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 2013  febbraio 27 Mercoledì calendario

USA: I POTERI DEL PRESIDENTE E QUELLI DEL CONGRESSO

Come mai, mentre in Italia non si può governare con maggioranze diverse alla Camera e al Senato, negli Stati Uniti il presidente può riuscire a farlo?
Roberto Macchia, Livorno
Caro Macchia, una premessa: la parola governo non ha in Europa e negli Stati Uniti lo stesso significato. In Europa definisce il potere esecutivo, in America il lavoro congiunto del capo dello Stato e del Congresso. I costituenti sapevano che al Paese sarebbe stata necessaria una figura autorevole e dotata di poteri effettivi. Ma vollero che il loro re fosse elettivo, quindi scelto dai cittadini, il suo mandato soggetto a periodiche conferme, il suo potere costretto a misurarsi dialetticamente con quello del Congresso. Il presidente avrebbe avuto il diritto di nominare gli ambasciatori, i principali esecutori della sua politica (segretario di Stato, segretario della Difesa), i giudici della Corte costituzionale. Ma il Senato avrebbe avuto il diritto di sindacare e respingere le sue scelte. Il presidente sarebbe stato, come i re dell’Ancien Régime, comandante supremo delle forze armate, ma lo stato di guerra avrebbe richiesto, in linea di principio, l’approvazione del Congresso. Sui problemi cruciali del bilancio statale e delle finanze pubbliche il Congresso avrebbe avuto un ruolo determinante. Ma il presidente avrebbe potuto realizzare la sua politica in molte circostanze con gli «executive orders» (ordinanze esecutive) o aggiungendo alle leggi approvate dal Congresso un codicillo sul modo in cui le avrebbe interpretate e applicate.
Esiste poi un potere presidenziale che può modificare considerevolmente l’equilibrio fra le maggiori forze dello Stato: il diritto di veto. Le leggi sono valide soltanto quando sono controfirmate dal presidente, ma questi può rinviarle al Congresso con un messaggio che spiega le ragioni del suo veto. Il Congresso, a sua volta, potrà «override» (letteralmente: scavalcare) il potere del capo dello Stato, ma dovrà farlo con maggioranza qualificata (due terzi) di entrambe le Camere. In molti casi è sufficiente la minaccia del veto perché il Congresso corregga la legge nel senso desiderato dalla Casa Bianca.
Non dimentichi infine, caro Macchia, che non esiste, nella democrazia presidenziale americana, né la possibilità di una mozione di sfiducia contro il presidente (l’«impeachment», o incriminazione, è un’altra cosa) né lo scioglimento anticipato delle Camere. Quando nessuno dei due può mandare a casa l’altro, i contendenti dovrebbero finire per mettersi d’accordo.
Sergio Romano