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 2013  marzo 19 Martedì calendario

I RISPARMIATORI NON SI TRADISCONO

Cipro è un piccolo Paese la cui appartenenza all’eurozona è rimasta sconosciuta alla maggior parte degli europei fino ad oggi. Ma l’Europa non dovrebbe ripetere gli errori commessi nel caso della Grecia: sottovalutare inizialmente il problema e inviare messaggi contrastanti a mercati e risparmiatori.
È stata proprio la sottovalutazione dei problemi a trasformare le difficoltà di Atene, e quindi l’esigenza di ristrutturare nel tempo il debito di un Paese non grande, nella crisi dei debiti sovrani che ha rischiato di affondare l’euro.
Il Prodotto interno lordo (Pil) vale lo 0,5 per cento di quello dell’intera eurozona: un sesto di quanto valeva la Grecia nel 2009. Ma Cipro è soprattutto un paradiso fiscale per i miliardari russi che risciacquano l’origine incerta dei loro investimenti nell’anonimato dei conti correnti delle banche dell’isola. Nel tempo è diventato inoltre un approdo per i risparmiatori greci spaventati dalla crisi senza fine del loro Paese.
Come già in Islanda, capita che il sistema bancario di un piccolo paradiso fiscale vada a picco perché le sue banche si sono esposte troppo con i crediti da loro concessi. E ancora come in Islanda, gli istituti ciprioti pesano troppo rispetto al Pil prodotto. Se le banche dovessero andare a fondo sarebbe l’intera Cipro e il suo Stato a collassare. L’Europa non può permetterlo e allora ecco la scelta del salvataggio.
Ma era la strada scelta, solo a tarda notte ieri resa meno impervia, a destare le maggiori perplessità. In Grecia il furore dell’elettorato tedesco impose alla signora Merkel di contrattare un coinvolgimento del settore privato nel salvataggio. E così i detentori di titoli subirono quello che i mercati finanziari chiamano un haircut, vale a dire una riduzione nel valore nominale dei loro titoli di credito che nel caso di Atene fu del 53%.
Nel caso cipriota, il settore privato rilevante è costituito dai depositi, non dalle obbligazioni o altri titoli. Una elevata quota dei depositi nelle banche cipriote è di cittadini non europei, soprattutto russi. E così l’Europa, sostenuta dalla «pesante» Germania, ha chiesto e ottenuto che i depositanti concorressero in misura non marginale al salvataggio. Nella prima ipotesi sotto la soglia dei 100 mila euro si sarebbe imposta una tassa del 6,5%. Per i depositi sopra i 100 mila euro l’haircut sarebbe salito tra il 10 e il 15%. Una patrimoniale dieci o venti volte più grande in punti percentuali di quella introdotta dal governo Amato in Italia (era del 6 mille) nel 1992.
È evidente che il messaggio inviato rischiava di innescare una corsa agli sportelli anche in altri Paesi della Ue in difficoltà. Nel 2008 Bruxelles decise di garantire i depositi bancari dei correntisti e dei risparmiatori fino a 100 mila euro. Una scelta avvenuta dopo il crollo della Lehman Brothers. Una garanzia legata quindi a un eventuale default degli istituti.
È chiaro che non è questo il caso di Cipro. Il crac delle banche non è avvenuto. I depositi non sono stati messi a rischio ma c’è l’ipotesi di un prelievo, di una tassa. Tutto lecito. Ma al di là dei termini, per i risparmiatori il segnale è tutt’altro che rassicurante. E’ per questo che i ministri delle Finanze dei Paesi della moneta unica riuniti ieri sera hanno chiesto di salvaguardare i depositi sotto i 100 mila euro.
La crisi cipriota, per di più, arriva nel pieno di una situazione di euforia sui mercati finanziari mondiali che vedono — ma non possono ancora toccare con mano — un consolidamento della ripresa. E questo rischia di essere pericoloso per un’Europa ancora in mezzo al guado.
L’ombrello potenziale della Banca centrale ha rappresentato in questi mesi una clausola di salvaguardia per l’euro. Ma per essere operativo obbliga i governi a sottomettersi a richieste di aiuto politicamente costose. In una crisi come quella di Cipro è poco efficace. Senza dimenticare i lavori in corso dell’unione bancaria sui quali già pende l’ipoteca delle perplessità tedesche. In questo quadro non si sentiva il bisogno di introdurre, in caso di salvataggi, la minaccia, ai risparmiatori dei Paesi in difficoltà, di una patrimoniale come quella cipriota, per di più nemmeno progressiva.
Francesco Daveri