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 2013  marzo 24 Domenica calendario

LONDRA, IL NUOVO THRILLER RUSSO MUORE L’OLIGARCA BEREZOVSKIJ L’EX PADRINO ODIATO DA PUTIN

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA — Nel thriller senza fine della Russia di Putin compare un nuovo cadavere: quello di Boris Berezovskij, un tempo chiamato “il Padrino del Cremlino”, poi diventato il nemico pubblico numero uno di Mosca. Il 67enne oligarca, fuggito nel 2000 in Inghilterra, dove aveva in seguito ottenuto asilo politico, è stato trovato morto ieri mattina nel bagno della sua villa del Surrey. Le circostanze del decesso sono al momento «inspiegabili », afferma la polizia, che ha aperto un’inchiesta. Secondo varie voci si sarebbe suicidato, in preda a forte depressione e reduce da un infarto sofferto nei giorni scorsi, ma da tempo lui si diceva minacciato da complotti putiniani per assassinarlo, specie dopo il giallo dell’avvelenamento a Londra di Aleksandr Litvinenko, exagente del Kgb e suo protetto. La settimana scorsa aveva messo all’asta un famoso quadro di Andy Warhol, il “Lenin rosso”, oltre a numerose delle sue proprietà terriere e perfino la sua Rolls-Royce d’epoca, per pagare gli ingenti debiti che aveva accumulato con i suoi legali dopo avere perso la causa intentata presso un tribunale britannico a un oligarca rivale suo ex-partner, Roman Abramovich, il petroliere proprietario (fra tanti altri beni) del Chelsea Football Club, dal quale
pretendeva 3 miliardi di sterline d’indennizzo. Al processo il giudice gli aveva dato torto, definendolo un teste «altamente non credibile ».
La notizia della morte è partita da un post di suo genero, Egor Schuppe, su una pagina di Facebook. Quindi è arrivata da Mosca la conferma di Aleksandr Dobrovinskij, famoso avvocato russo: «Ho appena ricevuto una telefonata da Londra. Berezovskij si è ucciso. Era un uomo in difficoltà. Un momento di disperazione? La perdita della ricchezza? Temo che non conosceremo mai la ragione». Il primo annuncio ufficiale è venuto dal primo canale della tivù russa, con l’indicazione che il corpo era nel gabinetto della residenza del Surrey (valore stimato, 3 milioni di sterline: anche quella messa all’asta, insieme a due ville in Costa Azzurra stimate 25 milioni). Infine la
Bbc
e gli altri media inglesi hanno riportato l’accaduto, senza tuttavia precisare in che modo Berezovskij si
sarebbe tolto la vita, né se abbia lasciato un messaggio per spiegare il suo gesto.
Era sempre sembrato baldanzoso, fino al processo dello scorso anno, alle cui udienze si presentava accompagnato da uno stuolo di costosi avvocati (le parcelle complessive sue e di Abramovich arrivavano a 1 milione di sterline al giorno) e di guardie del corpo (exmembri della Legione straniera francese). Nonostante la sconfitta in tribunale, gli veniva ancora attribuito un patrimonio di centinaia di milioni. Il costo delle spese legali e processuali, debiti risultati da business andati male, un oneroso divorzio, hanno forse contribuito a portarlo alla depressione. Ma deve avere pesato anche lo scotto di avere perso l’ultima battaglia, l’umiliazione pubblica da parte della magistratura britannica.
Di origine ebraica e matematico di professione, Berezovskij si era arricchito nella privatizzazione selvaggia e corrotta dei primi anni di post-comunismo in Russia: un’azienda automobilistica, una rete televisiva, società petrolifere, aveva le mani dappertutto. Si era legato a Boris Eltsin, il successore di Gorbaciov, finanziandone la prima campagna elettorale e poi come socio d’affari della figlia del presidente russo, Tatjana. Chiamato al governo come segretario del consiglio di sicurezza del Cremlino, negoziò la pace dopo la prima guerra in Cecenia; ed era stato lui ad appoggiare Putin come erede di Eltsin. Ma la rottura con Putin, ufficialmente per dissensi politici, gli aveva fatto perdere tutto: il potere, le amicizie, il petrolio. Così era scappato a Londra, la “Mosca-sul-Tamigi” dei ricchi emigrati russi, portandosi dietro i milioni trafugati all’estero e una corte di sostenitori, tra cui quel Litvinenko poi misteriosamente assassinato con il polonio radioattivo in una tazza di tè in un albergo della capitale britannica. Lo ricordo a Mosca a fine anni ‘90, Berezovskij, alla festa per lanciare l’edizione russa di
Newsweek
di cui era comproprietario, tra donne fatali, caviale e champagne: sembrava padrone del mondo. Accorgersi di non essere più padrone di niente, nemmeno del “Red Lenin” firmato Warhol, potrebbe essere stata un’onta insopportabile per l’ex-Padrino del Cremlino.