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 2013  gennaio 24 Giovedì calendario

DIECI ANNI DALLA MORTE [I

segreti che Agnelli ha portato con sé] –
Tutto è pronto per la celebrazione, nel Duomo di Torino e nella Sala Rossa del Municipio, del decimo anniversario della morte di Gianni Agnelli. Sia nell’una che nell’altra cerimonia sarà interessante notare non tanto i presenti, quanto gli assenti.
Ad esempio, Margherita Agnelli - l’unica figlia dell’Avvocato, l’ultima sua discendente legittima - ci sarà o no? No. È stata invitata alla commemorazione di suo padre? No. Suo figlio Jaky Elkann, che pare abbia voluto scegliere ad uno ad uno i nomi di tutti gli ammessi a sedere sulle sedie «riservate» ed è intervenuto anche nel cerimoniale (vorrebbe parlare al microfono dopo l’Arcivescovo), si è ricordato di fare una telefonata o mandare una lettera di invito a sua madre, al suo patrigno Serge de Pahlen (licenziato dalla Fiat proprio da Jaky nel 2004) che lo ha cresciuto nella sua casa di Allaman sul lago di Ginevra (e nelle altre in cui ha abitato tra Londra, il Brasile e Parigi), e ai suoi cinque fratellastri Pietro, Sofia, Maria, Anna e Tatiana con cui ha trascorso anni spensierati di giochi, di studi, di vacanze, di atmosfere indubitabilmente famigliari allietate da quel bricconcello di Lapo? La risposta è ancora: no. Donna Marella, la mamma di Margherita e nonna di quegli otto nipoti (tre Elkann e cinque de Pahlen, dei quali ultimi si è molte volte dimenticata privilegiando, specie economicamente, gli altri tre) avrà supplito all’eventuale sbadataggine di Jaky, provvedendo a chiamare direttamente la figlia e lasciando da parte ogni incomprensione, una volta tanto nel nome dell’Avvocato o almeno limitatamente a questa circostanza? Forse sì.

Un posto vuoto

Secondo le ultime indiscrezioni Margherita non sarà presente. Non perché non voglia ricordare suo padre e rendergli omaggio nel corso delle due messe officiate rispettivamente da mons. Cesare Nosiglia e dal «chierico» Piero Fassino, ma per una serie di considerazioni che si legano proprio al suo mancato invito (ma non poteva pensarci almeno il sindaco? O ha lasciato da parte l’educazione per non inimicarsi la Fiat?). Se Margherita, non invitata, domani si presentasse comunque e improvvisamente in Duomo e in Comune c’è da immaginare il disagio di doverle trovare un posto in prima fila, all’altezza del suo rango e del suo status di figlia, spostando all’ultimo momento qualcun altro che Jaky ha previsto occupi i posti dei presunti «famigliari», ben pochi dei quali portano il cognome Agnelli. In pratica si tratta, in molti casi, di certi sedicenti membri della «Famiglia», nomi di alto rango e di facile individuazione che Margherita chiama «les usurpateurs», gli usurpatori, lo stesso titolo di un manoscritto di 369 pagine, pubblicato in soli cinque esemplari (con una lunga prefazione di Margherita) che porta come sottotitolo L’histoire scandaleuse de la succession de Giovanni Agnelli, di cui è autore Marc Hurner, l’analista finanziario internazionale che ha scoperto molti dei misteri del patrimonio «segreto» nascosto dall’Avvocato all’estero e di cui, giustamente, la figlia rivendica il 50%, come legittima erede insieme alla madre.
Tra i presenti ci sarà sicuramente in posizione privilegiata quel nipote un po’ arrogante che nel 2007 scriveva dell’Avvocato: va «espressa solidarietà verso quelle persone che in questi ultimi quattro anni si sono prodigate per rimediare al disastro combinato dal padre di Margherita, che nel 2003 consegnò a tutti i suoi parenti un’azienda decotta». Quel nipote domani certo apparirà molto commosso...
A proposito di estero e di tesori, ovviamente sottratti al Fisco italiano, ci sono da fare alcune curiose considerazioni. Nelle lenzuolate giornalistiche di questi giorni per commemorare il defunto, il giornalista del Corriere Aldo Cazzullo, sabato scorso ha chiesto a Cesare Romiti: «Non crede che la vicenda dei capitali all’estero abbia gettato un’ombra sullo stile di Agnelli?».
L’ex numero 1 Fiat ha risposto tra l’altro: «Quando si parla di capitali all’estero bisogna innanzitutto distinguere tra i soldi della Fiat e quelli personali dell’Avvocato. Il gruppo è sempre stato internazionale. E lui si è ritrovato beni all’estero per questioni ereditarie. Non era uno che portava i soldi fuori, a differenza di molti altri (...)». Mentre Befera sta decidendo se interrogare o no Romiti e farsi dire questi nomi, quella dichiarazione – su cui Cazzullo sorvola - apre nuovi squarci. Infatti, dato che Romiti parla di «questioni ereditarie» è chiaro che fin dal dicembre 1945, nel momento in cui morì il vecchio senatore Giovanni Agnelli senior, l’Avvocato «si è ritrovato beni all’estero».

Denari misteriosi

Li ha mai fatti rientrare? Li ha scudati? E, preliminarmente, li ha divisi, e in quale misura, con i sei fratelli e con i cinque cugini Nasi, ugualmente eredi legittimi di cotanto nonno? Cazzullo non insiste e svicola, come quando Romiti ricorda che l’Avvocato «perdonò Luca» senza che il lettore sappia perché Montezemolo venne perdonato. Lo diciamo noi: aveva patteggiato coi giudici ai tempi di Mani Pulite per aver preso 40 milioni di lire di mazzetta per far incontrare un imprenditore socialista con l’Avvocato. Cesarone Romiti è davvero una buona fonte. Solo pochi mesi fa, nel suo libro-intervista con Paolo Madron (Storia segreta del capitalismo italiano) disse: «I soldi non mancavano perché la Fiat pagava i dividendi. Poi Gianluigi Gabetti, che era di fatto l’amministratore del patrimonio familiare fece molti oculati investimenti all’estero per garantire flussi di denaro costanti agli eredi di una dinastia che diventava sempre più numerosa».
Insomma, Gianluigi Gabetti - dice Romiti - «era di fatto l’amministratore del patrimonio familiare ». E dunque dovrebbe ben sapere qualcosa della consistenza dei beni dell’Avvocato all’estero, come sostiene la figlia. È bene ricordare che, a fronte di una quota di 109 milioni di euro a testa tra Marella e Margherita, per la divisione dei soli beni in Italia (esclusi gli immobili che appartengono per la nuda proprietà alla figlia mentre la madre ha l’usufrutto, ma a Margherita non è consentito entrare a Villar Perosa, Villa Frescot e a Roma nell’appartamento di fronte al Quirinale), l’accordo firmato tra le due signore nel febbraio 2004 a Ginevra prevedeva una quota per ciascuna di 1,5 miliardi di euro.
Il che dimostra che all’estero, nell’ipotesi più pessimistica, c’erano almeno tre miliardi di euro mai dichiarati al Fisco e mai fatti rientrare. A proposito di fisco occorre rilevare che, anche a causa dei documenti pubblicati in un mio libro del 2009 (I Lupi & gli Agnelli edito da Vallecchi) donna Marella è stata multata di quasi 90 milioni di euro per infedele dichiarazione dei beni all’estero e ha ottenuto di pagare questa sanzione a rate. Aveva infatti «dimenticato» - e certo l’errore non è da attribuire a lei - nelle due denunce dei redditi presentate nel maggio 2003 e nel maggio 2004 (per i redditi del marito limitatamente ai suoi ultimi 24 giorni di vita del gennaio 2003) di indicare nell’apposito quadro i redditi da proventi di beni all’estero.
Di questo denaro «nascosto» fuori dai nostri confini è dunque confermata l’esistenza ma Margherita sostiene che ci sono almeno altri 5 miliardi di euro che mancano all’appello. Nonostante un lungo articolo di Ferruccio de Bortoli pubblicato domenica in memoria dell’Avvocato (il direttore del Corriere è un grande ottimizzatore: ha infatti pubblicato la prefazione in chiave storica a un libro in uscita proprio oggi, risparmiando tempo e fatica), al Corriere è accaduto qualcosa di curioso: lunedì a pagina 29, nascosto nella rubrica delle lettere, c’era un intervento del lettore Carlo Moretti: lamentava l’eccessiva retorica del pezzo di De Bortoli e lo rimproverava per aver dimenticato l’aspetto etico della questione: «Ci ricordiamo tutti che, durante Mani Pulite, Gianni Agnelli è stato fra i pochi imprenditori che hanno avuto la facoltà di “non” sapere quello che la propria impresa aveva fatto in tema di corruzione e ciò ha lasciato basiti i piccoli e medi imprenditori. Inoltre», prosegue l’implacabile lettore, «dopo la sua morte è emerso che Agnelli è stato il più grande evasore fiscale dei nostri tempi. In un momento in cui la lotta all’evasione fiscale è al centro dell’attenzione, questo aspetto più di ogni altro, deve essere messo in luce e biasimato con la dovuta veemenza». E infine: «Proprio per questo motivo credo che il presidente della Repubblica dovrebbe astenersi dal presenziare alla messa di commemorazione di Gianni Agnelli, in segno di rispetto alle istituzioni che ogni giorno si adoperano a combattere gli evasori. Solo così si dimostrerebbe che l’Italia di due pesi e due misure è finita!».

Memoria corta

Invece Napolitano oggi ci sarà, e forse avrà accanto Mario Monti un altro che ai tempi di Mani Pulite non poteva non sapere. Molti lo hanno dimenticato ma ha fatto parte per quattro anni del Comitato Esecutivo del gruppo Fiat (insieme a Gianni e Umberto Agnelli, Romiti, Gabetti e Grande Stevens) fino allo scoppio di Tangentopoli. Possibile che non si fosse accorto di nulla? Ci sarà ovviamente anche l’Arcivescovo di Torino, il quale ieri ha detto: «L’Avvocato amava davvero l’Italia. Quando andava all’estero era orgoglioso di essere italiano». Anche a lui è bene consigliare di documentarsi magari leggendo il mio nuovo libro Agnelli Segreti.
Lo invito altresì a voler partecipare, domani alle ore 18 al Circolo della Stampa di Torino, a una «commemorazione» un po’ sui generis. Non ci saranno né Gabetti né Grande Stevens, ne Jaky né Lapo, né Carlo Rossella né Gianni Riotta («Come Pirandello e Vittorini, Gianni Riotta parte un giorno dalla natia Sicilia», c’è scritto nella bandella di un suo libro...), ma proprio Marc Hurner (per l’aspetto patrimonio all’estero), Luciano Moggi (per l’aspetto Juventus), Bruno Babando (direttore di www.lospiffero. com) e il sottoscritto e soprattutto i documenti sulla «Dicembre », la società-cassaforte dell’Avvocato che venne intestata a due prestanome (Herbert Batliner di Vaduz e René Merckt di Zurigo) pochi mesi prima che scoppiasse Mani Pulite e fino al 2006.
Comunque sia, che lei possa riposare in pace e lontano da tanti usurpatori, caro Avvocato!