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 2013  marzo 23 Sabato calendario

ALLE ELEZIONI SENZA PRIMARIE? CERTAMENTE NON STAREI A GUARDARE"

Ora che si è di nuovo allontanato dai riflettori, Matteo Renzi sta raggiungendo l’apice della popolarità e della sua «desiderabilità». Con percentuali mai viste prima. Per un sondaggio realizzato da Swg è di gran lunga il leader politico nel quale gli italiani hanno più fiducia (addirittura il 49% contro il 36% per Grillo), mentre ad Ipsos la netta maggioranza degli interpellati ha indicato proprio Renzi come la personalità alla quale il Capo dello Stato «dovrebbe dare l’incarico di formare il governo». Da Palazzo Vecchio il sindaco legge e si compiace. Ma in questi giorni la riflessione più interessante Matteo Renzi l’ha affidata a diversi suoi interlocutori e riguarda lo scenario nel caso di elezioni anticipate. Il filo del suo ragionamento scorre lungo queste premesse. Se Bersani non dovesse riuscire a formare un governo e successivamente non decollasse neppure un esecutivo a guida tecnica, non resterebbero che le elezioni anticipate e a quel punto - ragiona ad alta voce Renzi - il Pd non potrà non svolgere Primarie «davvero aperte» per la premiership.

Ed è in questo passaggio del ragionamento che gli amici, puntualmente, fanno notare a Renzi che Bersani potrebbe essere tentato di ripresentarsi, con la «scusa» che non ci sarebbe tempo per organizzare Primarie. Il sindaco risponde, no, non ci credo e si dice sicuro sul fatto che il segretario del partito non abbandoni la sana abitudine delle Primarie. Ma certo se il Pd dovesse decidere di presentarsi ad elezioni anticipate senza il «bagno popolare» e con la stessa squadra, «a quel punto non starei a guardare». Come dire: piuttosto che condannare il Pd ad una nuova non-vittoria, sarebbe meglio affrontare l’elettorato con una «Cosa» progressista nuova e più ariosa, capace di recuperare voti sia dal Cinque Stelle sia dal centrodestra. Un progetto che nel passato non ha mai preso in considerazione e che continua a scartare, convinto che sia giusto «restare leale con la Ditta» e che «sia utile avere due grandi partiti». E infatti per la nuova «Cosa» non esiste un’ora X e neppur un piano. Si tratta soltanto di ragionamenti teorici, fatti a voce bassa e che Renzi non farebbe in pubblico neppure sotto tortura.

Per rispetto a Bersani, che si sta giocando la partita della vita. Perché Renzi è convinto che, quando arriverà il momento, le Primarie si faranno, anche perché le imporranno da dentro il partito, un partito nei quali - sia tra i notabili sia nella generazione «dimenticata» dei quarantenni - il malcontento nei confronti di Bersani nell’ultima settimana è cresciuto in modo esponenziale. Certo, se il leader del Pd riuscirà a fare un governo, le elezioni si allontanerebbero ma intanto idee e suggestioni Renzi le coltiva comunque su una futuribile campagna elettorale, che lui continua ad immaginare vicina, perché «sarà una legislatura breve». Quale sia il suo giudizio autentico sulla campagna del Pd, lo ha detto in una intervista all’Espresso: «Forse avremmo vinto le elezioni se Bersani avesse promesso l’abolizione del finanziamento ai partiti e dei vitalizi». Ma intanto Renzi sta preparando materiali, convinto come è che la parola chiave, in vista di imminenti elezioni sia «lavoro». Ma non scandito in modo generico, come ha fatto Bersani con quella invocazione «più lavoro», riempita di contenuti non particolarmente avvincenti. Come è apparso «il piano di piccoli interventi nei Comuni», che il leader del Pd ha citato in tutti i suoi comizi. Renzi, con una correzione rispetto alla campagna delle Primarie, pensa che «il Pd deve essere il partito del lavoro». Ma con contenuti del tutto nuovi rispetto alla tradizionale dicotomia Cgil-Ichino. E per questo Renzi sta lavorando ad un «innovativo Job act», che sarà presentato ai primi di maggio, un piano del lavoro al quale «stanno lavorando imprenditori, docenti e manager». Ed immaginando una campagna elettorale ideale, Renzi ha spiegato ai suoi che è sbagliato affrontarla senza una squadra di governo decisa prima e che invece ogni dossier del programma dovrebbe essere presentato in una apposita convention dal «ministro» incaricato. E intanto i sondaggi sono sempre più gratificanti per Renzi. Per Swg, il sindaco di Firenze è il leader politico nel quale gli italiani hanno più fiducia con il 49%. Segue Beppe Grillo, con il 36, il segretario del Pd Bersani con il 32, il governatore della Puglia Nichi Vendola con il 26, Silvio Berlusconi è al 24. Lunedì scorso Ipsos ha invece chiesto a chi dovrebbe essere conferito l’incarico di formare il nuovo governo: il 38% ha risposto Renzi, appena il 21% Bersani.