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 2013  gennaio 25 Venerdì calendario

Le difficoltà nella lotta all’evasione. E ora la scommessa del nuovo redditometro. Contro finti poveri

Le difficoltà nella lotta all’evasione. E ora la scommessa del nuovo redditometro. Contro finti poveri. Nullatenenti con il Suv. Pensionati milionari. Il racconto di un superispettore– Pelle di porcellana, la signora Lidia. E Cartier al polso. Una ragazzina che vuole fare colpo, quella donna ingioiellata seduta davanti all’ispettore dell’Agenzia delle Entrate solo un paio di settimane fa. Per carità, nulla di male a farsi belli a cinquantanove anni, salvo per un piccolo, insignificante dettaglio fiscale: quei trattamenti da 750 euro al giorno, per 20 giorni consecutivi, fanno 15 mila euro. E a fare due conti sforano già da soli, in sole due settimane, il reddito annuale dichiarato dalla signora Lidia: 14.500 euro e spiccioli. Senza contare il Suv parcheggiato sotto, i restauri dei suoi immobili (tre solo a Milano) e una vacanzina caraibica di un paio di settimane, tanto per non farsi mancare la tintarella quando in Italia fa già freddo. Eccolo qui, il tanto temuto redditometro. Ecco cosa è andato a pescare davvero il cervellone dell’Agenzia delle Entrate che fra qualche settimana disporrà di nuovi database, divisi in 11 categorie e 100 voci di spesa, per scovare chi vive alle spalle del Fisco. Finti poveri all’italiana, nullatenenti che svuotano carte di credito oro, e via elencando. «La signora Lidia? Un caso semplice: s’è accomodata, e ha chiesto quanto avrebbe dovuto pagare per mettersi a posto. Senza nemmeno provare a giustificarsi, tanto era palese quell’evasione», racconta l’ispettore del Fisco che ha seguito la pratica. Ce ne sono centinaia sulla sua scrivania di via Cristoforo Colombo, sede dell’Agenzia. E lui, G.F., 45 anni, uno di quei signori in giacca e cravatta, e sono migliaia, che giorno dopo giorno leggono i resoconti delle banche dati, incrocia i redditi dei contribuenti con le spese sostenute, annota le detrazioni del 730 e le compara con gli yacht e gli orologi di lusso acquistati con denaro che, allo Stato, puzza di denaro fantasma. Il nome dell’ispettore non s’ha da fare: «È una questione di privacy e di incolumità, visto il delicato compito che svolge. E visto il clima generale», spiegano all’Agenzia delle Entrate. Ma il cacciatore di furbetti è al suo posto, 14 ore al giorno. E racconta a "l’Espresso" come funziona il "redditometro", quello che l’ex ministro Giulio Tremonti giura di non aver mai varato (ma la legge risale al 2010, quando era al governo) e il premier uscente Mario Monti chiama «bomba a orologeria». E scarica sul centrodestra di Berlusconi. S’è parlato di superpoteri del Fisco. Di occhio dello Stato nella camera da letto dei cittadini. Di pedinamenti tributari. Mister G.F. scuote la testa. «Ma quale accertamento di massa, quale invasione della privacy? Non abbiamo poteri di polizia giudiziaria, per cui non possiamo fare nulla. Non possiamo effettuare alcun controllo discrezionale, non possiamo salire sugli yacht o presentarci da un commerciante che dichiara poco ma spende molto. Non possiamo controllare le auto, né chi ostenta un tenore di vita superiore alle possibilità», spiega. Solo la domenica, quando la Guardia di Finanza ferma i Suv immatricolati come autocarri per ottenere le detrazioni aziendali, ma usati come auto private, possono scattare accertamenti. Troppo poco. «Per il resto il redditometro è l’unica strada che consente di verificare alcune posizioni: su 40 milioni di contribuenti, verifichiamo al massimo 35-40 mila soggetti. E la maggioranza di loro, alla fine, è un evasore che sfuggirebbe al Fisco», racconta l’ispettore. Nel cervellone c’è un po’ di tutto. Ci sono auto, case e mutui, utenze di telefono, gas ed elettricità, assicurazioni, leasing, barche. Poi ci sono le spese vive, superiori ai mille euro: «Ogni anno facciamo anche una campagna di raccolta dati fra le case d’asta e i principali tour operator per verificare se i contribuenti che risultano nullatenenti, o poco più, effettuano acquisti significativi, o fanno viaggi vip». Ma non si tratta di spiare il contribuente, anzi: «Prima, con il vecchio sistema, se tu avevi un cavallo eri considerato ricco. Magari, poi, per mantenerlo non acquistavi la casa o l’auto. Con questo metodo i dati si incrociano da soli e si evitano controlli inutili: cavallo sì, auto no, nessuna segnalazione», racconta l’ispettore. E così i profili dei potenziali evasori prendono forma. C’è l’imprenditore che piange miseria, ma ha due auto sportive. C’è la mamma che spende 3 mila euro a settimana, mentre papà ne dichiara 5 mila l’anno. E c’è, appunto, la signora Lidia, vedova inconsolabile che, per tirarsi su, è diventata habitué di una beauty farm a cinque stelle (120 euro per un massaggio di 20 minuti), foraggiata dalla magra pensione di reversibilità del marito. Quei 14.500 euro l’anno, appunto, che la rendono povera agli occhi dello Stato, ma ricca agli occhi del cervellone fiscale: «Era socia di una srl, che le versava decine di migliaia di euro che nessuno dichiarava», spiega l’ispettore. «Nei 36 mila controlli dello scorso anno, ci siamo imbattuti in almeno 13 mila signore Lidia, finora invisibili al Fisco, che di fronte ai dati dell’Agenzia hanno pagato». Nel suo ufficio, 20 metri quadrati nel palazzone romano dell’Agenzia, sfilano parecchi furbetti incalliti. Di tutti i generi. «Qualcuno si presenta con abiti dimessi, per sostenere di essere stato ricco, ma essere poi caduto in disgrazia», racconta l’ispettore, «altri si spacciano per vincitori di lotterie fantasma, ma lo Stato non ha mai emesso un euro in loro favore. Altri ancora si giustificano inveendo contro le tasse e il governo. Noi domandiamo: "Dove ha trovato i soldi per acquistare una Mercedes, se dichiara 12 mila euro l’anno?". Risposta: "Gli ospedali non funzionano, e noi paghiamo le tasse. La scuola è allo sfascio, e noi paghiamo le tasse, vergognatevi"». Ma alla fine le tasse non le hanno pagate. Nel gergo del Fisco si chiama "Pronta adesione" ed è il segno che l’evasore sa di non avere più scampo. Sì, perché l’ispettore adotta una specie di dialetto che mescola burocrazia italiana di oggi a maniere cortesi di ieri, proprio come da direttiva interna firmata dal direttore generale Attilio Befera. E così l’evasore diventa il "soggetto apprezzato", i soldi sottratti allo Stato e messi nero su bianco dai database diventano più innocui "adeguati riscontri", mentre l’accertamento, come in un’opera letteraria, si chiama "incipit", ovvero là dove cominciano i guai veri con gli esattori dell’Agenzia. Ci sono pure le eccezioni. I cittadini onesti che, per qualche ragione, finiscono nell’elenco dei sospetti indicati dal redditometro. È in nome loro che s’è sollevata la polemica contro il nuovo strumento del Fisco. Ma, racconta l’ispettore, è un falso problema, perché i dubbi si chiariscono in pochi minuti: «Ci sono genitori che pagano anche ingenti somme per i propri figli. Come è capitato anche pochi giorni fa. Papà e mamma hanno mostrato il proprio reddito e la vicenda si è chiusa con una stretta di mano», racconta. Poi c’è l’esercito fantasma dei funzionari delle organizzazioni internazionali. Capita spesso con la Fao. Dirigenti nullatenenti, che spendono decine di migliaia di euro. Per il Fisco sono evasori potenziali e, come tali, vengono convocati: «Ma non appena ci forniscono la dichiarazione dell’Organizzazione, che certifica il versamento estero dei compensi, secondo le norme di legge, per noi la pratica è chiusa». E così se vinci al Lotto, se incassi un’eredità o se usi i guadagni di investimenti di Borsa per cui non è prevista la dichiarazione. Bastano cinque minuti. Altra cosa sono quelli come Roberto, 43 anni, convocato per lettera. «Dichiarava 10 mila euro, ma abbiamo raccolto spese e pagamenti per almeno 120 mila durante l’anno». Fra leasing per il Suv da oltre 100 mila euro, l’iscrizione a un club esclusivo per oltre 10 mila euro l’anno (non gli sarebbe bastato l’intero reddito), due lavoretti a un appartamentino sfitto nel cuore di Roma: «S’è presentato con abiti sgualciti e un vecchio soprabito. Poi s’è dimenticato di togliersi l’orologio. E quando gli abbiamo chiesto l’ora, ha sfoggiato un Daytona d’oro da 50 mila euro. Non che questo sia un problema, ma nessuna delle sue spese del 2012 aveva uno straccio di giustificazione plausibile». Con un’aggravante, secondo l’Agenzia: «In virtù di quel reddito dichiarato, pur con un’auto costosa e un tenore di vita agiato, il Comune gli aveva attribuito i buoni scuola per ottenere, gratuitamente, i libri di testo per i figli, sottraendoli dunque a famiglie che ne avevano davvero bisogno». È bastato guardarlo negli occhi per qualche istante. Prima ha tentato di accampare una scusa, poi la situazione è diventata chiara: «Era titolare di una Srl, che non distribuiva gli utili. I bilanci erano perfetti, a prova di controllo, ma in realtà utilizzava gli introiti della società, su cui non venivano versate le imposte, per vivere in quel modo», continua l’ispettore dell’Agenzia. Anche lui, come altri 13 mila pizzicati, ha pagato subito.