finanza meneghina. Il padre è stato protagonista di molte delle turbolente battaglie finanziarie che hanno avuto come epicentro i poteri forti che ruotano attorno a via Filodrammatici. Ha pilotato l’ingresso in Mediobanca all’epoca di Enrico Cuccia della famiglia Fumagalli (quella della Candy) e degli Orlandi, ex padroni della Montefibre, aiutando così il potentissimo numero uno dell’istituto a puntellare il suo potere autoreferenziale in banca. La stessa famiglia Severgnini aveva in portafoglio fino a pochi anni fa 4 milioni
di titoli di Piazzetta Cuccia, scesi all’ultima assemblea a 395mila (valore di mercato poco più di un milione di euro).
Il patriarca è stato arrestato nel 1994 da Antonio Di Pietro nell’ambito dell’inchiesta per tangenti alla Guardia di finanza ma è stato scagionato in Tribunale dove è stato ritenuto vittima e non colpevole del tentativo di corruzione. Oreste e Giancarlo hanno proseguito il lavoro del padre, allargando l’orizzonte del business anche ai presunti talenti emergenti della finanza tricolore (sono stati consulenti della Magiste di Stefano Ricucci, protagonista di uno sfortunato tentativo di scalata a Rcs) e sono finiti nella rete di OffshoreLeaks come titolari di un trustee alle Isole Cook e di altre due finanziarie nei paradisi fiscali.
Terrin, come svela
L’Espresso,
è stato “protector” — vale a dire custode — del Claudius Trust, una società operativa alle Cook dal 1997 al 2006, epoca in cui lavorava per lo Studio Tremonti. «Ho accettato quell’incarico per amicizia, l’attività con l’ex ministro non c’entra nulla», ha spiegato al settimanale. Terrin è oggi sindaco delle Generali e di molte aziende dell’orbita triestina e nel curriculum presentato per la nomina al Leone nel 2008 si definiva comunque «stretto collaboratore del professor Giulio Tremonti dal 1998».
Sotto le palme di Rarotonga è spuntata pure una ragnatela di Trust in cui si incrociano per varie strade le storie di tre famiglie imprenditoriali: i gioiellieri Pederzani — negozio in via Montenapoleone a Milano, quello della rapina da 800mila euro del 2008 da parte di un finto lavavetri — un ramo della dinastia Agusta e i Carimati di Carimate. Tutti, dopo le indiscrezioni nel loro coinvolgimento in OffshoreLeaks, dicono di non sapere nulla di queste società tra i cui beneficiari figurano anche l’Unione italiana Ciechi, la Lega per la lotta contro l’Aids e il centro per il bambino maltrattato. Una scelta non proprio ortodossa che secondo il settimanale potrebbe nascondere un
escamotageper
dribblare la magistratura.
Pure Ghioni nega la paternità della Constant Surge Investments, localizzata ai Caraibi e domiciliata presso il suo indirizzo personale a Milano. «Non so nemmeno dove siano le Isole Vergini», ha dichiarato il regista dell’hackeraggio e dossieraggio illegale orchestrato illegalmente per anni all’interno delle strutture di Telecom Italia. Una vicenda per cui è pure finito agli arresti con l’accusa di aver percepito forti somme di denaro per effettuare intrusioni informatiche.
(e. l.)