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 2013  gennaio 25 Venerdì calendario

IL SUPERBOWL DI JOHN E JIM LA PIU’ GRANDE SFIDA IN FAMIGLIA

Ci sono e ci sono stati fratelli che giocano con la stessa maglia (Mauro e Mirco Bergamasco, azzurri del rugby), con maglie diverse (Franco e Beppe Baresi, avversari in tanti derby milanesi), ci sono sorelle con la racchetta divise da una rete (Serena e Venus Williams), c’è stata una squadra con sette fratelli (lo Zoldo, hockey ghiaccio, campionato italiano di un po’ di anni fa). Ci sono stati anche fratelli contro nel Superbowl, Payton ed Eli Manning, quarterback, figli di Archie, altro grande quarterback, nel 2008, ma fratelli allenatori nel Superbowl non era mai successo prima. Prima di John e Jim Harbaugh, che il 3 febbraio, a New Orleans si daranno battaglia per il trofeo intitolato a Vince Lombardi, che dello sport aveva capito l’essenza più profonda, racchiusa in una semplice domanda: «Se non è importante vincere, qualcuno mi può spiegare perché teniamo i punti?».
Adesso, passata la festa e finiti i convenevoli, John e Jim, i fratelli che hanno tifato l’uno per l’altro durante le semifinali, hanno infatti in testa una cosa soltanto: vincere. E solo dopo, finita la partita, torneranno ad abbracciarsi, a dirsi, come ha fatto John, prima della sua semifinale, subito dopo che il fratello aveva vinto la sua: «Congratulazioni Jim, ce l’hai fatta, sei una grande allenatore. Ti voglio bene».
John ha 50 anni, allena i Ravens di Baltimore del quarterback Joe Flacco, il più giovane regista ad aver vinto partite dei playoff di football Nfl. Jim guida i 49ers di San Francisco, squadra mito degli Ottanta-Novanta che il Superbowl lo ha vinto 5 volte (su 5), prima con Joe Montana poi, l’ultima, nel ’95 con Steve Young. Già il ritorno dei 49ers nella partita-evento dello sport mondiale (30 secondi di pubblicità nel corso dell’happening che blocca ogni anno gli Stati Uniti e ha stabilito tutti gli ascolti record della storia televisiva d’America costano 4 milioni di dollari) valeva una storia a sé. Ma la sfida dei fratelli ha messo tutto in secondo piano.
John è più riflessivo, non ha mai giocato da professionista. Ha fatto l’assistente a Filadelfia dal ’98 al 2007 e dal 2008 guida i Ravens. Jim è stato per 14 anni un quarterback della Nfl, ha allenato l’Università di Stanford ed è alla seconda stagione con i 49ers. È una persona riservata, ma quando esplode diventa imprevedibile e qualche anno fa prese a pugni Jim Kelly, altro grande quarterback passato alla tv, per alcune critiche secondo lui ingiustificate.
John è il maggiore, è nato il 23 settembre ’62, Jim è arrivato poco più di un anno dopo, il 23 dicembre ’63. John e Jim sono cresciuti a pane e football perché Jack, il padre, è stato un professionista (quarterback e defensive back, quando il football era meno esasperato e chi era davvero forte riusciva a giocare in attacco e in difesa) e ha allenato per più di 40 stagioni e ogni anno, nel giorno del Ringraziamento, dedicato alle finali del football dei college, svegliava i ragazzi alle 9 e, insieme a loro, occupava il divano del salotto fino a notte, fino all’ultima partita.
John e Jim sono molto competitivi, perché con un padre come Jack non poteva andare in un’altra maniera. Jim era il più dotato, John però non si tirava mai indietro e ogni pedalata in bici, ogni gioco nel giardino della casa di Mequon, nel Wisconsin, si trasformava in una sfida all’ultimo respiro. John e Jim domenica 3, a New Orleans, si sfideranno nella partita più importante dello sport americano. Un sogno, forse di più: «Non abbiamo nemmeno mai avuto il coraggio di pensarla una cosa così» ha ammesso John. Jack sarà in tribuna, con la moglie Jackie. Poi, comunque andrà a finire, faranno festa tutti insieme. Perché la famiglia Harbaugh il Superbowl lo ha già vinto.
Domenico Calcagno