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 2013  gennaio 24 Giovedì calendario

LA FACCENDA ERASMUS È UNA BUFALA


Gli studenti dell’Erasmus non potranno votare. Avrebbe violato il principio di eguaglianza, spiega il governo, e mi pare evidente, anche se negli ultimi tempi la Costituzione è stata stiracchiata, stropicciata, manipolata. Sarà per la prossima volta, si promette. Sono un gattopardesco siciliano se ne dubito? Anzi, ne sono certo. Forse si farà in tempo per i figli di chi oggi studia a Madrid o a Berlino. O per i nipoti, chissà.
Ho trascorso parte della mia vita fuori d’Italia, e a ogni elezione si ripete la stessa storia: come faranno a votare gli italiani all’estero?
Gli studenti Erasmus, circa 25 mila, per esercitare il loro diritto, dovranno prendere l’aereo, mettersi al volante o salire su un treno. La nostra Italia rimborsa perfino il biglietto in seconda classe. Capisco i giovani, ma per anni le loro condizioni furono le mie e di quanti vivevano fuori d’Italia. Prima che venisse escogitato l’attuale e assurdo sistema di voto per gli italiani lontani, che non vale per loro, espatriati per breve tempo.
Ritengo che il problema venisse rimosso per colpa della sinistra, quando ancora esistevano un partito socialista e un Pci. Per il voto del maggio 1972, il mio giornale di allora, Il Giorno, mi chiese di indagare su come avrebbero votato i Gastarbeiter, i lavoratori italiani in Germania. Ad Amburgo, dove abitavo, eravamo pochissimi, così me ne andai a Stoccarda, a parlare con gli italiani della Mercedes. Conobbi Bruno Zoratto: ex operaio, aveva creato una sorta di dopolavoro, un paio di poltrone sfondate e una tv dalle immagini sfocate. Era un fascista, puro e tenero, non avevamo nessuna idea in comune, ma diventammo amici (è scomparso alcuni anni fa). Per gli italiani che andavano a votare in treno preparava cestini da viaggio con mezzo pollo arrosto e un panino, avvolto in carta con la fiamma tricolore. Scrissi un reportage in cui dicevo che non sapevo come avrebbero votato gli italiani di Germania, ma che gli unici a occuparsi di loro erano i fascisti, e il prete della missione cattolica. Il mio pezzo non venne mai pubblicato.
Zoratto continuò a prendersi cura dei Gastarbeiter, e a battersi per il diritto di voto, era il terrore dei nostri consoli e ambasciatori a cui non ne faceva passare una. Ma quando infine fu istituito il voto per gli emigrati, non venne messo in lista dai suoi, che candidarono un qualche gerarca di partito romano. Lui era rimasto puro, i suoi camerati un po’ meno. Il sospetto era (ed è) che gli esuli per nostalgia votino a destra. Io sono convinto, ma non posso dimostrarlo, che votino come gli pare, esattamente come parenti e amici rimasti a casa. Anche quanti si mangiarono i polli preparati da Bruno.
Anni dopo, Walter Veltroni venne a Berlino e incontrò alcuni italiani. Giuseppe Vita, allora a capo della Schering, l’italiano più stimato in Germania ancor oggi, gli chiese di fare qualcosa per il voto di chi abitava all’estero: «In fondo perché? Non pagano le tasse in Italia». Restammo senza parole. Il voto legato al censo? E i poveracci o gli evasori d’Italia non vanno alle urne? A parte il fatto che io, e molti altri italiani, paghiamo le tasse per la casa in patria, perfino per i bidoni della spazzatura che non produciamo. Veltroni temeva che tutti avrebbero votato per Silvio.
Poi la destra, sempre lei, creò i collegi esteri, nella certezza di conquistare voti facili, ma Prodi vinse, guarda un po’, proprio grazie ai seggi conquistati oltre confine. Comunque, un altro pastrocchio. Perché non votare per lettera come fanno tutti i paesi civili, compreso lo Zaire ex Congo? I miei amici tedeschi se ne partono in vacanza e spediscono la loro scheda qualche settimana prima per posta. Da noi avverrebbero brogli? Sospetto umiliante, e perché posso votare per lettera alle elezioni europee?
Gli eletti all’estero, dodici deputati e sei senatori, in questi anni non si sono dati da fare per cambiare il sistema. Per loro, ovvio, andava bene. Ora protestano in nome dei poveri studenti Erasmus. Si devono semplicemente vergognare, e il 24 febbraio non voterò in Germania (il mio collegio arriva fino a Vladivostock), per non correre il rischio di eleggere qualcuno di loro paracadutato da Roma. Verrò in Italia, ma non sono sicuro. Poter volare senza preoccuparmi del costo è un privilegio. E mi sento a disagio. I biglietti in quella data sono già cari anche nelle compagnie low cost. Potrei sfruttare il biglietto in seconda che mi viene regalato, sempre che esista ancora, 22 ore da Berlino a Roma. Ma temo che nessuno mi offrirà un cestino con una coscia di pollo e una mela.