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 2013  febbraio 26 Martedì calendario

COSÌ D’ANNUNZIO ARRUOLÒ NEL SUO HAREM LA CAMERIERA TUTTOFARE


Quando il Poeta la elegge cameriera di fiducia negli anni dell’«esilio» francese, Amélie Mazoyer ha già alle spalle un’onesta carriera di guardarobiera dell’impresario teatrale Maurice Schurmann. Siamo nel 1911: lei ha appena ventiquattro anni e pochi, disordinati studi, ma conosce le voci sulle eccentricità del letterato italiano, protagonista del bel mondo parigino. Viene a sapere che d’Annunzio cerca una guardarobiera per seguirlo nello Châlet Saint-Dominique, affittato a Arcachon, nel Sud atlantico della Francia. Lì Gabriele vuole lavorare lontano dalle distrazioni della metropoli.
Convocata il 26 giugno 1911 all’Hotel d’Iéna, dal segretario Tom Antongini, al cospetto del Vate – che ha il doppio dei suoi anni –non spiccica parola.Pallida e timida, si sente squadrata da capo a piedi, arrossisce. Quando d’Annunzio la congeda, le fa regalare da Antongini un gruzzolo di franchi inaspettato: denaro per i vestiti. La campagnola incerta sarà l’ennesima creatura dell’instancabile pigmalione: l’atteggiamento remissivo della ragazza rappresenta una garanzia della futura fedeltà e soprattutto di una complice, definitiva acquiescenza.
Nella villa di Arcachon [...] Amélie scopre di avere a disposizione una intera camera da non spartire con nessuno della servitù. Il trattamento di favore la mette a disagio: impacciata e maldestra, soffre il confronto con la sicurezza degli altri domestici. C’è anche chi ride di lei,come la cameriera della splendida Nathalie de Goloubeff.
È una contessa russa di stanza a Parigi, sposata a un ricchissimo nobile conterraneo, appassionato di archeologia e di studi classici, da cui ha avuto due figli. Donatella –questo il nome ricevuto da d’Annunzio, che ribattezza tutte le sue donne, come fossero rinate per lui – era da tempo l’amante ufficiale e la favorita del Poeta. Bella e generosa, colta e disinibita nei comportamenti mondani, neanche il più celebrato scultore del tempo, Auguste Rodin, aveva resistito al suo fascino, chiedendole di posare come modella.
Per Amélie è un’atmosfera eccitante quanto nuova. Oltre ai vestiti, le vengono proposte ciprie e essenze originali. Viene sottoposta, malleabile e docile come la desidera il Signore, alle estenuanti prove di una modella prima della sfilata: indossa un vestito, poi un altro, sperimenta un’acconciatura, prova bluse di colore diverso, sete, velluti, collane di perle e cappelli. Capisce che il primo grado del proprio apprendistato consiste nel cominciare a cambiare.
Gli indizi di ciò che l’aspetta non mancano, a partire dagli «innumerevoli fazzoletti trovati nel letto, senza avere la minima idea del loro uso». Al ritorno da una trasferta di tre giorni, d’Annunzio la convoca nella propria stanza:
«Come, vi siete messa una blusa bianca?»
Poi, avvicinatosi, mi attirò d’improvviso a sé per baciarmi. Rimasi così confusa che subito gli chiesi se mi avrebbe licenziato.
«Ma no, sarà proprio il contrario.»
Scese a parlare con il suo segretario, ordinandomi: «Dopo venite ad aiutarmi a vestirmi, devo montare a cavallo.»
Quanto attesero i cavalli, quel pomeriggio! Comunque, non mi concessi a lui, sperando di poterlo evitare anche in séguito. [...] La sera, quando tutti furono a letto, mi regalò una bella vestaglia, dei guanti per massaggi, dei profumi. Tentai invano di fargli capire che volevo assolutamente evitare di essere sua. Mi disse:
«Non sapete che io sono un dio, e che tutti debbono ubbidirmi? Non mi obbligate a salire per cercarvi.»
Dopo una toilette forse meno accurata di quella che avrei imparato a farmi in séguito, non essendo abituata a tante raffinatezze, scesi da lui e dovetti cedere a ciò che non mi piace e non mi è mai piaciuto. Mi stupì la bellezza del suo corpo, bianco e delicato come quello di una donna. Capii, quella sera, perché trovavo sempre nel letto tanti fazzoletti.
Lo scopriremo anche noi, per ora basti chiarire che non le piace la penetrazione. Il destino di Amélie, che presto diventerà Aélis, sta in quel «prendere o lasciare ». Decide di prendere, ora e per sempre. Asseconda i desideri di Gabriele, forse ancora per convenienza. Poi lo farà per devozione e venerazione, più che per amore: è abbastanza intelligente da capire che nessuna donna potrà dirsi «unica e sola», figuriamoci lei.
Adeguarsi alle regole, su questo d’Annunzio non transige, meglio togliersi di testa strane idee, per primo l’insopportabile gelosia. Ma Aélis è gelosa [...] Un giorno non trattiene la rabbia: fischia, canta a squarciagola davanti alla porta della camera da letto di Gabriele.
«Avevo bisogno di soffocare il dolore con il chiasso» si giustifica.
«Se non potete fare a meno di cantare e di gridare così in casa mia, è meglio che ve ne andiate» risponde lui, spazientito.
Aélis prepara i bagagli, sicura di essere stata licenziata; va a salutarlo, e esulta quando Gabriele le dice: «Dovreste vergognarvi di mettermi in una simile condizione. Spero che sarete più docile ». Aélis gli bacia le mani: «Quante altre volte, ahimè, avrei dovuto implorare il suo perdono» annoterà sul diario. Oltre che amante, diventerà complice, ruffiana e all’occorrenza terza di un triangolo. La prima donna con la quale va a letto – per compiacere Gabriele, e presto anche se stessa – è proprio Donatella, che li aveva già spiati mentre facevano l’amore,naturalmente d’accordo con lui.
La straordinaria arma di Aélis, aggiunta alla devozione, è una caratteristica che d’Annunzio apprezza moltissimo, e tanto più con il passare degli anni: un’abilità non comune nella fellatio, che le merita anche il nome Aélis. Un richiamo al francese hélice , elica. Ha «una bocca meravigliosa» dice Gabriele, oltre a «una mano donatrice d’oblio». Già a Arcachon ogni pomeriggio la invita a prendere il tè insieme [...], e esige in «pagamento » quel servizio che, scrive Aélis,le dà«un piacere violentissimo » perché sente Gabriele sotto il suo «dominio assoluto»: «Lui era cosa mia. Lo sapeva così bene che si lasciava languorosamente dominare».





Per gentile concessione dell’editore Mondadori, pubblichiamo in questa pagina un brano da La mia vita carnale. Amori e passioni di Gabriele d’Annunzio ( pagg. 230, euro 20 , da oggi nelle librerie), di Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione Vittoriale degli Italiani e direttore del «D’Annunzio Festival» di Pescara.