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 2013  marzo 24 Domenica calendario

LA PRIMAVERA ARABA FA SCAPPARE I VISITATORI

Sarà che la primavera araba tarda fiorire, ma i turisti continuano a disertare le un tempo ambite sponde Sud del Mediterraneo con buona pace della agognata ripresa economica.

Basta la notizia di un omicidio politico come quello del leader dell’opposizione tunisina, l’avvocato Chokri Belaid, perché la cancellazione del 90% delle prenotazioni dalla Francia ridimensioni le previsioni di crescita del 3% lasciando i guadagni fermi al 60% in meno del grasso 2010 (nonostante si sia passati dai 4,5 milioni di stranieri del 2011 ai 6 milioni del 2012).

Anche in Egitto le proteste che hanno preceduto il referendum di novembre sulla controversa Costituzione si sono ripercosse sul business delle vacanze (un tempo fiore all’occhiello del budget nazione con 9 milioni di presenze l’anno, una resa di 12 miliardi di dollari e un impatto del 12% sul Pil) disperdendo i pochi visitatori tornati a affacciarsi negli alberghi di Luxor dove 36 mila delle 40 mila camere sono vuote, la richiesta di tour guidati è calata del 10% e 230 delle 288 leggendarie barche signore della valle dei re dondolano inoperose sul Nilo. D’altra parte lo stesso museo del Cairo, icona dell’orgoglio egizio difesa dai manifestanti di piazza Tahrir negli ultimi giorni di Mubarak, è retrocesso dai 10 mila biglietti al giorno del 2010 ai 3 mila attuali.

Ad eccezione della Libia, che partendo da un atavico deficit turistico può solo migliorare (il Corinthia di Tripoli è stato per anni l’unico hotel a 5 stelle), il vento della rivoluzione non ha giovato agli operatori nordafricani scavalcati per il momento dai colleghi di paesi estranei alle proteste come il Marocco, dove i primi mesi del 2012 lasciano sperare in un boom del settore del 7%.

Guardano a est, verso il fronte mediorientale, lo scenario non appare migliore. In particolare la Siria, che negli ultimi anni di Assad aveva iniziato ad aprirsi, ha visto i vicoli del suk di Damasco e di Aleppo svuotarsi sin dai primi mesi della rivolta e della repressione governativa. Eppure nel 2010 il turismo era arrivato a sfiorare il 12% dell’economia nazionale (catalizzando parte degli oltre 50 miliardi di dollari di investimenti stranieri affluiti nel paese dal 2000) senza contare il business dei pellegrinaggi sulle storiche orme di San Paolo. Ora che anche nei monasteri meno accessibili e dunque più ghiotti per i patiti del genere come Mar Musa si odono i colpi della guerra civile nessuno, tranne umanitari e giornalisti si avventura in Siria. Per la primavera, quella politica e economica del mondo arabo, il ciclo stagionale non è ancora compiuto.