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 2013  marzo 23 Sabato calendario

STESSO LETTO, SOGNI DIVERSI PER MOSCA E PECHINO

Le parole sono impegnative, visionarie: Russia e Cina puntano a costruire «una relazione strategica che possa essere la base di un ordine mondiale più giusto». La frase è del leader del Cremlino Vladimir Putin. Il presidente cinese Xi Jinping, in apparenza, ha confermato il concetto con la sua scelta di andare a Mosca per la prima missione all’estero da quando è stato «eletto». Ma forse, dietro l’incontro tutto sorrisi, più che un legame strategico, c’è un più modesto pragmatismo.
Anzitutto Xi ha voluto mandare un segnale agli Stati Uniti: visto che Obama punta a giocare un ruolo da pivot in Asia, Pechino potrebbe fare asse con la Russia. L’obiettivo è di promuovere un mondo multipolare, nel quale le decisioni sulle aree di crisi (dall’Afghanistan alla Siria, dall’Iran alla Corea del Nord, fino a Cipro), non siano determinate solo dalla superpotenza americana e dai suoi alleati occidentali e nel Pacifico. Xi dunque avverte Washington di essere pronto a lavorare a «un rinascimento cinese» e riconosce che in politica estera finora Mosca è stata molto più presente di Pechino.
Ma il nuovo timoniere della Repubblica popolare è sbarcato a Mosca proprio nel giorno in cui l’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha annunciato che la Cina nel 2016 sarà la prima economia del mondo. Su questo campo è Putin che non può nascondersi la realtà: alla fine degli anni 70 il Pil cinese era solo il 40% di quello della Russia. Ora è quattro volte tanto. E il bilancio per la difesa di Pechino è il doppio di quello di Mosca. Così Putin ha candidamente ammesso che «la Russia deve prendere il vento cinese nelle vele della sua economia».
Questo è lo scenario che ha motivato la visita.
I due Paesi che un tempo si sfidavano per la guida ideologica del comunismo mondiale, oggi hanno un interscambio commerciale che vale 88 miliardi di dollari l’anno e hanno necessità di aumentarlo. La Russia è il principale produttore di energia (gas e petrolio); la Cina è il maggior consumatore. All’ordine del giorno ambiziosi accordi: le due delegazioni hanno già firmato un progetto da due miliardi di dollari per lo sfruttamento di miniere di carbone in Siberia. Hanno annunciato intese per la cooperazione bancaria, non hanno trascurato la cooperazione nell’allevamento de conigli. Ma il progetto fondamentale è quello per forniture energetiche e per la costruzione di un gasdotto che riduca la dipendenza cinese da regioni più lontane, instabili e costose. Su questo punto delicato si discute per il prezzo. E la soluzione di compromesso non sembra ancora vicina: i più ottimisti prevedono che si dovrà aspettare almeno la fine dell’anno.
Nel frattempo, dietro i sorrisi e le promesse di partnership strategica, Putin teme che la potenza economica cinese possa attrarre fatalmente le regioni del far east russo, arretrate, scarsamente popolate e trascurate dal potere centrale. E Xi certamente non dimentica che il nazionalismo cinese ancora soffre per la perdita di almeno un milione di chilometri quadrati di territorio «sottratti dall’impero zarista».
Dopo i banchetti al Cremlino, Xi e Putin partiranno per un altro appuntamento: il vertice Brics che riunisce le economie emergenti di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Un club che rappresenta il 42% della popolazione mondiale e il 21% del Pil. Un altro pilastro nello sforzo di controbilanciare il peso degli Stati Uniti. Ma anche un altro terreno di competizione: Xi Jinping concluderà il suo tour visitando Tanzania, Sudafrica e Repubblica del Congo. Nel continente africano la sua Cina è dal 2009 il primo partner commerciale ed è penetrato con duemila grandi imprese.
Mosca non può che guardare da lontano. Sperando che prima o poi il vento cinese gonfi anche le vele della sua economia e aggrappandosi al suo passato di superpotenza. Qualcuno a Pechino ha adattato a Putin e Xi un vecchio proverbio: «Vanno a letto insieme, ma fanno sogni diversi».
Guido Santevecchi