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 2013  gennaio 23 Mercoledì calendario

IL PREMIER E I GLORIOSI COMUNISTI

Difficile che sia nato da un suggerimento del guru americano David Axelrod, impossibile che si tratti di un riflesso istintivo. E allora da dove ha preso Mario Monti l’ispirazione per unire all’espressione «storia comunista» l’aggettivo «gloriosa» come avrebbe detto un incanutito reduce del Pci? Sono le imprevedibili mutazioni da campagna elettorale alle quali il professore pare essersi perfettamente adattato.

Certo è che il fatto è accaduto, ieri, a metà giornata, su Radiodue. Intervistato da Barbara Palombelli, il professor Monti ha attaccato Berlusconi, ormai il bersaglio principale della sua polemica. Il presidente del Consiglio ha rivendicato la sua coerenza: «Le idee che per anni ho espresso in articoli ed editoriali, negli ultimi anni le ho viste affermarsi sul piano europeo con l’economia sociale di mercato». In Italia non è avvenuto. La modernizzazione contro le tradizione storica è “forzata”, ma il professore afferma di «apprezzare gli sforzi che il Pd sta facendo da questo punto di vista».

Dall’altra parte, invece, quella che doveva essere «una rivoluzione liberale non è stata né una rivoluzione né liberale». Berlusconi ha torto «a dire che c’è un pericolo comunista». Ed eccoci al punto. «Il Pd – ha aggiunto il professore – ha una storia, e gloriosa, comunista dalla quale si è andato gradualmente affrancando…».

Chi avrebbe mai detto che Mario Monti, l’ex rettore della Bocconi, il temuto commissario europeo, custode del mercato unico, lo spietato censore delle multinazionali (Microsoft) e dei paesi (la Francia di Sarkozy) che attentavano alla libera concorrenza, avrebbe definito “gloriosa” una storia “comunista”? E poi, se davvero gloriosa è stata, che bisogno ci sarebbe di affrancarsene?

A ventitré anni dalla caduta del muro di Berlino, l’espressione non ricorre più nemmeno tra i reduci del pci. Era in voga nei primi anni 90, le mutazioni successive del Pci in Pds, poi in Ds, infine in Pd hanno sempre più scolorito quel riferimento, Veltroni fu il primo e il più sfacciato arrivando a dire di «non essere mai stato comunista». Era quella, semmai, la “gloriosa” – e camaleontica – storia del pci: essere riusciti ad annebbiare la vicinanza con Mosca, storica, continua, indebolita, ma mai davvero assopita nemmeno negli anni dello “strappo” berlingueriano. E far passare l’immagine – vera anch’essa, in realtà – di partito moderato, governante, pienamente democratico, “costituzionale” nella bizzarra e unica nel contesto occidentale storia italiana.

Epperò quell’aggettivo “gloriosa” che di sicuro non avrebbero usato oggi né D’Alema (troppo scaltro e consapevole di quella storia) né Bersani (troppo attento all’immagine di moderatissimo governatore dell’Emilia e di audace liberalizzatore del governo Prodi) sulla bocca di Mario Monti fa un certo effetto. Il guru americano David Axelrod, novello consulente di campagna del presidente del Consiglio, che come ci racconta Maurizio Molinari ha spinto i bianchi a votare per un presidente afroamericano, è riuscito nell’impresa di far dire a Mario Monti che la storia comunista del Pd è stata “gloriosa”? Forse. Ma non prendetela come una rivalutazione storica. È semplicemente il certificato di morte di uno spettro.