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 2013  febbraio 25 Lunedì calendario

«I MIEI 86 ANNI CON AMOUR NELLA LUNGA NOTTE DEGLI OSCAR» —

«Non mi piace affatto sentir parlare di vecchi contro giovani nella notte delle stelle. Una delle cose più belle di questi Oscar, come è stato per i César, è che ci ritroviamo tutti insieme: chi con i colori della primavera e chi con quelli autunnali. O invernali nel mio caso, visto che qui a Hollywood compio gli 86 anni che la vita generosamente mi ha dato».
Emmanuelle Riva sorride, anche se è arrivata stanchissima a Los Angeles dopo il bottino di Amour agli Oscar francesi. Nella storia dell’Academy l’attrice francese nata il 24 febbraio del 1927 è la candidata più anziana. E quando le dici che la sua rivale Quvenzhané Wallis deve ancora compiere 10 anni (un altro primato per le nomination) ribatte: «Trovo quasi volgare che si legga l’età di una persona come unico parametro delle sue sconfitte, conquiste, dei suoi sogni, delle sue tappe. Lunghe o brevi».
La schiva protagonista di Amour ha commosso il pubblico con il ruolo di un’ultraottantenne malata, assistita fino all’ultimo dal marito (Trintignant). Dal successo del Festival di Cannes Emmanuelle Riva vive una seconda giovinezza. La Palma d’oro ha segnato per lei un trionfo inaspettato in una carriera che sembrava ormai spenta: lontani i tempi gloriosi (era il 1959) in cui era diretta da Resnais in Hiroshima mon amour di cui era protagonista. Con il film di Haneke è «risorta». Spiega l’attrice: «E’ da un anno che siamo indefessamente impegnati nel parlare e nel sostenere Amour ovunque. Ho viaggiato più per questo film che non per la mia carriera in altre fasi del mio lungo e sempre per me appassionante mestiere d’attrice».
Sempre guidata dalla curiosità. «E’ una delle qualità più forti e sempreverdi, lo spero per tutti, della natura umana. Poi — scherza Emmanuelle — sono anche golosa e siccome mi piace il cibo mi preparo alla cena di gala». Quella che si svolge tradizionalmente dopo il verdetto degli Oscar.
Le piace ricordare di aver lavorato molto in Italia. «Con alcuni dei vostri più sensibili registi. Allora Francia e Italia erano vicine e artisticamente complici nel cinema. Pontecorvo, Antonio Pietrangeli, Marco Bellocchio mi hanno voluta con loro. Ed è sempre una vera festa degli occhi e del palato trascorrere tempo nel Paese dell’arte e anche di un cinema e di un gusto della vita che hanno dato tanto al mondo».
Al convegno dei registi stranieri nella sede dell’Academy il regista Michael Haneke ha avuto parole affettuose per Emmanuelle e per Trintignant: «Senza questi miei due straordinari attori non avrei potuto fare il mio film. Vi ricordo che Jean Louis si era ritirato dopo l’omicidio della figlia. Così andai a trovarlo nella casa in campagna dove vive, la prima volta da solo, poi con Emmanuelle, che considero una donna straordinaria perché è un’artista vera e riservata, come è lo è la protagonista del nostro film».
Haneke è stato davvero instancabile e quando alla vigilia degli Oscar (da poche ore assegnati a Los Angeles) ha ritirato il suo Free Spirit Award, divertito dalla cerimonia casual celebrata sotto un tendone sulla spiaggia di Santa Monica, ha detto parole che in questi giorni sono state ripetute spesso da Emmanuelle Riva: «E’ magnifico che tanti siano andati in tutte le latitudini a vedere un film che prima consideravano con diffidenza "triste e pessimista", rifiutandolo a priori... Emmanuelle e Jean Louis lo hanno interpretato con passione, esattamente come io l’ho diretto e scritto ispirato da una vicenda della mia famiglia. Ossia vivendolo prima di ogni altra cosa come una romantica ma anche razionale storia d’amore, che tutti fa meditare sulla vita e sui sentimenti. Non solo sulla morte che fa parte del nostro cammino. Se questo è avvenuto e continuerà ad accadere, ebbene, noi abbiamo davvero vinto ogni possibile Oscar».
Giovanna Grassi