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 2013  marzo 19 Martedì calendario

UE: SÌ AL PAGAMENTO DEI DEBITI PA

Roma - Si apre la strada per lo smaltimento dei debiti pregressi della Pubblica amministrazione. Dopo una lunga sequenza di proposte e tentativi finora poco fruttuosi, la svolta arriva da una dichiarazione congiunta dei vicepresidenti della Commissione europea Antonio Tajani e Olli Rehn che indicano «la liquidazione di debiti commerciali come uno dei fattori attenuanti» nel rispetto del Patto di stabilità e crescita.
In sostanza, spiega Tajani, la Ue invita il governo a proporre un piano di pagamento, nell’ambito di due anni, «senza rischiare che ciò comporti la violazione del Patto». Nel dettaglio, specifica la nota Ue, «il Patto di stabilità e crescita permette di prendere in considerazione fattori significativi in sede di valutazione della conformità del bilancio di uno Stato membro con i criteri di deficit e di debito del Patto stesso. In tale ambito, la liquidazione dei debiti commerciali potrebbe rientrare tra i fattori attenuanti».
Il vicepresidente e responsabile per l’industria, che ai microfoni di Radio 24 ha voluto sottolineare come l’operazione «non sia merito di Monti né una scelta del Consiglio europeo della scorsa settimana ma un’iniziativa della Commissione», ha spiegato che la Ue si attende innanzitutto che «venga comunicato l’esatto ammontare dei debiti, facendo chiarezza su stime tra loro differenti che vanno da 70 a 100 miliardi, dopodiché i nostri uffici sono pronti a cooperare per aiutare l’attuazione tecnica del piano di smaltimento». La dichiarazione congiunta non contiene cifre, anche se l’orientamento sarebbe quello di far partire il piano con una robusta tranche, nell’ordine di 40-50 miliardi già nel primo anno. A ogni modo, spiega invece Tajani in conferenza stampa, «penso che l’Italia possa includere un piano di liquidazione per portare il debito a livello relativamente accettabile, e quindi a 1-2% in due anni».
Resta da definire la tabella di marcia. Tajani non vuole commentare l’ipotesi di un decreto legge subito, già ad opera del governo in ordinaria amministrazione, ma osserva come si debba agire molto presto. «Posso dire che quello dei debiti pregressi è un problema ben noto nella sua urgenza, come hanno dimostrato i recenti appelli del presidente della Repubblica, della Confindustria e dei Comuni. La decisione sugli strumenti da adottare è nazionale, ma è chiaro che vista la gravità della situazione prima si agisce meglio è». Anche sulle modalità dell’intervento la decisione dovrà essere italiana, non ci sarebbe comunque nessuna preclusione di Bruxelles sotto l’aspetto tecnico tra eventuale emissione di titoli (purché finalizzati), compensazioni o altri meccanismi che andranno verificati negli aspetti di dettaglio.
Il vicepresidente della Commissione torna anche sulla direttiva per i nuovi pagamenti, quelli relativi a contratti conclusi a partire dal 1° gennaio 2013, e ribadisce l’invito rivolto all’Italia affinché restringa il campo delle possibili deroghe che portano i termini da 30 a 60 giorni. Del resto, proprio il tema della direttiva e dei pagamenti futuri è servito in qualche modo da grimaldello per ammorbidire le posizioni di Rehn e della Dg Ecofin. È troppo alto, infatti, il rischio di comportamenti opportunistici da parte delle pubbliche amministrazioni che potrebbero utilizzare i vincoli sui nuovi contratti come un alibi per ritardare ulteriormente la liquidazione di quelli pregressi.
Il capitolo pagamenti si inquadra nella strategia della Commissione volta a maggiori margini per la crescita ammorbidendo il risanamento dei conti pubblici senza mettere a repentaglio i vincoli di bilancio (proprio in questi giorni il Portogallo ha ricevuto un anno in più per ridurre il proprio deficit sotto al 3% del Pil). In particolare l’apertura di ieri viene letta come uno strumento essenziale per iniziare ad abbattere il muro del credito e della liquidità che frena gli investimenti e il rilancio della domanda.