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 2013  gennaio 23 Mercoledì calendario

MONTE DELLA CASTA DI SIENA DOVE FINISCONO LE AMICIZIE

[Il presidente Profumo aveva promesso di non voltarsi mai indietro, poi ha mandato alla procura le carte scottanti] –
Alessandro Profumo di tutto potrà essere accusato, ma non di non averci provato. Lo scorso maggio, all’indomani delle perquisizioni a strascico ordinate dalla Procura della Repubblica di Siena, anche a casa del suo predecessore Giuseppe Mussari, il presidente del Monte dei Paschi fu netto: “Non ho voglia di guardare indietro, siamo nominati per guardare avanti”, disse. Messaggio chiaro: non sono qui per aprire i cassetti. Nel frattempo però li stavano aprendo gli ispettori di Bankitalia. Quando Profumo ha capito che rischiava di essere travolto insieme al Monte della Casta di Siena, ha fatto calare il sipario sulla carriera dell’avvocato Mussari.
LA SCOPERTA degli agghiaccianti buchi di bilancio segna la fine del peculiare sistema Siena, basato sulla terza banca italiana in mano al Comune, e quindi alle cordate politiche cittadine e ai loro referenti nazionali. Un sistema oliato dal consenso popolare dovuto all’andazzo di una banca che paga dividendi alla Fondazione azionista, la quale a sua volta spartisce il bottino con enti locali e popolo (rappresentato da contrade del Palio, associazioni sportive e culturali che giustifichino le generose elargizioni della Fondazione).
E dunque a fine 2011, quando le cose erano ormai fuori controllo, il potente Mussari decide di ritirarsi alla prestigiosa presidenza dell’Associazione bancaria (Abi) (che gli ha consentito solo giovedì scorso di andare a conferire riservatamente con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano). Sceglie come successore un suo vecchio amico ed estimatore, Profumo, rimasto a spasso dopo il siluramento da Unicredit, e oggi accompagnato da un imbarazzante rinvio a giudizio per frode fiscale con l’operazione Brontos (evasione per centinaia di milioni di euro). Profumo è in amicizia con la senese Rosi Bindi e con i potenti del Pd che considerano il Monte cosa loro. Si installa a Siena, a titolo gratuito, e promette di non voltarsi mai indietro. Però, a chi gli chiede dove stia allora il segno di novità, risponde con una frase di cui solo mesi dopo si capirà la vera portata: “Il cambiamento rispetto a Mussari è che non sono senese, non sono condizionato dalla storia”.
LA STORIA non è quella del glorioso Rinascimento, ma quella, più modesta, degli anni d’oro di Mussari, l’avvocato calabrese naturalizzato senese, che spendendo sapientemente la notizia mai ufficiale dell’alto patrocinio di Massimo D’Alema, scala prima la Fondazione, poi prende direttamente le redini della banca, sempre legatissimo al segretario locale del Pd e poi sindaco di Siena Franco Ceccuzzi. Lubrifica il suo potere finanziando personalmente, per 673 mila euro in dieci anni, i Ds e poi il Pd, generosità consentita dal lauto stipendio che non risente della crisi. La madre di tutte le follie è l’acquisizione dell’Antonveneta per 10 miliardi contro un valore patrimoniale di poco superiore a 2 miliardi. La magistratura, ma anche la Banca d’Italia e Profumo, indagano. Per questo lasciare il passo a Profumo non è bastato. I panni si stringono addosso al sistema Siena, la banca va sempre peggio, e la Fondazione peggio che peggio. Non ci sono più soldi per il Palio, e la magistratura indaga anche sulla Mens Sana, squadra di basket che a spese del Monte domina da anni la scena. La città sta ormai perdendo tutto, e quando appare chiaro che la piccola casta senese ha distrutto in cinque anni una ricchezza costruita in cinque secoli, si va, come suol dirsi, ai materassi: tutti contro tutti.
CECCUZZI sgambetta sul filo di lana la famiglia Monaci: Alberto, potentissimo ex dc senese, è oggi presidente del Consiglio regionale toscano, in quota Pd-Margherita. Suo fratello Alfredo, da sempre inserito nel sistema Monte, punta alla presidenza della Fondazione, al posto dello stanco Gabriello Mancini, altro uomo di Monaci. Ma il povero Alfredo rimane fuori anche dal consiglio della Fondazione. I monaciani tolgono la fiducia a Ceccuzzi, che deve dimettersi da sindaco. Alfredo, dopo aver cercato di contrapporsi a Ceccuzzi nelle primarie Pd per le elezioni del nuovo sindaco, si sistema con un posto nella lista Monti, come rappresentante della società civile, quella senza macchia. Si scannano dentro il Pd, ma, a quanto pare, il disastro è tale da intaccare anche la tradizionale coesione massonica. Loggia contro loggia, la partita si gioca tutta sull’attesa delle mosse della procura di Siena, costretta suo malgrado a darla vinta a questa o a quella fazione.
Di fronte a questo spettacolo, Profumo ha tagliato corto: ha raccolto tutte le carte imbarazzanti e le ha spedite alla Procura. Tanto a Siena nessuno è più amico di nessuno.