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 2013  gennaio 23 Mercoledì calendario

L’AVVOCATO FATTOSI BANCHIERE CAMBIA MESTIERE SENZA LASCIARE RIMPIANTI

[Dodici anni trascorsi tra politica e credito] –
La lettera inviata nella serata di ieri da Giuseppe Mussari al vicepresidente esecutivo dell’Abi, Camillo Venesio - che peraltro alle 20 dichiarava di non averla ancora ricevuta - pone fine a una carriera di banchiere durata dodici anni e finita piuttosto male. Reggino di nascita, amante dei cavalli e appassionato di Palio come se fosse un senese vero, Mussari è un «avvocato prestato all’Ars bancaria», secondo una definizione del Sole 24 Ore di qualche anno fa. Al mestiere di banchiere però evidentemente ci aveva preso un certo gusto. A Siena peraltro malgrado non si faccia vedere più a spasso come un tempo, se ne conserva un buon ricordo come avvocato e un pessimo ricordo come banchiere.

Duro, intelligente, legatissimo alla famiglia e abile nel costruirsi solide relazioni trasversali, il salto dalle aule di tribunale al mondo del credito lo compie nel 2001. Più che vicino agli allora Ds, diventa presidente della Fondazione Montepaschi. A quei tempi - pare passato un secolo - l’ente senese era il più ricco d’Italia, potendo contare sul 57% della quarta banca italiana. Rubò la poltrona al sindaco uscente Gianluigi Piccini, che non l’ha mai mandata giù malgrado - stranezze senesi - sia stato risarcito con una poltrona di presidente di Montepaschi France mantenuta fino a qualche mese fa. Nel 2006, l’avvocato Mussari fa un nuovo salto e diventa presidente di Banca Mps. Che allora - di nuovo, sembra un secolo - malgrado una serie di errori strategici e gestionali non se la passava troppo male, tutto sommato. Certo, tutto intorno le banche si fondevano e Mps restava sempre lì, chiusa dentro alle mura di Siena, costretta a non crescere per non perdere la senesità, secondo i desideri di una politica quantomeno invasiva. La politica tutta, secondo una rigida spartizione che dava alla sinistra la maggioranza ma che, per dire, portò in cda l’edicolante della stazione di Chiusi in quota Forza Italia. In questo contesto, Mussari partorì l’operazione Antonveneta. Che, col senno di poi, si sarebbe dimostrata la tomba sua e di buona parte di quella classe dirigente locale che dell’operazione fu co-autrice. Vennero pagati 10 milioni a sportello, ma i costi reali dell’operazione sono ancora incerti e una inchiesta della magistratura sta cercando di fare chiarezza per capire dove sono finiti tutti i soldi. Nel 2010, l’avvocato Mussari passa all’Abi, l’associazione delle banche italiane. Lascia il vertice di Mps due anni dopo, con la banca in seria difficoltà e la Fondazione che, se non fosse una fondazione, sarebbe già fallita. Un «normale ricambio», sollecitato e auspicato da Bankitalia.

Da presidente dell’Abi guarda la tempesta giudiziaria abbattersi sulla sua ex banca e assiste allo stillicidio di rivelazioni sulla «passata gestione» dell’istituto, cioè in buona sostanza la sua.

Malgrado tutto, nell’estate scorsa è stato riconfermato alla guida dell’associazione delle banche. Scelta opportunistica, si disse allora, nata come compromesso tra le spinte delle grandi banche e i desideri delle piccole. Scelta infelice, com’è chiaro oggi, che ha portato l’ex presidente a ricevere a Palazzo Altieri gli ispettori del Fondo Monetario venuti a verificare lo stato degli istituti italiani con gli sulla scrivania gli articoli di giornale che lo chiamavano in causa per le operazioni finalizzate ad occultare le perdite di Mps.