Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 23 Mercoledì calendario

DIECI PAROLE AL MINUTO, LA TECNOLOGIA CHE DA’ VOCE A STEPHEN HAWKING

L’unico rammarico per Stephen Hawking è che l’ultima invenzione della scienza, capace di trasformare il suo pensiero, prima in scrittura e poi in voce, lo farà parlare con accento americano.
L’astrofisico e matematico inglese, noto soprattutto per i suoi studi sui buchi neri, fa sempre più fatica a comunicare: l’atrofia muscolare progressiva, una malattia dei muscoli che l’ha colpito all’età di 21 anni (oggi ne ha 71) e che avrebbe dovuto ucciderlo, secondo i medici, nel giro di due (la malattia paralizza i muscoli del corpo, non solo quelli che permettono di muoversi o di scrivere, ma anche quelli che consentono di parlare) non l’ha ancora piegato del tutto. Però Hawking ha sempre più difficoltà a contrarre la muscolatura delle guance, che ora usa per scrivere, grazie al computer, e per parlare (funziona così: la contrazione dei muscoli della guancia, trasmessi, attraverso sensori a infrarossi collocati nei suoi occhiali, al computer servono per scegliere le lettere e comporre parole su uno schermo che poi vengono tradotte in suoni: il problema è che risultano «metallici» come quelli di un robot). Così una delle menti più veloci che la scienza abbia mai avuto, non può che scrivere una parola al minuto.
Ora Intel, un’azienda americana leader nella tecnologie dei chip e dei sistemi di interfaccia, ha creato un nuovo dispositivo che potrà permettere allo scienziato di arrivare a comporre cinque parole ogni sessanta secondi e, forse, addirittura dieci. Il sistema sfrutta la tecnologia del riconoscimento facciale: «registra», cioè, non solo i movimenti dei muscoli della guancia, ma anche quelli della bocca e delle sopracciglia, che lo scienziato potrà utilizzare per «scegliere» sullo schermo le lettere e comporre parole e frasi.
Lo stesso Hawking aveva chiesto, nel 2011, al cofondatore di Intel, Gordon Moore, l’uomo che sta dietro alla legge di Moore (secondo la quale la potenza di elaborazione dei computer raddoppia ogni due anni) di aiutarlo. E la compagnia lo ha fatto.
Non solo ha costruito il nuovo dispositivo, ma ha anche offerto a Hawking una nuova modalità di comunicazione che sfrutta l’alfabeto Morse: più semplice, forse, per scrivere nuovi bestseller, come lo è stato Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo. La nuova soluzione tecnologica, studiata da Intel, permetterà a Hawking di scrivere con più facilità e di parlare con una voce che non assomiglierà più a quella di un Dalek (personaggi robotici e geneticamente modificati che compaiono nella serie televisiva britannica «Doctor Who»), ma avrà intonazioni diverse. Anche, se, appunto, con accento americano.
«La voce è importante — ha scritto Hawking nel suo blog. — Chi ha difficoltà ad articolare le parole (si tratta di disatria, cioè di una difficoltà ad effettuare i movimenti muscolari necessari per l’articolazione delle parole, tipica di malattie come quella che ha colpito lo scienziato inglese) viene preso per un handicappato mentale».
Adriana Bazzi