Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 25 Venerdì calendario

LINCOLN

Comprava voti. Prometteva posti. Era disposto al compromesso. Contro la schiavitù ogni arma era lecita. Regista e sceneggiatore del film sul presidente Usa spiegano come dal male nasce il bene [Colloquoio con Steven Spielberg]–


Le radici della democrazia e dell’uguaglianza possono nascere persino in un territorio indefinito, quello di una "politica opaca", dove anche il potere più virtuoso viene a patti con forze oscure e accetta compromessi non proprio nobili. Il problema restano i confini. Che non dovrebbero mai violare i limiti della legge. Ed è su questo percorso che, partendo dalla figura di Abramo Lincoln, si arriva a riflettere sull’Italia di oggi in un colloquio con Steven Spielberg a Roma e con Tony Kushner, suo sceneggiatore e premio Pulitzer, collegato telefonicamente da New York. Assieme hanno scritto "Munich" e, appunto, "Lincoln", il film appena uscito nelle nostre sale (vedi la recensione a pagina 132) sul leader che guidò gli Stati Uniti durante gli anni sanguinosi della guerra civile.
L’incontro fra il regista e il cronista («La terra da cui vieni, la Sicilia, l’ho vista solo in alcuni film e mi appare meravigliosa. Ora che ci penso mi sa tanto che il mio amico Scorsese è originario del vostro Sud») è stato voluto dalla Twentieth Century Fox. Spielberg sfoggia con orgoglio la "Rosetta" verde all’occhiello della giacca di tweed grigia: l’onorificenza di cavaliere di Gran Croce che gli è stata consegnata nel 2004 dal presidente Carlo Azeglio Ciampi. «È stata la prima cosa che ho messo in valigia per il mio viaggio in Italia», racconta. «Dall’Italia arrivano i più grandi registi del cinema, da De Sica a Fellini». E Kushner, che oltre a essere artista è un intellettuale importante della sinistra americana, aggiunge: «È il Paese di Pier Paolo Pasolini ma anche di Antonio Gramsci, il mio pensatore e scrittore preferito».
Nel film su Lincoln c’è un momento chiave: per ottenere l’approvazione del Tredicesimo emendamento che abolisce la schiavitù, il presidente offre posti di lavoro ai politici che voteranno in suo favore. L’iniziativa è una sfida e Lincoln deve attingere a tutte le sue capacità, al coraggio e alla forza d’animo che faranno di lui una leggenda. «Lincoln ci ha affascinato per il personaggio pubblico e anche per quanto fosse complesso come persona», racconta Spielberg. «Era un uomo animato da intenzioni morali nobili. Ma riuscì a far approvare il Tredicesimo emendamento, quello che abolisce la schiavitù, attraverso macchinazioni politiche non trasparenti. Il suo era un modo di fare politica dietro le quinte, nei corridoi. Certo un modo di fare opaco, ma che in fondo, a rifletterci, ancora oggi esiste. Che ne pensi Tony?». Il regista passa la palla al suo sceneggiatore: «Forse la parola "opaca" è la più giusta per indicare quella politica fatta nei corridoi e non nelle aule del Parlamento. Nel Diciannovesimo secolo il presidente poteva assumere persone, dare posti di lavoro: era qualcosa che consentiva di ottenere risultati quando il ragionamento o il tentativo di persuasione non portava i suoi frutti». Kushner articola la sua riflessione: «Il fatto che non si compra il voto, cioè non si danno direttamente soldi per ottenerlo, e quindi ci si ferma prima che il comportamento diventi palesemente illegale, rende la cosa in un certo senso accettabile. Tecnicamente non è corruzione. In quell’epoca non era illegale che i presidenti potessero assumere persone in cambio di qualcosa. Possiamo parlare quindi di clientelismo, ed era un atteggiamento diffuso. Faceva vincere quando la dialettica o il tentativo di persuasione non funzionavano. Ripeto, in fondo si trattava di "moral suasion", non di attività illecite. E nel nostro film risulta chiaro che i confini della legalità non sono mai stati travalicati».
Ma davvero non c’entra niente la corruzione? In Italia, oggi, questo tipo di argomentazione risulta poco convincente. Kushner, riflette e risponde: «Beh, se si tratta di corruzione, la chiamerei "corruzione benigna"».
Nell’Italia del Ventunesimo secolo il voto di scambio continua a essere una prassi consolidata, nel parlamento come nelle elezioni. E la corruzione è presente in tutti i livelli della politica: una corruzione che non si può certo definire "benigna". «Non conosco bene la situazione italiana», interviene Spielberg: «Quello che succede in America è diverso ed è complicato. Ci sono questioni politiche che ne nascondono altre. Si riesce ad approvare una normativa o una legge che invece porta con sé l’approvazione di altri punti tenuti nascosti. Accade dunque che nemmeno i politici che votano si rendano conto di cosa stiano votando e alla fine viene approvata tutta un’altra norma». Alla domanda se con questa affermazione fa riferimento alle lobby e se questo ha a che fare con la corruzione, Spielberg risponde: «In fin dei conti, quello che avveniva nel Diciannovesimo secolo è simile a ciò che accade oggi negli Stati Uniti». E poi aggiunge: «I due secoli, il Diciannovesimo e il Ventunesimo sono "fratelli di sangue", stessi metodi, simile la politica».
«La situazione politica americana attuale credo che possa essere considerata come qualcosa di esemplare», lo corregge l’amico Kushner: «Almeno finora non sono scoppiati e non ci sono scandali che hanno portato alla luce casi di corruzione. Obama è molto accorto, lucido e attento a come si muove e come si comporta. Però...». Però? «Ancora oggi, in America, in cambio del sostegno elettorale (cioè dei soldi versati al candidato presidenziale) si viene nominati ambasciatori». Quindi ci sono paralleli con la situazione dell’Ottocento? Risponde Kushner: «Lincoln attraverso il suo segretario di Stato ha promesso e dato posti di lavoro in cambio del voto favorevole in Camera dei rappresentanti. Oggi negli Stati Uniti le persone che non hanno alcuna esperienza diplomatica vengono nominate ambasciatori solo perché hanno dato un forte sostegno economico ed elettorale al presidente. Infatti, da questo punto di vista, la situazione è simile».
E il giudizio sulla situazione italiana? Rispetto a quella statunitense, la nostra è una democrazia molto più giovane. «Per quello che riguarda l’Italia», risponde Kushner, «dai giornali apprendo che il problema della corruzione è centrale. Ma credo comunque che la corruzione sia un po’ connaturata alla democrazia. Forse è un problema di tutte le democrazie. Il fatto stesso di essere una democrazia, quindi di godere di ampie libertà, porta spesso i funzionari pubblici a travalicare i confini della legge. La sfida sta quindi nel sottoporre al giudizio dei tribunali, ma anche al giudizio del popolo al momento delle elezioni, il comportamento dei politici, o dei funzionari pubblici. Anche perché costruire uno Stato di diritto, in un qualsiasi Paese non è un’opera facile. La legalità va conquistata giorno per giorno. Ed è questa la vera sfida delle democrazie, oggi in tutto il mondo».
L’epopea di Lincoln porta a parlare anche di un altro tema: la lotta alla schiavitù e alla segregazione razziale, che Spielberg ha affrontato pure in "Il colore viola" e "Amistad". In questi anni l’Italia è il terminale di un esodo e uno sfruttamento diverso, quello dei migranti: intere popolazioni che lasciano i loro Paesi cercando in Europa la Terra promessa. Spesso queste persone vengono definite "gli schiavi del nuovo millennio". Gli schiavisti delle navi negriere di "Amistad" sono come i boss senza scrupoli che oggi sfruttano la massa di disperati? Risponde Spielberg: «Non credo si possa tracciare un parallelo fra la schiavitù americana e la situazione di questi migranti, che lasciano i loro Paesi nella speranza di trovare un lavoro più dignitoso e meglio pagato. La schiavitù può essere definita come la peggiore crudeltà inflitta a un essere vivente, se ovviamente escludiamo l’Olocausto. Per questo mi è difficile mettere sullo stesso piano i due fenomeni. Però non scordiamoci che gli Stati Uniti hanno avuto difficoltà nell’integrazione delle diverse popolazioni. Resta il fatto che quella vissuta dai discendenti degli schiavi afroamericani di seconda e terza generazione è stata un’esperienza diversa rispetto all’emigrazione di chi oggi cerca lavoro. Ovviamente anche quella posta dai migranti è una sfida importante, una grande battaglia e una enorme difficoltà, per i Paesi che li accolgono. Mi è difficile prevedere quale sarà l’esito».
«Similitudini e parallelismi esistono», ribatte invece Kushner. «Si possono tracciare nelle lotte che sono state fatte negli Stati Uniti a livello legislativo, sociale e politico. Sono le stesse battaglie che riguardano i migranti di oggi. A partire dal Diciannovesimo secolo per eliminare la schiavitù si è aperto uno scontro, e questa lotta ha portato alla guerra civile americana, che è stata il conflitto più sanguinario in assoluto in termini di vittime e di conseguenze, nel nostro Paese. Potrei tracciare un parallelo partendo proprio da quella che è l’agonia e la sofferenza dell’Europa che si vede arrivare le ondate di migranti e che fatica a farli integrare nella propria cultura. Ma non voglio spingermi oltre. Ci sono tantissime differenze perché un conto è essere sradicati, altro è essere privati radicalmente e completamente della propria libertà venendo trasformati in un oggetto di possesso, tanto che la schiavitù è stata definita una "morte in vita". Gli schiavi erano davvero morti viventi. Si tratta del peggior crimine che un essere umano può commettere contro un altro essere umano. Nel film abbiamo concentrato l’attenzione proprio sul processo democratico che ha portato all’eliminazione della schiavitù in America, determinando un successo sociale e una vera rivoluzione».
«Lincoln ha guidato gli Stati Uniti attraverso i momenti più difficili e ha fatto sopravvivere gli ideali della democrazia americana, ponendo termine allo schiavismo», prosegue Spielberg. «Ho sempre creduto che analizzare il passato aiuti a definire il presente e a capire verso dove vogliamo andare. Per questo penso che Lincoln sia ancora attuale. La sua presidenza rappresenta un nitido modello di leadership. Egli era favorevole a cose che per noi sono più importanti che mai, ora. Si è battuto per l’idea che la sopravvivenza della democrazia richieda equità, compassione, rispetto e tolleranza. E a volte un buon senso dell’umorismo. Questa è l’anima di Lincoln».
Spielberg, come regista e produttore, lei ha affrontato molti temi chiave della storia americana e mondiale, ma non ha mai parlato di mafia. «Non penso proprio che lo farò, perché Francis Ford Coppola ha fatto i miglior film sulla mafia. Lui è il più grande, considero che i primi due episodi del "Padrino" siano dei veri capolavori, il terzo un po’ meno. È strano che mi faccia questa domanda lei che conosce la mafia e se ne occupa, perché il "Padrino" non può essere superato».
Dovrò dunque portarla in Sicilia, per farle vedere molte altre cose in cui ha messo le mani la mafia, magari cambierà idea. «Ok, affare fatto: al prossimo incontro».