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 2013  gennaio 25 Venerdì calendario

VALERIE JARRETT

L’unica donna dello staff del presidente Obama–

L’omaggio più evidente al potere di Valerie Jarrett è arrivato dal "New York Times". Sulla prima pagina di mercoledì 9 gennaio, c’era una foto di Barack Obama e l’autore della didascalia che raccontava l’immagine ha voluto aggiungere un tocco in più a quello che si poteva vedere. Con queste parole: «Il presidente insieme ai suoi consiglieri anziani nello Studio Ovale. La sola donna (guardate con attenzione) è Valerie Jarrett, la cui gamba è visibile accanto alla scrivania». Quella didascalia, a pochi giorni dal giuramento che ha segnato l’inizio ufficiale del secondo mandato (21 gennaio), rende chiaro a tutti che la senior advisor Valerie Jarrett è ancora nella pienezza del suo ruolo e pronta a lavorare per il Commander in Chief altri quattro anni. È bastata l’ombra di una gamba per dire che la persona più vicina a Barack e Michelle Obama ha ancora pieno accesso all’Oval Office.
Sono cambiate molte cose alla Casa Bianca dopo i primi quattro anni e all’inizio del secondo mandato di Obama. A cominciare dal cerchio più vicino al presidente. Se ne sono andati tre capi di gabinetto Rahm Emanuel, oggi sindaco di Chicago, William Daley, avvocato e Segretario al Commercio con Bill Clinton che è tornato a vita privata, Jack Lew, appena nominato Segretario al Tesoro. E poi: il consigliere per la sicurezza nazionale, il generale James Jones, uscito perché non più in sintonia con gli altri consiglieri; il portavoce Robert Gibbs, dimissionario dopo tre anni per lo stress del ruolo ricoperto; la responsabile degli eventi sociali Desirée Rogers, messa da parte dopo l’incidente di una cena di Stato dove si era intrufolata una coppia non invitata; il responsabile del budget office Peter Orszag, tornato al settore privato dopo un anno di incomprensioni con il gruppo dei consiglieri economici.
Valerie Jarrett, invece, è sempre lì. Potente, fedele, discreta, decisa a proteggere il suo capo e far arrivare la sua voce dovunque sia necessario. Lei è la senior advisor che conosce più di chiunque altro il processo di formazione delle decisioni presidenziali, forse con la sola esclusione dei dossier che riguardano la sicurezza degli Stati Uniti. Ma bisogna dire forse, perché solo pochi mesi fa gli oltranzisti repubblicani - prima la voce radiofonica del radicalismo conservatore Glenn Beck, poi una serie di analisti di Fox Tv - hanno accusato la Jarrett di essere al centro di colloqui informali, e naturalmente segreti, con emissari dell’Iran di Mahmoud Ahmadinejad per comporre i dissidi tra i due Paesi. Notizia priva di prove, e fondata su due elementi stranoti: la Jarrett parla la lingua farsi ed è nata 56 anni fa a Shiraz, in Iran.
Gli avversari più irriducibili di Obama sanno bene che il rapporto tra il presidente e la First Lady da una parte e Valerie Jarrett dall’altra è molto di più del legame di fiducia che si crea tra il Comandante in capo e un membro fidato dello staff. Per gli Obama, la Jarrett è un’amica, una consigliera, uno scudo. Ed è la donna che ha creato i contatti giusti che hanno favorito l’ascesa politica del presidente. Fu Valerie Jarrett, venticinque anni fa, a dare il primo lavoro a Michelle Obama, fresca di studi giuridici alle università di Princeton e di Harvard. Fu sempre la Jarrett a introdurre gli Obama nella Chicago che conta, a cominciare dalle famiglie afro-americane che avevano potere e occupavano posti importanti nella politica, nelle professioni e nelle università. Ancora lei è stata la chiave di accesso di Barack Obama ai donors che hanno reso possibile l’ingresso alla Casa Bianca.
Valerie Jarrett è appunto nata in Iran dove il padre medico (la madre Barbara si occupava di problemi dell’infanzia) si era trasferito a metà degli anni Cinquanta dopo aver rifiutato un lavoro a Chicago perché volevano dargli uno stipendio inferiore a quello dei suoi colleghi con la pelle bianca. Quando tornò bambina negli Stati Uniti Valerie si fece notare subito: parlava farsi e francese e il suo americano aveva un marcato accento british. Facendo parte dell’aristocrazia afro-americana di Chicago e amando la politica come impegno sociale, dopo buoni studi universitari Valerie ha vissuto a cavallo tra l’impresa privata e quella pubblica, tra le attività di sviluppo immobiliare a favore dei neri di Chicago e i consigli d’amministrazione della Borsa di Chicago come dell’università.
Nel 1991 avvenne l’incontro con Barack e Michelle, entrambi avvocati con tanta voglia di carriera e di politica. Tutte le fonti concordano che la scintilla nacque durante una cena nel corso della quale i tre parlarono a cuore aperto delle rispettive aspirazioni. Da quel giorno Valerie non lasciò più gli Obama (comprese le vacanze insieme nell’isola dei democratici, Martha’s Vineyard) e Michelle e Barack hanno tenuto sempre in gran considerazione l’opinione di quella che è a tutti gli effetti la loro méntore. Quando Obama ha vinto le elezioni nel 2008, la Jarrett è stata nominata numero due del gruppo che preparò la transizione da George W. Bush al nuovo eletto. E poi è stata chiamata alla Casa Bianca dove prese possesso come senior advisor dell’ufficio che era stato di Karl Rove, la mente politica di Bush (lei è stata definita la spina dorsale di Obama).
Il ruolo di Valerie Jarrett va al di là del rapporto di fiducia e di complicità che si può creare tra un leader politico e un suo consigliere. In questo caso esiste l’amicizia personale che rischia in ogni momento di complicare i rapporti tra la Jarrett e gli altri senior advisor. Tutti sanno, per esempio, che lei è la sola a poter oltrepassare senza problemi la porta che divide la West Wing dall’appartamento presidenziale accompagnando Barack o Michelle a fine giornata. In questi quattro anni, ogni attività di Valerie Jarrett è stata monitorata per capire quale fosse la sua influenza sul presidente e come lei portasse al di fuori della Casa Bianca il volere del Commander in Chief.
Ne sa qualcosa l’ex capo di gabinetto William Daley che provò a convincere il ministro della Salute Kathleen Sebelius a mitigare al massimo quella parte della riforma sanitaria che prevedeva nei contratti di assicurazione la possibilità di usufruire di servizi per il controllo delle nascite. Daley era pressato dai cattolici perché quella misura fosse cancellata: ma scoprì che, mentre cercava di convincere la Sebelius, Valerie Jarrett chiamava il ministro per dirle di andare avanti essendo le donne grandi elettrici di Obama. Ne sa qualcosa anche Robert Gibbs, l’ex portavoce del presidente, che ebbe con la Jarrett una lite memorabile perché accusato di non essere stato capace di bloccare sul nascere un corto circuito informativo provocato da un tabloid inglese secondo il quale Michelle Obama aveva confidato alla première dame di Francia Carla Bruni Sarkozy di considerare la Casa Bianca una prigione.
Valerie Jarrett ha occupato dal 2008 (e continuerà a farlo sino al 2016) un posto chiave accanto a Obama. Ufficialmente lei deve mantenere i rapporti con la comunità afro-americana (ai tempi della prima campagna riuscì a far evaporare i dubbi dei leader neri nei confronti dell’allora candidato), con gli amministratori locali (sindaci e governatori) e con i grandi finanziatori. Quando il miliardario Warren Buffett fu invitato a pranzo da Obama alla Casa Bianca, nella piccola sala accanto allo Studio Ovale il tavolo fu apparecchiato per tre: Obama, Buffett e la Jarrett.
Adesso è cominciato il secondo mandato all’insegna di Obama all’attacco. Ha vinto già su tasse e tagli alle spesa pubblica e sta affrontando la questione controllo delle armi e tetto del debito pubblico in modo molto aggressivo. Valerie Jarrett giocherà un ruolo chiave anche questa volta e vuole sempre essere la numero uno dei senior advisor. La prova? La sola intervista che ha dato qualche ora prima che il presidente giurasse sulla Costituzione per la seconda volta. «Io vengo da una città dura, Chicago. Anche Washington è una città dura», ha detto Valerie a Mike Allen e Jim Vande Hei di "Politico": «Io cerco sempre di migliorare, e penso di accettare le critiche in modo costruttivo. Non posso cancellare 21 anni di amicizia, né ho voglia di farlo. Mi sforzo di essere sempre disponibile per gli altri, in particolare con le donne. Sono più anziana della maggior parte delle persone che lavorano qui, per questo cerco di essere una risorsa per loro».