Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  marzo 19 Martedì calendario

BERGOGLIO PARTÌ SECONDO ALLE SPALLE DI SCOLA POI LA RIMONTA E IL PLEBISCITO: QUASI CENTO VOTI


Come nel 2005, il Conclave che elesse Ratzinger, Jorge Mario Bergoglio riceve al primo scrutinio la metà dei voti del suo principale rivale, in questo caso Angelo Scola. Questi, da subito, raggiunge un pacchetto di circa 35 voti. Non pochi, in confronto ai circa 20 di Bergoglio. Più distaccato, invece, il franco canadese Marc Ouel-let, prefetto dei Vescovi, con non più di 15 voti. Ma mentre nel 2005 Bergoglio cedette in favore di Ratzinger, qui avviene l’opposto: i curiali e la maggior parte degli italiani rifiutano l’idea di un uomo forte che politicizzi il pontificato come è stato in Italia il ventennio ruiniano e cos tringono Scola alla resa.
Man mano che passano i giorni, si va delineando con sempre maggiore precisione quanto accaduto nelle cinque votazioni che hanno portato all’elezione di Bergoglio. L’inizio del Conclave, secondo quanto apprende Repubblica, sembra poter portare in pochi scrutini al ritorno di un italiano al soglio di Pietro. Scola parte bene e tutto lascia presagire che ce la possa fare. Dalla sua parte ci sono, e vi rimarranno fino all’ultimo, due nomi di peso del cardinalato italiano: Angelo Bagnasco, capo dei vescovi e arcivescovo di Genova, e Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna. Ma sono gli altri italiani, da subito, a decidere altrimenti. Vista la debacle di Odilo Scherer, il candidato di partenza di Bertone, fanno fronte comune con tutti i curiali e pur di non appoggiare Scola scelgono Bergoglio. La linea dell’arcivescovo di Milano, infatti, sostanzialmente ruiniana, e cioè di una Chiesa combattiva nella società e nella politica – «meglio contestati che indifferenti», è il noto adagio del cardinale Camillo Ruini – spaventa anche diversi ambienti della politica italiana vicini alla vecchia segreteria di Stato guidata dal cardinale Tarcisio Bertone.
Il tam tam per non votare Scola ha già fatto nei giorni del pre Conclave il giro di mezzo mondo e convince molti a scegliere altre opzioni. Scola, fino alla terza votazione, mantiene i propri voti. Bagnasco, Caffarra e anche il primate di Vienna Christoph Schönborn, allievo di Ratzinger e del giro della rivista Communio fondata da Hans Urs von Balthasar di cui ha fatto parte anche Scola, gli rimangono fedeli. Ma in Santa Marta, nel pranzo del secondo giorno del Conclave, Scola, vistosi scavalcato da Bergoglio, cede. E accetta la resa incondizionata. Sicché alla quarta votazione, quella che nel 2005 elesse Ratzinger con 84 voti, Bergoglio vola, anche se non raggiunge ancora i due terzi. Mentre alla quinta fa il pieno e tracima, si dice addirittura sfiorando i cento voti.
Grande Pope-maker di Bergoglio è il cardinale Claudio Hummes. Il porporato brasiliano, che la sorte ha voluto seduto a fianco di Bergoglio in Sistina, non solo gli ispira il nome di Francesco a elezione avvenuta: «Ricordati dei poveri», gli dice abbracciandolo quando alla quinta votazione Bergoglio sente il proprio nome ripetuto di continuo durante lo spoglio dei voti. Ma, forte di cinque anni trascorsi in una curia romana che non ha mai amato come prefetto della Congregazione del clero (dal 2001 al 2006), impaurito da un’ipotesi italiana qualsiasi essa sia, dirotta i voti dei suoi confratelli latino-americani su Bergoglio. Il resto lo fanno gli americani. Dolan, che pure si sente un candidato, spinge per Bergoglio. Gli altri, invece, per Ouellet. Quest’ultimo, soltanto dopo tre votazioni cede ma, a sorpresa, non sceglie Scola, ma anch’egli l’argentino di Buenos Aires.
E così si consuma un Conclave sulla carta apertissimo, ma nel quale alla fine i contendenti sono di fatto due. Bergoglio, che già dai primi giorni mostra di voler far proprio un pontificato di grandi riforme, viene eletto con l’appoggio in massa dei curiali, quelli stessi curiali a quali nelle prossime settimane egli non potrà fare altro che dare dispiaceri. Il cambio di governance, infatti, è nel-l’aria, così come una riforma di una struttura vetusta e troppo verticistica per permettere al Papa di governare a dovere. La linea della collegialità e dell’orizzontalità è invocata a gran voce. Per questo Bergoglio viene eletto. Per un programma che in fondo è il medesimo di Scola, il più anti italiano degli italiani. Ma Roma ha deciso altrimenti.