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 2013  marzo 24 Domenica calendario

VERTICE CDP VERSO LA CONFERMA

ROMA Il vertice della Cassa depositi e prestiti si avvia verso la riconferma. Il consiglio di amministrazione della società, guidato da Giovanni Gorno Tempini e presieduto da Franco Bassanini, scadrà con l’approvazione del bilancio 2012. Mercoledì scorso si è appreso che l’assemblea per l’approvazione del bilancio e dunque anche per il rinnovo del board è stata convocata per il 17 aprile, una data anticipata rispetto a una tempistica in genere spostata più in avanti. Lo scorso anno, ad esempio, l’assemblea si è tenuta il 30 maggio, più o meno lo stesso periodo in cui è caduta l’anno precedente. Mentre nel 2010, quando è stato nominato l’attuale cda dal governo Berlusconi, il meeting si è tenuto a fine aprile. Il calendario diventa importante alla luce della singolare situazione politica che sta vivendo il Paese. In questi giorni è in atto il tentativo di dare vita ad un governo, con un incarico conferito al leader del Pd, Pierluigi Bersani.
Il vertice della Cdp costituisce il piatto forte di quel pacchetto di nomine che sino a qualche mese fa sembrava dovesse essere una delle prime sfide del prossimo esecutivo. E invece, almeno per la Cassa, non sarà così. Pur ammettendo che Bersani riuscisse a dimostrare sulla carta il sostegno numerico in Parlamento, come chiesto dal presidente della Repubblica, e arrivasse in pochi giorni a una rosa definita di ministri in grado di giurare in fretta, si arriverebbe comunque troppo a ridosso dell’assemblea per avere i tempi tecnici necessari a depositare una lista. L’avviso di convocazione prevede che l’elenco dei candidati sia depositato quattro giorni prima; nei fatti si arriva a venerdì 12 aprile. Ma per quella data dovrebbero essere stati espletati tutti gli adempimenti necessari ad accertare la candidabilità dei consiglieri. Insomma, tutto questo implicherebbe che il premier incaricato invece di concentrarsi su fiducia e ministri dovrebbe pensare già oggi agli equilibri delle poltrone nella Cdp. Anche perché i potenziali alleati sicuramente vorrebbero dire la loro su chi nominare al vertice di un gruppo così importante.
La Cassa negli ultimi due anni si è trasformata in un braccio operativo dello Stato nell’economia: da società che gestisce i flussi della raccolta postale, il conto tesoreria dello Stato e i finanziamenti a tassi agevolati ai Comuni, oggi la Cdp interviene pesantemente nel finanziamento alle imprese e alle infrastrutture. Per non parlare del ruolo di holding che negli ultimi mesi - vuoi anche per le scelte del Governo Monti - ha portato il portafoglio partecipazioni da un valore di 10 miliardi del 2010 a 30 miliardi scatenando le critiche di chi la accusa di operare come una nuova Iri.
Ma forse è proprio per via del ruolo cruciale di questa holding che in questo momento di transizione si è pensato di trovare una soluzione all’insegna dello status quo in attesa che, nel tempo, si costituisca un Governo stabile in grado eventualmente di ritarare le strategie di Cdp. Sarà dunque il governo Monti, o meglio il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, a proporre le nomine per la Cassa. Assieme ovviamente alle Fondazioni bancarie, che dal primo aprile controlleranno il 15,8% del capitale, ma sono destinate a risalire attorno al 20% (l’assetto definitivo si conoscerà proprio il 17 aprile).
In realtà le liste dei candidati sarebbero quasi definite: Gorno Tempini, ex banchiere d’affari e già ad di Mittel (la finanziaria presieduta da Giovanni Bazoli), sarà confermato ad. Bassanini, di area Pd , ma espresso dalle Fondazioni, resta presidente. Dal cda potrebbero uscire Cristian Chizzoli, espresso dalla Lega, e il banchiere Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior fino al 24 maggio 2012 e il cui nome è emerso nelle intercettazioni dell’inchiesta Finmeccanica per il colloquio a cena (il 23 maggio) con l’ex ad Giuseppe Orsi. Al loro posto entrerà sicuramente una donna, nel rispetto delle norme sulle quote rosa. Così come è possibile che un consigliere donna venga proposto dalle Fondazioni, al posto di Piero Gastaldo (l’altro consigliere Mario Nuzzo sarebbe confermato). Nel consiglio di gestione separata dovrebbero essere avvicendati Guido Podestà (ex presidente provincia di Milano), Giuseppe Pericu (Anci) e Romano Colozzi (espresso dalle Regioni).

Laura Serafini

CRESCONO UTILE E IMPIEGHI ATTIVO SOPRA I 300 MILIARDI –
ROMA All’assemblea di metà aprile, chiamata a rinnovare il cda, il numero uno di Cdp, Giovanni Gorno Tempini, si presenterà con un biglietto da visita non trascurabile: un bilancio 2012 chiuso con 2,85 miliardi di euro di utile netto, +77% (erano 1,6 nel 2011 e 2,7 l’anno prima, inclusa però la plusvalenza da un miliardo per effetto del concambio azionario con il Mef), oltre 22 miliardi di euro di impieghi (+35% sul 2011 e +95% sul 2010), e un attivo ormai superiore ai 300 miliardi di euro, in rialzo del 12% rispetto all’anno prima e ben al di sopra dei 249,2 miliardi di euro del 2010, quando l’attuale ad e il presidente Franco Bassanini sono arrivati ai piani alti della spa di Via Goito, nata nel 1850 a Torino per accogliere depositi quale luogo di «fede pubblica». E che è cresciuta al punto da rivendicare un ruolo strategico nel finanziamento degli enti pubblici, nel sostegno alle infrastrutture e nel supporto all’economia e al sistema produttivo.
Una triplice mission che, sotto la gestione dell’ex banchiere bresciano, ha portato Cdp a mobilitare in tre anni risorse per 50 miliardi di euro, più del 3% del Pil, con un obiettivo su tutti, come i vertici di Cassa hanno rimarcato nei giorni scorsi davanti alla giunta di Confindustria: contribuire alla crescita dell’Italia. Potendo contare certo su una potenza di fuoco che nessun altro può vantare (233 miliardi di euro di risparmio postale), ma tenendo sempre presente la necessità di remunerare quei cittadini che ogni giorno affidano i propri risparmi alle Poste. Un imperativo che la coppia Gorno Tempini-Bassanini ripete a ogni piè sospinto soprattutto davanti a coloro che rievocano il fantasma dell’Iri. «Siamo una spa che opera con risorse private. Non interveniamo a sostegno di imprese decotte e non facciamo salvataggi altrimenti l’Ue ci classificherebbe come strumenti di intervento pubblico», è la difesa messa in campo.
Partendo da questo e recependo spesso le sollecitazioni dei vari governi che si sono succeduti - e che hanno usato Cdp anche come strumento per ridurre il debito pubblico - la Cassa ha piazzato le sue scelte nell’equity, allargando il suo perimetro soprattutto nel 2012: dall’acquisizione del pacchetto di controllo di Snam a quelle "industriali" di Fintecna, Sace e Simest, dalle operazioni fatte attraverso l’Fsi (nato nel 2011 e che ha attratto nuovi partner come la Qatar Holding e Bankitalia), alle mosse condotte nelle infrastrutture con altri fondi a cui Cdp partecipa con diversi investitori.
Un’attività, quella sull’equity, che Cdp ha sviluppato parallelamente al fronte dei finanziamenti (oltre 100 miliardi i crediti verso clientela e banche nel 2012), con il sistema produttivo che, l’anno scorso, ha beneficiato di 6,3 miliardi di euro di impieghi, +61% rispetto al 2011 grazie alle nuove risorse destinate alle piccole e medie imprese. Dopo un primo plafond da 8 miliardi di euro andato esaurito, a marzo scorso è stato attivato un nuovo plafond da 10 miliardi di euro, di cui 2 miliardi di liquidità al sistema bancario per l’acquisto dei crediti delle pmi nei confronti della Pa. E sempre alle imprese è stata dedicata poi l’attività a sostegno dell’export e dell’internazionalizzazione, con un raddoppio - da 2 a 4 miliardi - della dote finanziaria, nonché 12 miliardi per la ricostruzione post sisma.
Un impegno che comunque non ha risparmiato a Cdp le critiche di chi l’accusa di riservare il suo sostegno ai soliti noti. Attacchi a cui la Cassa risponde con i numeri facendo notare che, negli ultimi tre anni, ha aumentato la fetta di risorse alle imprese (da 4,2 miliardi del 2010 a 6,3 miliardi dello scorso anno) e alle infrastrutture (2,7 miliardi nel 2012, +1,2 miliardi di euro rispetto a due anni prima), mentre si è ridotto, per via dei vincoli collegati al patto di stabilità, il sostegno agli enti pubblici (da 5,7 miliardi del 2010 a 3,3 miliardi del 2012). Una Cdp, quindi, sempre vicina agli enti locali, ma con la rotta stabilmente puntata anche su altre partite. E che, sotto il tandem Gorno Tempini-Bassanini, è riuscita da ultimo a sciogliere un nodo assai delicato: il braccio di ferro con le fondazioni bancarie, azioniste di Cdp dai tempi della sua trasformazione in spa (fine 2003).

Celestina Dominelli