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 2013  marzo 19 Martedì calendario

L’EUROPA ROMPE L’ULTIMO TABÙ METTERE LE MANI NEI CONTI CORRENTI


BALLEREMO fino a giovedì, quando le banche di Cipro riapriranno gli sportelli. Balleranno gli spread sui titoli di Stato, soprattutto italiani e spagnoli (i secondi, più dei primi). Tremeranno le azioni delle banche, già abbastanza fragili: ieri, l’indice Bloomberg del settore per l’Europa ha perso, in poche ore, il 2%. Tutta questa vertigine, peraltro, se, alla fine, ci sarà una soluzione concordata fra Nicosia e l’Europa. Se non ci fosse e Cipro, come sollecita perfino il locale arcivescovo, imboccasse la via per uscire dall’eurozona, si spalancherebbe l’ignoto e potrebbe succedere di tutto. «La cosa peggiore — ha scritto un commentatore (americano) — è che la soluzione trovata non è il frutto di una strategia lucidamente decisa, nel bene e nel male, a tavolino, ma una ricetta messa insieme all’ultimo minuto, alla bell’e meglio, da persone con poche idee e troppo sonno». Bruxelles, rincarano gli analisti della francese Société Générale, è il regno dell’improvvisazione: «Si è capito che non c’è un approccio standard per affrontare l’eurocrisi». Il risultato potrebbe essere devastante. L’uscita di un paese, per quanto piccolo, come Cipro, dall’eurozona romperebbe un tabù, proiettando un’ombra sinistra su altri paesi candidati ad essere depennati dalla moneta unica. Non sarebbe, d’altra parte, il primo tabù ad essere infranto, in questi cinque anni di crisi finanziaria. Con la ristrutturazione del debito greco, era già saltato il divieto di default di uno Stato sovrano dell’area euro. Ora, con la tassa nelle banche di Cipro, si incrina un principio che il ricordo degli assalti agli sportelli degli anni ’30 sembrava aver reso intoccabile: i depositi, almeno quelli della gente comune, non si toccano mai. Sono assicurati proprio per quello. Dall’introduzione dell’euro, non era mai successo. Prima, un precedente c’è, ed è italiano. Risale al governo Amato, ma il prelievo, limitato al 6 per mille, era oltre dieci volte inferiore a quello in discussione a Cipro e troppo piccolo per parlare di saccheggio dei risparmi.
In realtà, dicono i critici, è la prova che l’Europa è ormai prigioniera delle elezioni tedesche e che, da qui alla scadenza di settembre, il dibattito interno in Germania condizionerà pesantemente tutte le scelte di Berlino e, dunque, di Bruxelles. Lo si era già visto la scorsa settimana, quando Angela Merkel, nonostante una florida situazione economica, ha varato una manovra di bilancio all’insegna della stretta e dell’austerità, vanificando tutti gli appelli (dall’estero) ad una politica di rilancio della domanda interna, che desse fiato alle esportazioni degli altri paesi europei in difficoltà. Ora, scaricando la crisi delle banche cipriote sui suoi depositanti, Berlino lancia il segnale che ogni ipotesi di condivisione di responsabilità, all’interno di una unione bancaria europea, appartiene al futuro remoto e che il contribuente tedesco ha ormai chiuso la borsa. Di fatto, è un invito a guardar bene dove si mettono i propri soldi, che può destabilizzare paesi con le banche già in crisi, come la Spagna. La decisione di sabato, sostiene, infatti, un’altra grande banca, Morgan Stanley, propone «un precedente inquietante, con conseguenze potenzialmente a livello di sistema, se i depositanti dei paesi della periferia temessero un trattamento simile in futuro ».
In America, c’è già chi parla di «errore decisivo»: «peggio della Lehman Brothers», ha scritto il settimanale Forbes. In realtà, molti analisti bancari sono assai meno catastrofisti. Sia a Crédit Suisse, che a Barclay’s, che a Goldman Sachs si pensa che l’effetto- annuncio della tassa cipriota sarà limitato e che un contagio ad altri paesi sia improbabile. Le banche, osservano gli analisti di Barclay’s, anche nei paesi deboli sono meglio capitalizzate che nel 2008, la Bce inonda il sistema di liquidità e Draghi ha messo l’euro al riparo della speculazione. I dubbi sono, piuttosto, a livello politico. Dopo le elezioni greche e quelle italiane, un altro paese viene esposto alla retorica antieuropea (e antitedesca) con un effetto a catena che può diventare difficile controllare. In realtà, anche gli effetti economici sono difficili da controllare, soprattutto quando sono affidati alla psicologia labile di chi si preoccupa dei propri soldi. Non basta che una banca sia solida per impedire che si inneschi una fuga di capitali verso porti più sicuri. E, anche se la Bce puntellasse i mercati finanziari, meno depositi in cassa significano un inasprimento della stretta al credito in paesi già in recessione. Per l’Italia, poi, il segnale che viene dalle scelte tedesche su Cipro è anche più specifico: se, nei prossimi mesi di incertezza politica, si dovesse andare a sollecitare l’aiuto europeo per fermare una crisi dello spread, bisogna sapere in anticipo che si troveranno molte persone dure d’orecchio.