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 2013  gennaio 25 Venerdì calendario

E SE QUELLO SCHELETRO FOSSE DI DON RODRIGO?


C’ era uno scheletro nella pizzeria di Pescarenico confiscata alla ’ndrangheta, ben seppellito in un muro. Lo hanno trovato durante i lavori di ristrutturazione per farne una residenza per anziani. E, sorpresa, si è saputo ora che non si trattava di una recente vittima dei criminali. Il perito della procura di Lecco è giunto alla conclusione che si tratta sì di una vittima, ma di un’altra e più antica piaga che infestò a lungo il Bel Paese: la peste del 1630, anno in cui si conclude la vicenda dei «Promessi Sposi».

E non basta: come ricordano tutti i reduci dalle gite scolastiche, Pescarenico è un luogo super-manzoniano; ed è anche l’unico nel Lecchese citato esplicitamente nel gran libro. E’ un posto ad alta densità romanzesca: qui sorgeva - e sorge ancora in parte - il convento dei Cappuccini dove agisce Padre Cristoforo. Qui Lucia prende il largo su una piccola barca per sfuggire alle attenzioni di Don Rodrigo. Di più: poco più in alto sorge il castello del libidinoso signorotto. Dal romanzo dell’Ottocento (e dalla sua scena secentesca) alla realtà di oggi, tutto torna, quasi che per una misteriosa alchimia personaggi e interpreti abbiano deciso di non cambiare troppo.

Il castello descritto dal Manzoni come un palazzotto «a somiglianza d’una bicocca» è ora un bell’edificio di taglio razionalista.

I magistrati hanno appurato che, a poca distanza dal borgo dove vivevano i bravi e in generale i suoi servitori e accoliti muniti di «schioppi, tromboni, zappe, rastrelli, cappelli di paglia, reticelle e fiaschetti di polvere, alla rinfusa», si era acquattata la criminalità calabrese, ben più dotata tecnologicamente e con forno a legna. Tutto torna; anzi, tutto tornava, perché la scoperta dello scheletro (e di alcuni affreschi) scompagina le carte a favore della realtà romanzesca.

Impossibile dire a chi appartenevano le ossa, visto che molti furono i morti (e alcuni teschi sono conservati nella nicchia di una casa lì vicino). Ma questa è una sepoltura particolare.

Guardiamo agli indizi. Manzoni ci ha raccontato che Don Rodrigo finì i suoi giorni al lazzaretto, fra l’altro dopo aver sognato il buon Padre. Sappiamo inoltre che i personaggi dei romanzi a volte scappano dalle pagine. Possiamo chiederci, ragionevolmente o irragionevolmente, dove mai un Don Rodrigo, forse pentito, forse desideroso di un «sequel», avrebbe desiderato far ritrovare la sua povera carcassa? Risposta ovvia.

Diceva Oscar Wilde che la realtà imita la letteratura. Questa volta si è impegnata a fondo.