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 2013  marzo 21 Giovedì calendario

E LE ITALIANE PUNTANO AL TESORO CDP

I bilanci 2012 delle banche italiane, sui quali cominciano a uscire le prime notizie, sono un rebus piuttosto oscuro per i non esperti. Da una parte, infatti, crescono in modo robusto i cosiddetti crediti deteriorati, cioè i prestiti alla clientela (famiglie e imprese) il cui recupero risulta problematico: siamo arrivati a circa 125 miliardi di euro a fine 2012. Da qui la necessità per gli istituti di rafforzare il proprio patrimonio per reggere il colpo di probabili perdite. Secondo Mediobanca Securities le principali banche italiane hanno bisogno di circa 18 miliardi di nuovi mezzi per rispettare gli standard di stabilità vivamente raccomandati dalla Banca d’Italia. Dall’altra parte si scopre che il business del credito nel 2012 non è andato affatto male. Le banche hanno sfruttato il netto calo del tasso di riferimento europeo Euribor per allargare le forbice tra quanto pagano ai depositanti e quanto impongono come interessi: secondo la Banca d’Italia i depositi di conto corrente sono remunerati allo 0,5-0,6 per cento, mentre chi chiede soldi in banca paga da un 3 per cento (nel caso delle grandi imprese) al 9,5-10 per cento del credito al consumo.
INTESA SANPAOLO ha chiuso il 2012 con un risultato della gestione operativa in miglioramento del 17 per cento, e vanta di aver accresciuto di ben il 64 per cento i guadagni realizzati sulle polizze assicurative e sui fondi comuni d’investimento venduti ai clienti. Ciò consente alla banca presieduta da Giovanni Bazoli di dare agli azionisti (principalmente fondazioni bancarie) 832 milioni di dividendi.
Unicredit vanta un margine operativo lordo in aumento del 5,1 per cento, e si prepara a versare alle sue fondazioni azioniste oltre 500 milioni di dividendi. La Banca Popolare di Milano, che pure deve chiedere ai soci 500 milioni di capitali freschi per fronteggiare il deterioramento dei crediti, vanta un risultato di gestione in miglioramento di ben il 66 per cento, anche se chiude il bilancio in perdita di 430 milioni a causa soprattutto degli accantonamenti per le future perdite sui suddetti crediti deteriorati.
L’elenco potrebbe continuare. Ma ecco che ieri la Cassa Depositi e Prestiti, ormai la vera regina delle banche italiane, presenta un bilancio 2012 veramente d’oro. Parliamo dell’istituto controllato dallo Stato per il 70 per cento, mentre il 30 per cento delle azioni è distribuito tra 64 delle 88 fondazioni bancarie. La Cdp chiude il 2012 con un utile netto in crescita del 77 per cento. Siccome utilizza i 233 miliardi del risparmio postale, la Cdp ha potuto sfruttare al meglio la forbice dei tassi: i libretti postali vengono remunerati in modo quasi simbolico, e così nel 2012 il suo margine di interesse è cresciuto da 2,3 a 3,5 miliardi.
La Cdp è ricchissima ed è, in una fase sia economicamente che politicamente turbolenta, l’oggetto di ogni desiderio. Non solo ogni progetto di rilancio dell’economia passa dal denaro della Cassa, ma anche i piani di consolidamento del traballante sistema bancario sembrano legati al grande salvadanaio statale. A partire dalla banca peggio messa, il Monte dei Paschi di Siena, per la quale in prospettiva l’approdo sicuro è la nazionalizzazione, con i soldi della Cdp.
IL 17 APRILE l’assemblea della Cdp dovrà rinnovare i vertici. Le Fondazioni, con il loro 30 per cento, esprimeranno il presidente, con la conferma dell’attuale, Franco Bassanini, o con la scelta di un nome in grado di interpretare il nuovo ruolo che la Cassa va ad assumere: lo stabilizzatore dei patrimoni delle banche controllate da Fondazioni ormai impoverite e incapaci di apportare capitali freschi. Ma capaci e vogliose, sempre, di comandare in nome dei loro danti causa politici.