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 2013  febbraio 25 Lunedì calendario

ADDIO AL MAESTRO SAWALLISCH. ESALTO’ LA MUSICA DI STRAUSS

Da anni fuori carriera, il maestro Wolfgang Sawallisch ci ha lasciati. Viveva in una meravigliosa villa fuori Monaco di Baviera; a Monaco era nato il 26 agosto 1923, uno dei rari protestanti nella città cattolica. La sua vita s’era spezzata colla morte della sua adorata Mechtild.
Sawallisch era un buon direttore della provincia tedesca, come ce ne sono cento. Conosciamo, degli anni Cinquanta, un suo Macbeth di Verdi che fa non sappiamo se piangere o se ridere per l’inadeguatezza tecnica, culturale e stilistica. Ma degli stessi anni possediamo un Tannhäuser da Bayreuth di prima grandezza.
Sarebbe stato avviato a una decorosa carriera se non avesse incontrato il maestro Francesco Siciliani.
Francesco Siciliani è stato uno dei più grandi musicisti del Novecento. Direttore d’orchestra a dieci anni, dovette rinunciare a questa carriera per eccesso di sensibilità. Divenne compositore e direttore artistico. Negli anni Sessanta, dopo ch’era stato al San Carlo, al Maggio Musicale Fiorentino, alla Scala, Bernabei lo nominò a capo di tutta la musica per la Rai. Vi fu una rivoluzione.
Tra le intuizioni di Siciliani, Sawallisch. Sono rari i casi nei quali la statura di un artista passa dall’ottimo livello alla grandezza grazie a un mentore. Gli fece dirigere un Mosé di Rossini nella Basilica di Santa Maria degli Angeli che fu una rivelazione, oltre che l’inizio vero della rinascita di Rossini quale autore tragico. Seguirono, al Foro Italico, Weber, Wagner — tutto, con un’intera Tetralogia —, Strauss e persino Verdi. Questa fu l’esperienza rivelatrice. Seguì quella di Direttore Artistico e stabile al Teatro di Monaco, uno dei teatri belli e più grandi del mondo. Bisognava vederlo dirigere un’intera stagione nel caldo luglio monacense nel giro di dieci, quindici giorni. Per comprendere le sue eccelse capacità di lavoro basta pensare a un ordine del giorno che mi capitò allora, negli anni Settanta, di leggere. Nell’intervallo del Crepuscolo degli Dei provava al pianoforte coi cantanti Così fan tutte.
Era anche un grande pianista. Accompagnava solisti, Lieder; in un’indimenticabile Viaggio d’inverno alla Scala con Fischer-Dieskau dimostrò che la scrittura pianistica di Schubert è meno avventizia che non sembri. Dirigeva e suonava; suprema la Burlesca di Strauss.
Poi subentrò a Riccardo Muti a Filadelfia. Trattò il grande sinfonismo da par suo. Scrisse anche un’autobiografia, a suo tempo tradotta in italiano. Era un grandissimo straussiano. Suo vertice, l’Arabella, data più volte alla Scala.
Era dotato di uno dei gesti più belli e più pratici che sia mai stato dato vedere. Era abituato all’improvvisazione, e forse le cose improvvisate gli riuscivano meglio di quelle meditate. Per improvvisazione intendo la capacità di render viva e avventurosa l’esecuzione. Mentre col braccio destro seguiva la partitura, col sinistro sillabava la parte ai cantanti, fossero o no preparati, e non mancava un attacco. Cantava con loro.
Paolo Isotta