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 2012  dicembre 16 Domenica calendario

LE GRANDI RIVOLUZIONI CHE CI HANNO ARRICCHITO

Che cosa evoca il Settecento? No, non solo parrucche impomatate e dame in crinolina. Il Settecento - non vi stupisca - è stato il secolo forse più rivoluzionario nella storia dell’umanità. Possiamo contare ben quattro rivoluzione: finanziaria, industriale, americana e francese. Vediamo di fare una breve carrellata "economica" su questi quattro sommovimenti.
La rivoluzione finanziaria
In precedenza per pagare e scambiare si usavano oro e argento. Ma questi metalli erano in quantità limitata. E se in giro non ce n’era abbastanza (non si poteva sempre contare sui galeoni spagnoli che portavano oro e argento dall’America...) l’economia si bloccava; a meno che i prezzi non continuassero a scendere, così che la stessa quantità di moneta poteva bastare per una maggiore quantità di transazioni.
Bisognava inventarsi qualcos’altro. E fu inventata la "moneta fiduciaria": banconote che venivano accettate sulla fiducia, senza essere garantite da oro o argento. Si poteva così stampare moneta, accompagnando la crescita dell’economia. Stampare è facile, non bisogna abusarne. Ma quando il ’giocattolo’ della moneta fiduciaria fu creato, non c’erano manuali di istruzioni, e i sovrani abusarono di questo "potere monetario", causando crisi che sono entrate nella leggenda. Ma la moneta fiduciaria era nata, e dopo le crisi iniziali sarebbe andata lontano... Nello stesso periodo presero forma anche le Banche centrali che in futuro avrebbero preso le redini di quel "potere monetario", sottraendolo a possibili abusi.
La rivoluzione industriale
Da metà Settecento a metà Ottocento il tessuto produttivo fece un salto di qualità. Il progresso tecnico c’era sempre stato anche prima. Macine, frantoi, catapulte, tecniche costruttive che tirarono su le Piramidi e la Sfinge, mulini a vento e ad acqua, fusioni del ferro e del bronzo, navi che sfidano gli oceani... tutte queste cose avevano segnato il lento progredire della tecnologia. Ma per cambiare i modi di produrre ci vuole anche un ambiente sociale adatto: "fare" e "saper fare" non devono essere considerati cose da schiavi o da servi della gleba; e ci vogliono istituzioni che permettano a chi produce e rischia di difendere il suo buon diritto nei confronti di potenti e prepotenti. Nell’Inghilterra di metà Settecento vennero a coagularsi tutti questi fattori: le invenzioni (macchina a vapore, telaio meccanico...) da una parte, il rispetto per scienza e tecnica dall’altra, una monarchia non assoluta, l’affermarsi di una classe media di artigiani e produttori, permisero quel salto di qualità e diedero una marcia in più all’attività economica.
La rivoluzione americana
La Guerra d’indipendenza americana vide le colonie ribellarsi alla madrepatria - la Gran Bretagna - e fondare gli Stati Uniti d’America. E l’anno della rivoluzione americana - il 1776 - è lo stesso in cui fu pubblicata la "Ricchezza delle nazioni" di Adam Smith: l’opera fondatrice della scienza economica. L’economia ha bisogno di democrazia: ha bisogno di impegno e creatività, ha bisogno di leggi che proteggano dalle sopraffazioni. Anche se in Inghilterra la monarchia non era assoluta, il potere non fluiva dal popolo: di mezzo c’erano la nobiltà terriera, i grandi mercanti, i banchieri. L’America che venne fuori dalla guerra d’indipendenza era invece un Paese in cui il potere non si era formato con prevaricazione dei forti sui deboli. Questo fatto, unitamente alla ricchezza delle risorse e allo spirito pionieristico degli emigranti, costituì la premessa per un gigantesco "esperimento" economico: come si crea la "ricchezza delle nazioni"? E oggi l’America è la prima economia del mondo.
La rivoluzione francese
Con questa rivoluzione l’assolutismo venne meno e in quelle forme non sarebbe più tornato. La confusione tra finanze del re e finanze della nazione si faceva meno confusa, la strada era aperta verso il riconoscimento della borghesia come classe di governo e, con questo, anche il riconoscimento dell’economia come teoria e pratica di sviluppo della nazione. E la borghesia aveva un interesse acceso e nativo per l’economia, perché era dal potere economico che traeva legittimazione e quindi potere politico.
Insomma, il Settecento fu «il secolo dell’economia». La scarsità di moneta aveva forzato cose e ingegni a creare nuovi segni rappresentativi della ricchezza, nuovi lubrificanti dell’economia; i progressi delle tecniche avevano sostituito braccia e cavalli con "cavalli vapore" e nuove macchine moltiplicavano la capacità di produrre; il tessuto sociale era lacerato da nuove e sconosciute ingiustizie (vedi sotto), e allo stesso tempo i vecchi poteri vacillavano: l’assolutismo si sgretolava e l’impero britannico veniva umiliato dal distacco di quelle colonie giovani e risolute che si lanciavano, senza saperlo, in un’affascinante esperimento: come si crea, ancora una volta, la "ricchezza delle nazioni".