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 2013  marzo 24 Domenica calendario

L’ASSE MOSCA-PECHINO PREOCCUPA WASHINGTON

Fin quando erano tutte e due comuniste, Russia e Cina erano in continuazione a un passo dalla guerra, e Pechino preferiva allearsi con Washington pur di limitare le mire espansionistiche sovietiche. Ma adesso che sono diventate supercapitaliste, anche se Putin è un ex-dirigente del Kgb, anche se il Partito Comunista Cinese continua a essere partito unico, gli affari fioccano. Lo dimostra il primo viaggio all’estero che ha fatto Xi Jinping dopo la sua elezione a presidente della Repubblica Popolare Cinese, con prima tappa proprio a Mosca.
«Le nostre anime sono aperte», ha detto Xi Jinping incontrando il quasi coetaneo Putin (59 e 60 anni), accompagnato dalla moglie Peng Liyuan, cantante dell’esercito, alla sua applauditissima prima uscita come first lady. E «non sono andato in Russia a perdere tempo». Putin gli ha risposto osservando che «le relazioni russocinesi sono al meglio nella loro lunga storia secolare». Cina e Russia sono inquiete per il modo in cui l’ondata delle Primavere Arabe sta facendo saltare regimi cui erano tradizionalmente vicine, in particolare quello di Bashar Assad in Siria. Temono complotti Usa, anche se quel che ha appena detto Barack Obama in Giordania, sulla Siria che minaccia di diventare «il paradiso dei terroristi», dimostra che l’evoluzione in corso può dare esiti imprevisti anche per la Casa Bianca. La Cina è in più preoccupata per il modo in cui gli Stati Uniti stanno cercando di forgiare tra i Paesi arabi, inquieti per le rivendicazioni marittime di Pechino, una vasta alleanza da cui teme di poter venire accerchiata. Ma a parte questo Cina e Russia, non a caso partner nei Brics, sono dal punto di vista economico largamente complementari. La Cina ha infatti popolazione, la Russia spazio. La Cina ha un’enorme capacità manifatturiera, la Russia le materie prime per alimentarla. Soprattutto quelle energetiche.
«Vogliamo prendere il vento cinese nelle vele economiche russe», è un’altra famosa frase di Putin. In attesa dell’accordo con Gazprom per la fornitura di 68 miliardi di metri cubi di gas per 30 anni che dovrebbe essere a punto entro fine anno, per il momento fra Cina e alcune compagnie russe sono stati firmati accordi che fanno più che raddoppiare la fornitura di petrolio: da 15 milioni di tonnellate a 31 milioni. Sono oltre 620.000 barili al giorno. In cambio di un credito di 2 miliardi di dollari, la Cina ha ottenuto di esplorare insieme alla Rosneft tre giacimenti off-shore nel Mare di Barents, nel Mare della Pechora e nell’Artico. E poi si vuole arrivare a 100 miliardi entro il 2015: un interscambio che in questi cinque anni è già raddoppiato, arrivando a 88,2 miliardi di dollari. Ma è ancora lontano dal volume di scambi cinque volte più grande che c’è tra RussiaeUe, per non parlare di quello tra Cina e Usa.
Il vertice, peraltro, non finisce a Mosca. Martedì e mercoledì infatti Putin e Xi Jinping si rivedranno in Sudafrica, al vertice dei Brics di Durban. E lì c’è addirittura in discussione la proposta di fare una Banca dei Paesi emergenti. Un problema, però, c’è, nel programma espresso da Xi Jinping secondo cui «Pechino e Mosca dovrebbero rafforzare la coordinazione negli affari internazionali e regionali per salvaguardare la pace, la sicurezza e la stabilità dell’area». Ci riferiamo a quei 2000 commenti arrivati sul microblog dell’ambasciata Usa a Pechino dopo l’annuncio del viaggio, per chiedere la «restituzione delle terre cinesi» cedute nel XIX secolo dal Celeste Impero a quello dello Zar con una serie di trattati che i nazionalisti considerano ingiusti. E proprio una quantità di «giovani arrabbiati» che il regime ha incautamente scatenato a manifestare come forma di pressione contro il Giappone nella disputa sulle isole Senkaku-Diaoyu rischiano ora di scappare di mano.