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 2012  dicembre 05 Mercoledì calendario

Il «patto» choc del pm col bombarolo di Brindisi - Toglietegli tutto, ma non il suo bel fascicolo

Il «patto» choc del pm col bombarolo di Brindisi - Toglietegli tutto, ma non il suo bel fascicolo. Quello sull’uccisione della povera Melissa Bassi, dilaniata dal­l’esplosione di una bombola di gas al­la scuola «Falcone Morvillo» di Brindi­si il 19 maggio scorso. Quello che dove­va tornare per forza alla sua procura, anche a costo di aiutare l’avvocato del killer reo-confesso Giovanni Vantag­giato a smontare l’ipotesi della finalità terroristica che, altrimenti, l’avrebbe lasciato sui lontani lidi dell’antimafia di Lecce. Non si è mosso ovviamente per offri­re una sponda o un aiuto all’assassino, il procuratore brindisino Marco Dina­poli, finito ieri davanti alla commissio­ne disciplinare del Csm per i rapporti di un certo tipo con il legale del bomba­rolo indagato, ma per rimettere le ma­ni su un’indagine a cui evidentemente teneva da pazzi. Un fascicolo sul quale erano puntati gli occhi della stampa na­zionale e internazionale, ansiosa di sa­pere il perché di quell’attentato. Dina­poli avrebbe passato all’avvocato Or­lando «sentenze e commenti di dottri­na » che sarebbero serviti a preparare una memoria difensiva e smontare l’ipotesi dell’aggravante terroristica, peraltro confermata anche dal Riesa­me che, a proposito del folle gesto di Vantaggiato, scrisse che «voleva terro­rizzare la nazione ». Uno scenario inve­stigativo spuntato all’indomani della contestatissima conferenza stampa di Dinapoli, ad appena 24 ore dall’attenta­to, nel corso della quale il capo dei pm brindisini, pur con un certo intuito, dis­se che si trattava con tutta probabilità di un gesto isolato, non collegato alla criminalità organizzata o all’eversio­ne, men che meno alla nuova trattativa Stato-mafia, di cui poteva essere auto­re una «persona arrabbiata e in guerra con il mondo, che si sente vittima o ne­mi­co di tutti e che utilizza una simile oc­casione per far esplodere tutta la sua rabbia». Aggiunse che esistevano an­che dei filmati sul killer in azione (che, di lì a poco, sarebbero finiti anche sulle prime pagine dei quotidiani) e «imma­gini terribili » dell’assassino che aziona­va con un telecomando l’ordigno. Fiu­to da segugio. Il tempo gli ha dato ragio­ne, almeno per quanto riguarda la dina­mica e le motivazioni del gesto. Pecca­to, però, che quell’improvvisa confi­denza con la stampa ( costatagli in pas­sato anche una denuncia, poi archivia­ta, da parte dell’ex ministro Fitto per una fuga di notizie riferita a quando Di­napoli era coordinatore del pool mani pulite a Bari) avesse scatenato la reazi­o­ne del capo della Dda di Lecce Cataldo Motta («nessuna pista si può esclude­re, non siamo in condizioni di dire che è il gesto di un folle») e del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso («tut­te l­e ipotesi riferibili alla strage sono an­cora all’esame delle autorità inquiren­ti »). Qualche ora ancora e il fascicolo avrebbe messo le ali verso l’ufficio in­quirente salentino. L’iniziale ipotesi di strage contro ignoti si trasformò infatti in strage con finalità terroristica. Una «mutazione» giudiziaria che sottrasse a Dinapoli la titolarità del fascicolo per trasferirla a Lecce. Tanto il procedi­mento disciplinare quanto l’indagine penale di Potenza per abuso d’ufficio e favoreggiamento (conclusasi con un’archiviazione, perché il gip ha rico­nosciuto non c’è alcunché di penal­mente rilevante nella condotta del ma­gistrato brindisino) sono partiti pro­prio dagli esposti firmati da Motta. Alle denunce sono state allegate le intercet­tazioni telefoniche tra l’avvocato Or­lando e la moglie di Vantaggiato, cui il penalista avrebbe confidato di essere stato contattato dal procuratore, e co­pie delle sentenze sul terrorismo passa­tegli dallo stesso. Al Giornale il legale di Vantaggiato si limita a un no-com­ment. «Non ho nessuna dichiarazione da fare. Sono questioni che non mi toc­cano, non c’è alcuna ragione per cui io intervenga in questa storia».