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 2012  dicembre 03 Lunedì calendario

Feticisti, dandy e sadici Le «libidini» da bibliofili - C’è una tarma dal volto umano che si chiama bibliofi­lo

Feticisti, dandy e sadici Le «libidini» da bibliofili - C’è una tarma dal volto umano che si chiama bibliofi­lo. In gergo scienti­fico si chiama lepisma, ma è no­to anche come tarlo, muffa,lar­va o più leggiadramente pescio­lino d’argento. Il bibliofilo divo­ra la carta ma non la distrugge, anzi la tutela e la venera, soprat­tutto se antica e rilegata. I biblio­fili sono una setta esoterica che applica il gusto estetico al senso storico, in un curioso intreccio di bellezza ricercata e gerontofi­lia antiquaria. Luigi Maschero­ni ha compiuto un viaggio tra le tarme più veraci e voraci della bibliofilia nel suo Scegliere i li­bri è un arte, collezionarli è una follia , edito da Biblohaus (pagg. 176, euro 15; prefazione di Mario Baudino e cura di Mas­simo Gatta, in libreria dal 7 di­cembre). Da Andreotti a Cesare De Michelis, da Alfredo Castelli a Philippe Daverio, Maschero­ni ritrae una ventina di accaniti bibliofili, raccoglie le loro voci, fa la storia e la patologia della lo­ro passione; ma alla fine si svela l’intima complicità del biogra­fo con i suddetti e col loro nobi­le vizio. Non so quanto nei bi­bliofili la passione del libro poi coincida col piacere della lettu­ra, e questo è l’antico conflitto tra i lettori forti e i collezionisti di libri. Alcuni tra gli autori incontra­ti da Mascheroni sono anche let­tori assidui, ma chi ama un li­bro non è detto che si appassio­ni al suo contenuto; a volte i bi­bliofili sono raffinati feticisti e somigliano più al collezionista di ossa che all’erudito, più al dandy che all’umanista. Io non potrei dirmi un bibliofilo se per amor dei libri s’intende la cura per i volumi, la ricerca delle pri­me edizioni e la collezione di perle preziose.L’amor mio per i libri è troppo carnale per essere quello di un bibliofilo e troppo mentale per commuoversi da­vanti a una rilegatura antica e pregiata. Maltratto i libri che più amo, li sottolineo, e leggen­done molti all’aperto, spesso ne recano le impronte. Amo, è vero, la biblioteca; ma vicende personali (di cui c’è traccia pu­re in questo libro) mi hanno alla fine vaccinato, fino a farmi disa­morare. Ora so distaccarmene e perfino privarmi di interi filo­ni non congeniali; anche se quando qualcuno vuol devol­vermi la sua biblioteca dismes­sa si riaccende la “ libridine” e la gioiosa attesa dell’incontro li­bresco imprevisto. Almeno la metà dei bibliofili ritratti da Mascheroni li cono­sco e molti di loro li considero amici; invidio il loro fiuto e il possesso di alcune rarità, e am­miro la loro cura e ricerca. Ma c’è chi di un libro ama la sua esi­stenza e chi invece la sua essen­za; chi venera la sua età e i tempi che ha attraversato, magari re­standone indenne; e chi invece cerca di sentire nel fruscio delle pagine la sua anima e cerca di sorprendere nel tomo un’idea discinta che si veste di carta. Col passare del tempo anche il libro stampato, ridotto a esem­plare raro, conquista l’aura del­le opere d’arte irriproducibili. Le copie spariscono e la super­stite si assume l’onore di coinci­dere con l’originale. Qualcuno sostiene che chi ama il libro co­me pensiero, al contrario del bi­bliofilo, dovrebbe gioire della sua progressiva evanescenza a favore dell’e-book, e del suo di­ventare pura visione senza cor­po. Come Plotino si vergognava di avere un corpo, così il lettore spirituale dovrebbe sentirsi li­berato dalla presenza fisica del volume e gioire del suo ridursi a pura entità concettuale, incor­porea. Lasciando dunque ai bi­bliofili doc il dolore per il libro smaterializzato nel web. Ma per i veri lettori, come per i veri bibliofili, la bellezza fisica di un’opera è il primo gradino per accedere alla sua bellezza intel­lettuale. Il suo corpo è la sua cu­stodia, il suo presagio. Tramite la sua presenza fisica, si accede alla sua sostanza metafisica. C’è chi vorrebbe procedere alla cremazione dei fratelli maggio­ri, conservando la loro cenere in una più agile urna, l’e-book, la chiavetta, o semplicemente affidando il loro ricordo alla cle­menza della rete che tanto con­tiene e troppo ricorda, anche ro­baccia. Ma l’esperienza tattile del libro, lo sostiene anche Ma­scheroni, è insostituibile; non basta vedere un testo su uno schermo, bisogna toccare il suo corpo plasmato dal tempo, sen­tire la sua età, il suo odore, la lo­ro cartilagine, anche quando è in preda all’osteoporosi, per­ché i libri sono umani anche in quello. È detestabile l’espres­sione libro usato, che è brutta quasi quanto supporto carta­ceo. Certo il libro, più che all’au­to, somiglia al tappeto di seta: più è vissuto e più ha valore. Di­co valore affettivo, storico, non antiquario o commerciale. Me­glio chiamarlo libro vissuto an­ziché usato. Perché i libri sono vita raccolta in carta e pensieri; e averli letti, toccati, chiosati, li rende più veri e più vivi. Ogni let­tore aggiunge uno strato di vita. Certo, poi ci sono i libri abusati o logorati dal tempo, squinter­nati e ridotti a una degradante vecchiaia. Ma i libri che odora­no di vita e lettori, i libri traman­dati, sono ancora più ricchi,cre­scono con l’uso. Su questo, i bi­bl­iofili interrogati da Maschero­ni sarebbero contrari: per loro il libro vale di più se i lettori non hanno violato il suo corpo. Vivo in una piccola casa con mille fratelli maggiori. Ma non occupano molto spazio perché i loro corpi sono di carta; chi mezzo, chi un intero ripiano, chi lo spazio di un libro. I fratelli maggiori sono gli autori dei li­bri che gremiscono la bibliote­ca. Sono fratelli a volte più anti­chi di Cristo, come Omero e i fi­losofi greci; altri sono più vicini nei secoli, qualcuno l’ho cono­sciuto e taluno è vivente. Tra lo­ro­c’è pure uno scaffale con ven­tisei costole mie, i libri procrea­ti da me, figlioli immaginari. Mi piace organizzare con i mille fra­telli feste a sorpresa, soprattut­to d’autunno e d’inverno, e pas­sare serate in affollata solitudi­ne, fermandomi ora con un fra­tello maggiore ora con un altro per una rimpatriata e una risco­perta; a volte ricordando insie­me qualcosa, a volte rubando lo­ro un pensiero, una parola, un’atmosfera. E’ bello avere compagni di so­litudine. Non c’è settimana che non si leggano annunci di mor­te per il libro di carta stampata. Funerali anticipati, a volte con una punta di sadico compiaci­mento e di barbarie nascosta nella tecnica ipermoderna on li­ne. Talvolta i sadomaso sono au­tori di libri che si compiacciono di soffrire facendo soffrire. Mi auguro che finisca prima l’uo­mo del libro, e che il postlibro ri­guardi i postumani, non noi umani. Piace il sapere fluttuan­te nell’etere, i libri disincarnati sul video e i saperi visti e toccati sul display; ma abbiamo biso­gno di avere più fonti di sapere e di vita, anche quelle più anti­che. Amanti del libro e della let­tura, bibliofili, bibliomani e bi­blionauti, colti o solo feticisti, di­fendiamo uniti i Mille Fratelli in carte e ossa e i loro Libri Vissuti. Carta canta, non sopprimete quel canto.