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 2013  febbraio 26 Martedì calendario

LA SPERANZA E LO CHOC: PER IL MONDO “L’ITALIA ADESSO È NELLA MERDA”

[Lo sconcerto delle cancellerie straniere fino alla consegna del silenzio visto il caos] –
Parigi
Un moto di soddisfazione all’inizio, quando escono gli exit poll che sbandano a sinistra, ma che, soprattutto, danno l’illusione di un’Italia governabile. Un gesto di disappunto, anzi d’esasperazione, quando arrivano le proiezioni che derapano verso centro-destra e populismo e prospettano il ritorno di Berlusconi. Poi, scatta la consegna del silenzio, quando tutti capiscono che dei dati non ci si può fidare, ma che comunque si profila lo scenario peggiore: un verdetto confuso, un Parlamento senza maggioranza al Senato, la prospettiva greca di nuove elezioni.
A PARLARE, A CALDO, sono solo parlamentari europei. E molti di essi solo per dire banalità istituzionali, come il presidente dell’Assemblea di Strasburgo, il tedesco Schulz, un socialdemocratico, che auspica che un governo ci sia, o il capogruppo del Partito popolare europeo, il francese Daul, uno degli artefici del ‘siluramento’ del Cavaliere a favore del professore, che auspica il mantenimento delle riforme.
Non ha, invece, peli sulla lingua il franco-tedesco Daniel Cohn-Bendit, capogruppo dei Verdi: “L’Italia è nella merda, va molto male”. Sconcertato dal successo di Grillo, che accosta a Mussolini, e dalla tenuta del centro-destra, giudica “la situazione molto difficile” e prevede – come fanno molti - che “lo spread andrà alle stelle”: “È giusto dire che sono state punite le politiche d’austerità. Ma ora che succede?, Grillo darà mille euro a testa a tutti?, e Berlusconi restituirà l’Imu?”.
Un’Italia ingovernabile era l’incubo dei principali interlocutori internazionali del nostro Paese e pure dei media esteri. Il Wsj snobba per un po’ i risultati, poi ne dà una sintesi efficace: “È chiaro che gli italiani respingono l’austerità”. E l’FT è sulla stessa linea: “L’instabilità incombe, mentre l’Italia boccia il rigore”.
Le Istituzioni europee e internazionali politiche e finanziarie, l’Ue, la Bce, l’Fmi, hanno mantenuto un riserbo ufficiale, magari nella speranza che ulteriori ‘errata corrige’ modifichino il quadro d’insieme. Atteggiamento analogo da parte dei maggiori partner dell’Italia, dai Grandi dell’Unione agli Stati Uniti.
I loro leader hanno perso tutti: chi puntava su Monti, come la Merkel e i guru del Ppe; ed anche chi puntava, nel segno d’una presunta real politik, sul mix tra Monti e Bersani, come Hollande e, di là dall’Atlantico, Obama. Tutti erano in campo contro il ritorno di Berlusconi e il successo di Grillo, inteso come campione del populismo e dell’euro-scetticismo.
EPPURE, ERA CHIARO che il voto italiano era diventato un referendum sull’austerità. Ed era noto che, dal 2009 a oggi, quasi nessun governo occidentale è sopravvissuto a questo referendum –basti pensare a Francia, Spagna, Gran Bretagna-, con l’eccezione della rielezione del presidente Obama negli Stati Uniti.
I risultati ancora ballerini delle elezioni politiche mettono alla prova gli analisti italiani, figuriamoci quelli stranieri. Ed i mercati rispecchiano l’incertezza: borse su e spread giù, subito; ed esattamente il contrario, immediatamente dopo. Con un tocco di paradossale: lo spread che 15 mesi or sono aveva festeggiato l’arrivo di Monti al potere ne festeggia, a caldo, la bocciatura, quando s’immagina di barattarla con una governabilità di senso diverso.
Ma alcune tendenze vengono lette con chiarezza: c’è un voto fortemente populista ed anti-europeo, perché una maggioranza degli elettori ha votato forze critiche od ostili alle politiche dell’Unione; e sono risultati che, tra exploit di Grillo e tenuta di Berlusconi, promettono incertezza e instabilità, proprio quello che l’Ue e i mercati paventavano di più.