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 2013  marzo 23 Sabato calendario

AFFINITÀ PERICOLOSE TRA CARIGE E MPS

Perfino la prudentissima Consob questa volta si è mossa contestando a Banca Carige l´"impatto positivo" sui suoi conti (715 milioni) di un´operazione straordinaria. Un primo segnale d´allarme.
Il secondo è che questa operazione trasferisce gli sportelli del gruppo fuori della Liguria in una nuova banca, Banca Carige Italia, controllata da Carige. È chiaro che spostare sportelli non cambia minimamente la capacità reddituale della banca: è solo una questione di plusvalenze da valutazione degli attivi, avviamenti e benefici fiscali del loro ammortamento. Tre anni fa, a proposito di Mps, ho fatto notare come, quando una banca comincia a sostenere gli utili con plusvalenze da operazioni straordinarie, ci sono problemi in vista, perché sintomo che la redditività dell´attività ordinaria è insufficiente.
Terzo segnale: soltanto poco più della metà dei 31 miliardi di prestiti alla clientela è finanziata coi depositi; e 11 miliardi di obbligazioni emesse non bastano a coprire la parte rimanente: indispensabile il ricorso al credito della Bce. Una struttura di bilancio simile in tempi di recessione e crisi di liquidità mette a rischio la redditività prospettica della banca. Da un lato, la espone maggiormente al problema dei prestiti deteriorati, che infatti arrivano al 10% dei crediti lordi (solo dopo la moral suasion della Banca d´Italia), ovvero quasi il doppio del capitale Core Tier 1; e con un grado di copertura delle sofferenze (49%) nettamente al di sotto della media (61% per Intesa, 56% Unicredit). Dall´altro, la espone ai maggiori costi di finanziare una frazione così elevata di prestiti con emissioni di titoli.
Quarto segnale: i costi operativi eccessivi (personale e amministrativi) che assorbono l´80% del margine di interesse e delle commissioni di Banca Carige, e il 63% di quello del gruppo. Si aggiunga un´attività assicurativa che fa danni (in tutti i sensi), con un risultato netto in perdita; la solita sostanziosa posizione in titoli di stato; il declassamento del rating; un Core Tier 1 inferiore di circa 3-4% a quanto tipicamente viene oggi richiesto. È quindi necessaria un´energica ristrutturazione: drastico taglio dei costi; cessioni "vere" di attività (non quelle nostrane in cui la banca finanzia generosamente il compratore e gli garantisce i ricavi in cambio di una plusvalenza à la carte), a cominciare dalle compagnie assicurative; robusto aumento di capitale sul mercato; cartolarizzazione dei prestiti e smobilitazione del portafoglio titoli per ridurre rapidamente gli attivi rischiosi.
L´ostacolo principale, oltre al ricambio del vertice che dovrebbe sempre precedere ogni ristrutturazione, sta però nella Fondazione che ne detiene il controllo con il 49,4%. Qui le somiglianze con Siena diventano imbarazzanti: per mantenere il controllo, la Fondazione ha concentrato l´intero patrimonio nel capitale della banca, vedendolo così andare in fumo (-80% in cinque anni). E, nonostante la crisi e le pessime prospettive del settore, non ha esitato a sottoscrivere aumenti e convertibili (a un costo medio 2,3 volte i valori odierni), e pure a indebitarsi per farlo. Così, a fronte di una partecipazione che oggi vale 620 milioni in Borsa, dall´ultimo bilancio disponibile emerge che la Fondazione ha contratto un finanziamento da 190 milioni con Mediobanca (che assiste Carige nella ristrutturazione, anche se ha il 9% della banca, in garanzia, alla faccia dei conflitti) e una linea di credito da 70 milioni con Carige stessa (così la banca finanzia il proprio azionista).
A parte la banca, alla Fondazione rimane una piccola partecipazione nella Cassa DDPP e un immobile vincolato (avendone venduto un altro alla controllata Carige). Con che soldi sottoscrive l´aumento di capitale da 800 milioni richiesto dalla Banca d´Italia? Spero non pensi ad altro debito. La banca deve ritrovare rapidamente la redditività e raccogliere capitali sul mercato: ma non con un socio squattrinato e indebitato, disposto alla rovina pur di non perdere il controllo. Siena docet.
Poiché la banca, in perdita, non paga il dividendo, la Fondazione ha pure il problema di finanziare le erogazioni deliberate, gli oneri sul debito e le spese di funzionamento. La Cassa di Risparmio di Genova è del 1846; il Monte di Pietà con cui si è fusa del 1483: un patrimonio accumulato in secoli di oculatezza rischia di essere dissipato in pochi anni. Complimenti.