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 2012  dicembre 06 Giovedì calendario

DARIA BIGNARDI – E ALLA FINE HO CEDUTO ALL’AMORE


INCONTRO Daria Bignardi nel suo studio, una stanza luminosa nella redazione di Le invasioni barbariche, il programma che condurrà dalla fine di gennaio su La7 per il nono anno. C’è un divano rosso, una scrivania più che ordinata, una libreria da cui non trabocca un solo volume. Vestita con pantaloni e maglione di colore grigio, stivaletti neri bassi, ha l’aria di chi di solito non mette un filo di trucco e, va detto, sta bene. A guardarla non le daresti mai 51 anni, ma dentro, come si sente? «Benissimo, meno male che sono arrivati. Sono stata così male quando ne avevo 20, dopo la malattia e la morte di mio padre, ma anche nei 30 anni. Lavoravo tantissimo, ero sola, non avevo un soldo. Invece più cresco e meglio mi va».
Daria Bignardi ha appena pubblicato il suo terzo romanzo. Dopo il fulminante esordio di Non vi lascerò orfani, scritto nel ricordo della madre appena morta («Mi è valso 15 anni di analisi») e Un karma pesante («Quello di cui sono meno contenta») arriva L’acustica perfetta, un libro denso, doloroso e avvincente. È la storia di Arno e Sara che da adolescenti si amano per un’estate. Si ritrovano 16 anni dopo e si sposano: sono allegri, innamorati e sembrano felici. Arno suona il violoncello, Sara è mamma a tempo pieno, hanno tre figli e poco tempo per farsi domande. Poi alla vigilia di Natale, Sara sparisce. E Arno non potrà più rimandare di scoprire chi è (e dove è finita) la donna con cui vive da 13 anni, la cui tristezza ha sempre fatto finta di non vedere. In Karma pesante, le pagine più belle erano dedicate al matrimonio e al sentimento «costruito giorno per giorno», qui Bignardi indaga l’amore – devoto, egocentrico, inamovibile – perché «ne so poco o niente, ma sto imparando e anche per questo ne scrivo, per cercare fuori e dentro di me».
Lo dice per schernirsi.
No, davvero. Sono stata brava a fare altro nella mia vita: i figli, il lavoro. Ma all’amore e alle emozioni ho ceduto dopo i 40 anni.
Eppure racconta di avere avuto una vita audace, persino spericolata.
Tutto vero, e meno male che quel periodo è finito (ride). Sono stata un’avventuriera su tutto tranne che nei sentimenti. Ho avuto sempre paura di soffrire per amore e ho sempre scelto uomini razionali e tranquilli. Prenda il mio primo marito, per esempio.
Nicola Manzoni, insegnante di filosofia, figlio di Giacomo, noto compositore, papà di Ludovico, vostro figlio, 15 anni e mezzo.
Eravamo due orfanelli che si riparavano l’uno nell’altra, un fratello e una sorella, quando ci siamo lasciati dopo otto anni è stato un sollievo, la fine del grande equivoco in cui eravamo caduti. Ora siamo vicini di casa, abbiamo un ottimo rapporto e per Natale pranziamo insieme.
Poi però è arrivato il secondo marito, Luca Sofri, giornalista, direttore di ilpost.it, figlio di Adriano, padre di Emilia, vostra figlia di nove anni e mezzo.
Anche Luca e un uomo integro, razionale, lucido. Però tra di noi c’è qualcosa di incandescente che ci fa litigare tantissimo e un territorio di attrazione misterioso: e deve essere lì intorno che sta l’amore.
Allora non scherza quando dice che è una neofita dell’argomento.
Lo so, è poco romantico, ma da quando avevo 25 anni per prima cosa di un uomo ho sempre cercato di capire se poteva essere un buon padre. Si dovrebbe fare il contrario vero? Partire dal marito che poi diventa il padre dei tuoi figli. Ma di questi tempi così confusi come fa una donna a sapere se sta facendo la cosa giusta?
Tocca azzardare che spesso vuol dire poi andare controcorrente. Come Sara, la protagonista del suo libro, che sparisce a Natale lasciando i tre figli e il marito.
Qualcuno mi ha detto che non è credibile la fuga di una madre.
Sarà stato un uomo.
(Ride) E invece io volevo scrivere che può esistere un legame così forte, viscerale, magico tra una madre generosa come è stata Sara e i suoi figli da poterli lasciare con un padre e occuparsi di se stessa.
Leggerlo mi ha scosso parecchio, è un tabù. Lei sparirebbe?
No, ma non ho mai avuto il bisogno urgente e la disperazione che ha Sara. Però, come credo ogni madre, ci ha pensato almeno una volta.
E sapere che sono stati cresciuti così forti da cavarsela da soli è una gratificazione potente, anche se immaginaria. Lei ha un figlio adolescente: che cosa gli insegna per farlo diventare un uomo consapevole?
Sparecchia e cucina la pasta per la cena. Non è tantissimo, ma neanche poco. E poi gli faccio pesare quello che faccio. Pesare nel senso che deve avere la misura della fatica che costa a una madre lavorare fuori e dentro casa. So che questo ne farà un giorno un compagno attento e attivo.
E con Emilia?
Vale anche per lei. Però con Ludovico il rapporto è più semplice, istintivo, forse anche per questo lo tratto peggio. Con lei sto più attenta. Tra donne le relazioni sono più sottili.
Mamma ansiosa?
Ah no. Per me basta che mangino la frutta e non prendano freddo, poi va tutto benissimo. Per la gola soprattutto, mi raccomando. Faccio delle scene...
Non me la vedo, proprio lei, con il suo aplomb.
E si sbaglia. Io sono come mia madre, vivo ogni cosa con una drammaticità assurda, tutto alle stelle, mi lascio attraversare da ogni emozione. Luca mi dice che sono senza pelle. Questo furore, che noi siciliani chiamiamo "tragediare", proprio no, da Bignardi non me l’aspettavo. Semmai potevo pensare che lei sia la Signora Perfezione.
L’uno non esclude l’altro. Sono perfezionista eccome. E sul lavoro è un bene perché non mi addormento se qualcosa è rimasto in sospeso. Invece nel resto della vita è un disastro.
Nelle relazioni intende?
Fosse per me non ne farei passare una, ma sto imparando che a volte è meglio lasciar correre. Pretendo troppo: anche per questo forse ho poche amiche.
Lei dà quel che chiede?
Credo e spero di si.
A questo punto smetto per un attimo di parlare perché è arrivato il caffè, ma Bignardi approfitta del mio silenzio: dà una zampata e mi mette sotto torchio. Ha quello sguardo curioso e ironico che abbiamo imparato a conoscere in tv. Mi arrendo e rispondo, non ho scampo. Ho giusto il tempo di chiederle se ci sono novità nel format delle Invasioni barbariche: «Al momento no», risponde lei. Mancano due mesi». Nell’attesa, intrattenetevi con il suo libro.