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 2013  marzo 19 Martedì calendario

I 15 GRADI DI FACEBOOK E IL DILEMMA IN UFFICIO SULLA TEMPERATURA

Quindici gradi, è questa la temperatura non certo agevole che Mark Zuckerberg, il neppure trentenne fondatore di Facebook, infligge ai suoi dipendenti nei nuovi uffici di Menlo Park, affacciati sulla baia di San Francisco. Il ragazzo terribile dei social network mondiali tiene con un po’ di sadismo i suoi ingegneri al freddo non si sa se perché in tal modo pensa di onorare la sua fama di giovane miliardario più che parsimonioso; oppure perché spera così di ibernare i cervelli del suo staff mantenendoli per sempre giovani; o ancora se vuol soltanto tenerli un po’ sulla corda, per evitare dispersioni e lungaggini: insomma insegue anche lui come tutti i comuni imprenditori il sogno di aumentare la produttività in azienda.
La rivelazione che riguarda Mark Zuckerberg in versione grande capo sadico di Fantozzi, è stata fatta in un’intervista al Times da Sheryl Sandberg, direttore operativo di Facebook e pragmatico braccio destro di Zuckerberg, una delle donne più smaglianti del potere contemporaneo, da lui fortemente voluta, dopo un lungo pressing professionale, alla guida di Facebook nel 2008. Ed è una delle conseguenze inaspettate e un po’ frivole fiorite a margine della pubblicazione del libro Facciamoci avanti da lei firmato, quasi il Manifesto di nuovo corso femminile consapevole, un po’ arrembante e non lagnoso che ha creato polemiche di ben altro momento sul fronte femminista, subito stroncato («Vuol diventare la Betty Friedan dell’era digitale») da Maureen Dowd sul New York Times. È lei, Sheryl, che ha svelato quest’abitudine crudele e capricciosa del lentigginoso Mark, senza peraltro stigmatizzarla troppo, sostenendo anzi che in quegli uffici si fa di tutto per rendere confortevole la vita ai dipendenti (e tenerli legati alla sedia).
Ma che Zuckerberg sia imprenditore illuminato oppure crudele, che lo faccia per sadismo o per amore, la domanda è un’altra: siamo sicuri che tenere le teste al freddo assicuri un miglior risultato sul lavoro e tenga lontane le alzate d’ingegno? Qual è, insomma, la temperatura ideale per stare in ufficio? Al riguardo i pareri non sono concordi.
Una ricerca condotta nel 2004 dalla Cornell University di New York stabiliva il limite a tutt’altra temperatura: 25 gradi, con margine di errore del lavoratore del 10 per cento, contro il 25 per cento a 20 gradi. Certo, forse 25 gradi sono un po’ esagerati anche per i nativi freddolosi, ma di sicuro molto più confortevoli per pensare e produrre, senza essere costretti a infelparsi e imbottirsi come l’Omino Michelin.
Mentre, all’opposto, la columnist del Financial Times Lucy Kellaway che del tema è esperta essendo l’autrice del libro Sense e Nonsense in Office, sostiene fragorosamente la tesi di Zuckerberg: «Il freddo aiuta a focalizzare la mente. Quando non sei completamente a tuo agio non divaghi, e nelle riunioni soprattutto non perdi tempo a sostenere tesi inutili, perché vuoi andartene al più presto». Senza contare, continua Kellaway che «se hai freddo puoi sempre coprirti, aggiungi un maglione, una calza, un pantalone; più difficile invece scoprirsi oltre un certo limite se si ha caldo, specialmente in ufficio», e confida di aver dato il meglio di sé quando andava a trovare i genitori in uno chalet di campagna mal riscaldato dove studiava con cinque maglioni uno sull’altro.
Nonostante questa vibrante presa di posizione a favore del grande freddo, Kellaway non è disposta però a fare sconti a Zuckerberg, e per i suoi nuovi atteggiamenti dogmatici accusa lui e altri profeti di Silicon Valley di «fondamentalismo digitale».
Ma le tribù del caldo e del freddo in ufficio prosperano a dispetto del capriccio dei capi e si fanno agguerrite specialmente d’estate quando entra in scena l’aria condizionata, croce e delizia di tutti noi. Interpellati dal Corriere qualche tempo fa si dichiaravano irriducibili amanti del freddo il discesista Kristian Ghedina che nella sua casa di Cortina non va mai oltre gli 8 gradi (da frigorifero), e Barbara D’Urso che sbuffa anche sotto i riflettori dei suoi studi tv. Non è mai troppo caldo invece per Massimo Boldi che viaggia sui 24-25 anche la notte, e il segretario di lungo corso del Quirinale Gaetano Gifuni, noto per le sciarpe aderenti al collo e i vestiti pesanti anche d’estate. Allergico agli spifferi, ammoniva con un «guaglio’, vu’ mi volete accidere» i commessi, che si precipitavano a chiudere porte e finestre al suo passaggio. E allora forza: anche noi, partito dai 23 gradi in su, facciamoci avanti.
Maria Luisa Agnese