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 2012  dicembre 06 Giovedì calendario

QUATTRO AVVOCATI IN DUE ANNI. LA DIFESA DIFFICILE DI MICHELE MISSERI

«Avevo un calore alla testa!». Michele Misseri, l’osceno Zio Miche’ divenuto a suo tempo un personaggio dell’immaginario horror, un Freddy Krueger ai lampascioni, ha snocciolato ancora ieri al processo in Corte d’assise il repertorio cui siamo abituati da quando, a Natale di due anni fa, decise di ritrattare la ritrattazione con la quale, smettendo di accusare se stesso, aveva accusato la figlia Sabrina della morte della giovane Sarah Scazzi.
Insomma: reo confesso a ottobre 2010, grande accusatore di Sabrina a novembre, di nuovo reo confesso a dicembre con tante scuse a Sabrina e successive integrazioni di lettere e notule — indirizzate a lei e all’altra figlia Valentina, alla moglie Cosima, al legale di turno — che lui, Miche’, semianalfabeta ex schiavo di masseria, non ha mai smesso di vergare con una inverosimile foga da grafomane. Ieri è saltato il suo ennesimo difensore, Armando Amendolito: «Un civilista, bravo ad amministrare condomini», dicono le malelingue tarantine. Di fatto, il quarto legale bruciato in poco più di due anni, uno ogni sei mesi. Difendere Misseri è davvero impossibile? E come mai? Da quando il contadino di Avetrana ripudiò il suo primo avvocato (d’ufficio), Daniele Galoppa, che ora accusa di averlo indotto ad inguaiare Sabrina, la sua linea difensiva discende da quella della figlia (ed è tracciata dall’altra figlia Valentina sostenuta da alcuni amici). Dunque, dal secondo legale assunto proprio da Valentina, Francesco De Cristofaro, in avanti, Zio Miche’ è proteso a respingere una plausibile condanna a sette, otto anni (occultamento di cadavere) per abbracciarsi una condanna all’ergastolo al posto della figlia (la cui salvezza è il vero obiettivo di famiglia sin dal primo momento).
Perché tornasse nella veste di capro espiatorio, Michele ha subìto pressioni ben note e agli atti. E tuttavia la Procura, dopo averlo perso come teste ed essersi costruita una tesi d’accusa basata su altri riscontri e prove, ha l’aria di averlo abbandonato alle amorevoli cure di familiari e avvocati più o meno di famiglia. In questo gigantesco obbrobrio avetranese, Misseri deve pagare, e duramente. Ma salvarlo da colpe non sue e garantirgli davvero il diritto di difesa è un’operazione di verità che non può essere dimenticata o rimossa.
Goffredo Buccini