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 2013  marzo 01 Venerdì calendario

ROMA —

Arriva la notizia che Silvio Berlusconi è indagato dalla Procura di Napoli per corruzione e finanziamento illecito dei partiti.
Giravano un mucchio di soldi.
Tre milioni.
Sì, proprio tanti soldi.
Li avrebbe presi tutti — era il 2007 quando passò dall’Italia dei valori al centrodestra, facendo cadere il governo Prodi — quest’uomo grasso e delicato, furbo, spregiudicato e ambizioso: Sergio De Gregorio da Napoli, 53 anni, una moglie e tre figli («Io adoro la mia famiglia: e, per questo, non ho mai pensato di scappare come Lavitola. Anzi, quando Lavitola mi telefonò da una località estera, io gli dissi: torna, Valterì, fiondati dai giudici, chiarisci tutto»).
Ha sempre questi modi affabili. Per anni si è seduto davanti ai magistrati, lo sguardo che era un miscuglio di stupore e disponibilità, e quelli che subito pensavano: ecco, questo collabora.
Riciclaggio e favoreggiamento della camorra (Napoli, 2007), corruzione (Roma, 2008), concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzato al riciclaggio (Reggio Calabria, 2008), truffa e fatturazioni false nelle indagini sul quotidiano L’Avanti (Roma, aprile 2012: con la giunta per le autorizzazioni a procedere che si pronunciò a favore del suo arresto e con l’aula di Palazzo Madama che ribaltò i pronostici, salvandolo grazie al voto segreto e a una cinquantina di franchi tiratori).
Stavolta, però, la scena è assai diversa. Sergio De Gregorio è un senatore della Repubblica (Pdl) fino al prossimo 15 marzo: poi, dal giorno dopo, quando il nuovo Parlamento si insedierà, diventerà un cittadino normale. E un cittadino normale è ammanettabile.
L’idea dell’arresto l’ha metabolizzata (al Fatto, una settimana fa, disse: «Un’epoca è cambiata e il carcere è la medicina da bere»). Lucido, rassegnato: tu gli parli, e lui, nel corridoio deserto di Palazzo Madama, ti risponde gentile, complice, sta facendo un’eccezione perché si fida.
«In queste settimane sono stato interrogato un sacco di volte dai magistrati e spero di aver chiarito tutto. Purtroppo, con il Pdl che non è più maggioranza, temo si stia aprendo un’intensa stagione di ordinanze di custodia cautelare».
Gli è rimasto il senso per la notizia.
A 19 anni comincia a fare il cronista nella redazione napoletana di Paese Sera, un quotidiano che resta nella leggenda del giornalismo italiano e che, non casualmente, lo arruola: il ragazzo ha talento. Nel 1980 fonda una propria agenzia: la Alfa Press Service. Poi inizia a collaborare con L’Espresso, con Tg2 Dossier, con Oggi. Viaggia, sceglie teatri di guerra: Ruanda, Libano, Nicaragua, Iraq. Ancora oggi si vanta di esser stato «il primo ad entrare in Iraq vestito da medico della Croce Rossa». Il suo vero colpaccio è però quello di fingersi turista e salire sulla stessa nave — la Monterey — dove viaggia Tommaso Buscetta, finendoci al pianobar a cantare «Guapparia».
Ma la vita da inviato non è la sua vita (gli piacciono le comodità, adora mangiare bene, va pazzo per certi piatti della cucina partenopea: salsicce e friarielli, ziti alla genovese). Così inizia a collaborare in Rai, con Enzo Tortora ed Enzo Biagi, e in Fininvest, con Rita Dalla Chiesa.
Nel 1996 incontra Valter Lavitola, che gli affida la direzione de L’Avanti (da non confondere con lo storico quotidiano socialista Avanti!). Nel 2005 sta per candidarsi con Forza Italia alla Regionali, i manifesti sono già affissi, ma all’ultimo l’accordo salta: lui prima s’infuria, poi decide di fare il giro largo. Perciò va a bussare alla porta di Antonio Di Pietro, e Di Pietro apre e lo candida. Un affare: De Gregorio si presenta con 80 mila voti e viene eletto al Senato (festeggiamenti memorabili, con Peppino Di Capri in concerto).
Il piano di De Gregorio funziona: sì, adesso è dentro, è in Parlamento. Ora può puntare a Berlusconi. E l’amicizia con Valter Lavitola, ovviamente, gli è preziosa.
Il 7 giugno viene eletto Presidente della commissione Difesa grazie ad un accordo con la Casa delle libertà. Di Pietro sente puzza di bruciato, alza la voce. Nel settembre successivo, De Gregorio lascia l’Idv e fonda il movimento Italiani nel mondo.
È sempre più avido di potere, diventa troppo disinvolto nelle mosse politiche, la pinguedine si fa incipiente. Tratta con il Cavaliere, è come posseduto da un senso di onnipotenza.
Da questo momento in poi, la storia dovete perciò continuare a leggerla negli articoli che raccontano l’epilogo giudiziario delle ultime ore.
Fabrizio Roncone