Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 22 Venerdì calendario

INTERVISTA A PIETRO GRASSO

Il primato dell’ibrido: il tecnico che vuole fare politica senza rinunciare alla sua natura prima, senza rinunciare alle competenze, aprendosi però al contatto diretto con gli elettori anche via Web e accettando le regole dei partiti. E con ciò riformando la politica. Non è un sofisma da prima Repubblica, bensì l’unica formula che può offrire un varco per superare la paralisi istituzionale determinata dai risultati elettorali. Pietro Grasso è ancora sorpreso per il suo percorso, che in poche settimane lo ha visto passare da magistrato a presidente del Senato. E su di lui il Quirinale potrebbe puntare anche per un incarico esplorativo. È il consenso che ha permesso alla sua candidatura di imporsi a Palazzo Madama, strappando i voti decisivi dei grillini e provocando quasi un sospiro di sollievo nei cittadini, e che ora spinge Grasso a ipotizzare un allargamento della stessa procedura: «Il voto della maggioranza del Senato per la mia elezione è stato un segnale valido per il futuro. Però la fiducia al nuovo governo sarà un’altra cosa. La strada è ardua e in salita e dobbiamo lavorare su questo sentiero».
Pietro (Piero per gli amici) Grasso non ha ancora metabolizzato la velocità degli avvenimenti. Ha chiuso le idi di marzo di venerdì 15 con il Pd in difficoltà nel tentativo di imporre il nome di Anna Finocchiaro a Palazzo Madama, e si è svegliato la mattina dopo che tutto era cambiato: «Il telefono di casa mia ha squillato intorno alle 8,30 di sabato. Era Bersani che mi ha detto: "Abbiamo deciso di candidarla a presidente del Senato". La notizia mi ha colto di sorpresa. Anzi, ero felicemente sorpreso. Gli ho detto: "Devo sedermi un attimo, credo che le gambe stiano per cedermi". Bersani mi ha incalzato: "Non si sieda affatto, si alzi e venga alla riunione del gruppo". E così ho fatto. E da quel momento il mio percorso politico è cambiato». È subito iniziato il lavoro da presidente del Senato. Dopo un omaggio a Giorgio Napolitano, che lo ha accolto al Quirinale con grande soddisfazione (lo ha abbracciato e baciato sulle guance), Grasso ha scelto come primo incontro ufficiale quello con il capo della polizia facente funzioni, Alessandro Marangoni, di cui ha molta stima, che ha convocato per essere aggiornato sulla situazione del Paese che in molte zone vive aspre tensioni sociali dovute alla crisi economica e alla disoccupazione. Subito dopo ha ricevuto il presidente del Consiglio Mario Monti. Poi il lungo incontro con Laura Boldrini, presidente della Camera, con la quale decide di ridursi lo stipendio del 30 per cento e di avviare una rivoluzione amministrativa al Senato: più orario di lavoro per senatori e impiegati e meno rimborsi. Tagli a spese e privilegi.
Presidente, com’è nato il "metodo Grasso"?
«La sera mi sono addormentato Pietro e il mattino seguente, leggendo i giornali, mi sono svegliato "metodo". Ma di questo dovete chiedere a Bersani, è lui che ha ideato e messo in pratica il "metodo Grasso". Posso dire che è stato dato un segnale di innovazione e cambiamento: lo avevamo invocato durante la campagna elettorale, adesso siamo passati dalle parole ai fatti. In fondo era stato anticipato candidando alle elezioni persone che facevano parte della società civile, donne e uomini esperti in vari campi. E queste capacità sarebbero poi potute tornare utili per comporre una squadra di governo che desse garanzie per risolvere i problemi urgenti del nostro Paese. Il progetto è nato lì».
E tra queste candidature c’era anche la sua, però invece del governo, Palazzo Madama…
«Sì. La proposta del mio nome fatta da Bersani alla presidenza del Senato rientra in quella esigenza che abbiamo sempre invocato in campagna elettorale, un modo per dare concretezza a questa idea di innovazione e di competenze che il partito mette in campo».
Adesso su di lei sono riposte molte speranze: la scelta può spingere il Paese a registrare altri cambiamenti?
«Il mio sarà un impegno costante con il massimo della dedizione e soprattutto con la voglia di rendere trasparenti le istituzioni. Il giorno della mia elezione sono uscito molto tardi da Palazzo Madama. Fuori c’era tantissima gente che mi aspettava. E devo dire che mi ha emozionato sentire le persone che mi incoraggiavano, urlavano "dai che ce la faremo". E ho ricevuto grandi apprezzamenti da tutte le persone che mi incontravano per strada. Mi hanno caricato di una responsabilità notevole, oltre a quella che mi viene dal mio spirito di servizio istituzionale».
La sua candidatura a presidente del Senato ha fatto saltare l’unanimità di decisioni imposta da Grillo, tanto che 12 senatori del gruppo M5S hanno votato per lei. Ed è la prima volta dopo tanti anni che sul blog di Grillo sono apparsi centinaia di pareri contrari al "post" con il quale il leader del movimento bacchettava i senatori dissidenti: molti commenti critici che però sono poi stati cancellati dal sito. Che succede?
«Se è vero che hanno fatto sparire dal sito i commenti contrari, ciò denota una palese mancanza di democrazia: non si può togliere la parola o l’opinione ai cittadini. Censurando e cancellando il dissenso si falsa la democrazia. Se la si vuole davvero praticare via Web, allora si deve accettare tutto quello che arriva dalla Rete. Certo, non può essere la Rete l’unico strumento per esercitare la democrazia».
Però se si vuole che le istituzioni diventino davvero trasparenti l’uso di Internet è determinante, non le pare?
«Lo ritengo uno strumento indispensabile. Ho sfruttato anch’io Internet per la condivisione dei commenti dei cittadini su una proposta di legge, la mia prima presentata subito, il primo giorno da senatore. E alla vigilia della nomina a presidente avevo lanciato il sito piattaformaperlagiustizia.it in cui avevo inserito il mio disegno di legge contro la corruzione e il voto di scambio, diviso per argomenti e a commento libero: volevo conoscere il parere di tutti. Mi sono adeguato a questo metodo, che è anche quello di Grillo, per raccogliere opinioni, quali che siano. Non ho alcuna difficoltà ad aprirmi al confronto, purché poi le decisioni vengano prese non certo via Internet ma in Parlamento».
Ma anche i grillini dicono di volere il confronto su tutto.
«Prima del ballottaggio i senatori 5 Stelle non sapevano se astenersi o scegliere tra Renato Schifani o me. E allora hanno chiesto a entrambi una video dichiarazione da mettere in Rete: una sorta di ballottaggio telematico. Ho accettato subito l’idea, non avevo alcun problema a confrontarmi; Schifani invece ha detto no. Allora ho insistito per farlo anche da solo, ma i senatori di Grillo non hanno accettato: o confronto o niente».
Originale, però, coinvolgere i cittadini nella scelta della seconda carica dello Stato...
«Non condivido questo modo di intendere la democrazia perché ne spostiamo l’ambito dal Parlamento, cui è per molti aspetti delegata, al Web che non offre ancora sufficienti garanzie. Che cosa prevede il metodo Grillo? Che per ogni proposta di legge debba essere indetto un referendum via Internet? E che garanzie offre un suffragio parziale senza identità e dunque senza assunzione di responsabilità? Dopo un ampio confronto, anche e soprattutto via web, si deve tornare alle normali procedure democratico-parlamentari, le uniche che garantiscono la piena rappresentanza di tutti i cittadini, anche quelli non connessi. Sono anche convinto che ogni parlamentare ragioni con la propria testa, sia capace di decidere e di valutare in piena autonomia e secondo coscienza: anche per questo ha ricevuto la fiducia degli elettori e siede in Parlamento».
L’Italia attraversa una drammatica crisi economica, le imprese sono al collasso, i disoccupati aumentano. Occorrerebbe una politica forte, un governo stabile, una compagine decisa: crede che si possa trovare una soluzione in breve tempo?
«In questo momento dovremmo pensare tutti al bene dei cittadini. L’Italia ha bisogno di costruire e non di distruggere. A chi vuole distruggere la politica bisogna far comprendere che così si va contro il Paese».
Nel suo discorso di insediamento ha parlato del sovraffollamento delle carceri, come pensa che possa essere risolto?
«Non occorre un piano carceri o altri rimedi di emergenza per risolvere questo dramma delle carceri. I posti negli istituti penitenziari ci sono e possono essere recuperati senza spendere tante somme di denaro. Non penso che l’amnistia possa risolvere il problema. Occorre puntare a pene alternative, a rivedere alcune leggi che hanno contribuito a provocare il sovraffollamento».
Il "metodo Grasso" ha portato alla presidenza delle Camere due personalità che non sono espressione dei partiti: questa formula può essere adottata anche per il governo, ministri che non appartengano agli apparati di partito ma capaci di coniugare appartenenza politica e competenza tecnica?
«Si potrebbe sperare in un governo, come chiamarlo?, tecnico-politico. Del resto gli italiani hanno votato e ora non è possibile affidarsi di nuovo ai tecnici, non è più immaginabile un Monti bis. Dunque un governo tecnico-politico, con obiettivi politici chiari, la cui realizzazione sia affidata a tecnici di specchiata morale e statura capaci di portare a compimento un progetto definito. Per il bene del Paese».
Ha invocato una riforma della giustizia, come senatore ha debuttato con un disegno di legge su corruzione e riciclaggio, le questioni che conosce meglio, ma anche quelle sulle quali si potrebbero cercare intese con M5S. Un modo per allontanarsi dalla legge voluta neimesi scorsi dal ministro Severino?
«Giustizia e cambiamento sono le linee guida del mio lavoro. Sappiamo poi che la corruzione ha un costo eccessivo che pesa su tutta la società. Corruzione, falso in bilancio, voto di scambio e nuove forme di riciclaggio: sono queste le priorità, per tutti, credo, anche per i senatori grillini. La mia proposta parte dalla legge varata nei mesi scorsi dal ministro Severino e punta a migliorarla sotto il profilo repressivo, allungando anche i tempi di prescrizione».
Senza le commissioni parlamentari sarà difficile attuare i tagli ai costi della politica e le altre iniziative che insieme al presidente della Camera Boldrini avete annunciato.
«Ho chiesto ai gruppi parlamentari di indicarmi entro lunedì 25 marzo i componenti delle commissioni. E loro poi decideranno il presidente di ognuna di essa. Occorre comprendere che le cose sono cambiate, non procediamo più per lottizzazioni perché il Paese ha bisogno di far muovere questa macchina del Senato in maniera più veloce e snella, senza compromissioni politiche. Voglio aprire il palazzo ai cittadini: la sala del mappamondo, dove venne firmata la Costituzione, annessa all’appartamento del presidente del Senato che io non utilizzerò, sarà aperto al pubblico».