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 2013  marzo 01 Venerdì calendario

Non mi manda papà Murdoch –Elisabeth, 44 anni, figlia del magnate dei media, potrebbe essere la candidata alla successione

Non mi manda papà Murdoch –Elisabeth, 44 anni, figlia del magnate dei media, potrebbe essere la candidata alla successione. Anche se ha simpatie liberal che non piacciono al genitore Padre eterno, figlio crocefisso», recita un antico proverbio in bilico fra sacro e profano. È la storia di tante famiglie in cui il capostipite maschio diventa una zavorra che impedisce ai figli di prendere il largo e il parricidio, in questi casi, è una raffinata costruzione della psicanalisi. Sono pochi "i figli di" capaci di scrollarsi di dosso la superiorità paterna grazie a meriti che siano loro soltanto. Figuriamoci quando il padre è Rupert Murdoch, boss di "News Corp", astro dell’editoria commerciale globalizzata, indecentemente ricco e riconosciuto come potentissimo. Se però la figlia ha un marito che discende dal padre della psicanalisi, allora l’operazione vede ridursi le chance d’insuccesso. Elisabeth Murdoch, secondogenita e maggiore dei tre figli del secondo matrimonio del magnate, da 44 anni cerca in tutti i modi di affrancarsi da quel genitore ingombrante avendo accanto, ora, un coniuge che di nome fa Matthew di cognome Freud ed è pronipote di Sigmund. I fratelli di Elisabeth, Lachlan e James, hanno provato a guidare la fuoriserie di papà, ma sono entrambi finiti fuori strada: Lachlan nel 2005 ha accantonato le mire di successione perché schiacciato dall’eternità paterna e ha mollato le responsabilità nell’azienda ritirandosi in Australia. James è stato travolto dallo scandalo delle intercettazioni telefoniche, che ha portato alla precipitosa e traumatica chiusura del tabloid "News of the World". Elisabeth ha finora preferito mantenere un basso profilo: l’handicap di non essere un uomo, in un patriarcato aziendale pesa. Ma non quando una delle province dell’impero, quella della carta stampata, si trova sotto assedio, vuoi per via del declino del mezzo, vuoi per i guai giudiziari innescati da una pratica deontologica nel migliore dei casi spregiudicata. È venuto il momento di farsi vedere, e sentire. Di apparire uguale ai consanguinei, eppure diversa. Operazione non facile ma fattibile, soprattutto grazie all’aiuto appunto di Matthew, il secondo marito, a capo di un’assai influente agenzia di Pr che vanta conoscenze trasversali ai vertici dell’editoria, della politica e delle celebrità, col quale ha due figli, di 13 e 6 anni. Il loro matrimonio sembra sia stata digerito a fatica da una famiglia a dire poco complessa (Murdoch è felicemente sposato con una terza giovane moglie che gli ha dato altre due figlie piccole, mentre la primogenita del primo matrimonio, Prudence, non ha mai lasciato la vita privata), ma soprattutto per via del carattere aggressivo e spregiudicato di Freud. A lui si deve probabilmente il profilo fluviale su Elisabeth uscito recentemente sul "New Yorker", da leggersi come un’autocandidatura alla successione che la ritrae in una luce studiatamente diversa da quella del padre, rilevandone l’autonomia di pensiero e di cultura come l’acume imprenditoriale. Elisabeth ne esce come una donna d’affari capace di camminare sulle proprie gambe, anche se la strada gliel’ha asfaltata papà. Bionda, algida, un passato da "enfant ordinaire". Mente non pirotecnica, solida lavoratrice, seria al punto da essere un po’ noiosa, unici sobbalzi la sospensione a scuola per aver contrabbandato del rum in classe e il rodeo californiano al quale partecipa per aggiudicarsi la sponsorizzazione di un concessionario di automobili. Dopo un’adolescenza in America lontana dai suoi e un apprendistato alla Fox, col primo marito, l’olandese-ghanese Elkin Kwesi Pianim, col quale ha avuto due figli, compra le sue prime due stazioni televisive grazie a un prestito di Rupert, che poi rivende con profitto, non prima di aver licenziato metà staff e impreziosito il palinsesto con la solita sventagliata di sesso e violenza. Perfettamente consapevole del maschiocentrismo del padre, e non volendo pestare i piedi ai fratelli, dopo aver incontrato e sposato Freud molla per la seconda volta BSkyB e decide di fondare una casa di produzione televisiva tutta sua, la Shine, responsabile di programmi di grande successo come Master Chef. Shine è un boom, tanto che la rivende al babbo per 670 milioni di dollari tenendosene il 40 per cento (la cosa non è piaciuta ad alcuni azionisti, secondo cui l’acquisto sarebbe stato strapagato). La televisione sembra essere il suo elemento. La ragazza ha fiuto. Fu lei a suggerire al padre di comprare il format britannico di Pop Idol, che sarebbe diventato un megasuccesso di Fox negli Stati Uniti. Ma ha anche qualcos’altro, che manca del tutto sia al padre che al fratello James, ferventi seguaci del monoteismo di mercato, e che in questi tempi perigliosi potrebbe rivelarsi prezioso: un’inclinazione liberal. Sostiene Obama. È critica della trucida partigianeria di Fox News. È portatrice sana di una cultura generalmente aliena a News Corp ma di cui il secondo conglomerato di media al mondo dopo la Disney, sorta di immenso gasdotto di neoliberismo populistoide che arriva dritto in milioni di case (basti pensare a Fox News in America o al Sun in Gran Bretagna), potrebbe presto aver bisogno. Questa presa di distanza dall’azienda di famiglia non poteva (perché non voleva) passare inosservata. È riassumibile soprattutto in un paio di frasi che Elisabeth ha pronunciato durante l’ultima MacTaggart lecture, tradizionale conferenza che si tiene al Festival della televisione di Edimburgo, frasi che da sole contraddicono in pieno l’ethos della ditta e che hanno fatto infuriare il padre. Elisabeth ha detto non solo che il profitto senza uno scopo è un disastro assicurato, ma soprattutto che «il profitto deve essere il nostro servo, non il nostro padrone». Al "New Yorker" ha dichiarato di aver duramente criticato in privato la condotta del padre e del fratello nella gestione dell’affaire "News of the World", il primo per essersi ostinato a difendere Rebekah Brooks, ex direttore del giornale e sua protetta, il secondo per non essersi dimesso subito durante lo scandalo. Sono frasi che illustrano un cambiamento di rotta in bottega e in casa. Frasi che sembrano dare inizio alla nuova stagione, nel segno del possibile ritorno Labour al governo in Gran Bretagna, dove Murdoch ha il potere di rendere assai probabile la vittoria del partito che sceglie di appoggiare: è stato così per Blair (padrino di una delle ultimogenite), Brown e ora Cameron. L’epopea scorre su questo intrecciato binario tra pubblico e privato, non senza un’involontaria ironia: impossibile non pensare, infatti, che gli intrighi e le speculazioni dinastiche dietro al vecchio padre-imperatore sarebbero un ottimo soggetto per un reality, proprio come quelli di cui le sue televisioni intasano l’etere. Ma a parte le conclusioni che sarebbe lecito trarne - cioè che i Murdoch sono fino in fondo ciò che vendono - il finale è ancora tutto da scrivere. Rupert è chairman e amministratore delegato di News Corp. Ha 81 anni e nessuna intenzione di appendere i bilanci al chiodo, nonostante una commissione parlamentare d’inchiesta britannica l’abbia dichiarato «non idoneo» a continuare a svolgere il proprio ruolo guida. A chi, durante una riunione di azionisti anni fa, gli chiedeva se avesse pensato a un piano per la successione, aveva risposto: «Lo farò subito dopo la mia morte». Tanto senile vigore è forse merito della terza moglie, Wendi Deng, e delle due figlie di lei, per le quali Deng è riuscita a strappare una rendita ma non il controllo azionario. Elisabeth non siede nel board of directors di News Corp come i fratelli, giura di non voler succedere al padre in quella che sarebbe una diretta concorrenza a James (i due attualmente non si parlano). Soprattutto, dice di volersi dedicare alla piattaforma digitale. È senz’altro lì il futuro, suo e dell’azienda di famiglia. La saga continua. La leadership di Elisabeth potrebbe rappresentare un buon compromesso per gli azionisti stufi dei recenti scandali (87 arresti finora) e della loro cattiva gestione. Dal murdochismo reale al murdochismo dal volto umano? Quel volto potrebbe, un domani, appartenere proprio a Elisabeth.