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 2012  dicembre 05 Mercoledì calendario

IO E RENZI, I ROTTAMATI

«Un duello tra me e Renzi per Palazzo Chigi? Al momento la vedo dura: lui perde, e a me le primarie non me le fanno manco fare».
Giorgia Meloni, sabato 1 dicembre, quando le urne del ballottaggio del Partito democratico erano ancora chiuse, aveva visto giusto: l’avversario da battere non sarà il quasi coetaneo (lei 35, lui 37) sindaco di Firenze. Sempre che le primarie del Popolo della Libertà si riescano a fare: ufficialmente confermate al 16 dicembre, dopo il ripensamento di Berlusconi tra i «vecchi» del Pdl la tentazione di archiviare il progetto dilaga. Ma il successo di visibilità e partecipazione delle #Csx
(la sigla Twitter delle primarie Pd) ha fatto «rosicare», come direbbero alla Garbatella, il quartiere romano della Meloni, chi anche a destra vede vicina l’onda del cambiamento. Lei infatti non ci sta. In politica da quando aveva 15 anni nella destra giovanile, vicepresidente della Camera a 29, il più giovane ministro della storia repubblicana a 31, chiede che si vada avanti, e che non si avveri la Twitter-profezia di Gad Lerner: «Alle primarie del Pdl s’è presentata, ohibò, una candidata vera: Giorgia Meloni. Di conseguenza faranno di tutto per annullarle».
I suoi manifesti sono già affissi a Roma, che ne è delle primarie Pdl?
«In questo momento le primarie sono in corso, le abbiamo deliberate all’unanimità, la gente si è mobilitata. Nonostante il percorso avviato, Berlusconi ha paventato un ritorno in campo e alcuni hanno sostenuto che in questo caso non ci sarebbe più bisogno di farle. Io non sono d’accordo».
Perché?
«Se Berlusconi si vuole candidare, è giusto che lo faccia attraverso le primarie. Perché lo strumento va difeso. Le primarie servono a combattere una crisi figlia di partiti che hanno pensato di poter decidere tutto in nome e per conto degli italiani, nominare mille parlamentari, spendere i soldi dei rimborsi elettorali in modo discrezionale...».
Discrezionale? Non è troppo buona?
«In alcuni casi discrezionale, in altri illegale, in altri ancora una vergogna totale».
Come nel caso del tesoriere Fiorito?
«In realtà quello di Fiorito è uno dei casi in cui abbiamo reagito con immediata chiarezza: è fuori dal partito. Anche se a dire il vero, gli organismi che devono formalizzare l’espulsione di Fiorito non si sono ancora mai riuniti».
Lei a 35 anni ha già una lunga storia politica. Guardando indietro, c’è qualcosa che farebbe diversamente?
«Sicuramente su alcune questioni avrei dovuto puntare di più i piedi. E convincere qualcuno a venirmi dietro».
Per esempio?
«Per ottenere, da ministro della Gioventù, una legge sulle pensioni simile a quella che poi ha fatto Monti. Secondo me, è l’unica legge buona di questo governo tecnico».
Un tweet recente dice: «Impossibile che la Meloni e la Minetti siano dello stesso partito». Non sarà anche lì il problema?
«Purtroppo è possibile, con questi meccanismi di selezione spesso privi di merito. Se scegliessero gli italiani, penso che la Minetti non ci sarebbe».
Sulle primarie i suoi compagni di partito si sono messi di traverso, se l’aspettava?
«Sì. Mi avevano sconsigliato di presentarmi, per poter “blindare” la candidatura del segretario. Ma fare le primarie finte è inutile. Mi sono presa le mie responsabilità».
La Santanchè, anche lei candidata, l’ha attaccata apertamente.
«Ha detto che le mie sono truppe cammellate. Devo contraddirla: io ho cominciato da giovane, vengo dal territorio e se qualcuno mi sceglie non si può dire che sia un cammello, si chiama consenso. Faccio anche notare che è grazie a queste persone che Daniela Santanchè ha fatto il sottosegretario. Non puoi fare politica dal tuo salotto».
I suoi esordi sono stati «antagonisti», nella politica studentesca. Torna a ribellarsi?
«Mi considero una ribelle per formazione, chiaramente nel senso positivo. Sono leale, tendo a dire la mia a tutti i livelli. Ho fatto tanti lavori nella vita, e non credo che avrei problemi a trovarmene un altro. Ma finché non mi vergogno, faccio politica».
Renzi non sarà davvero il suo alter ego?
«Molti dicono che io sarei il Renzi di destra e lui la Meloni di sinistra. Anzi, in certi casi sembra che io stia più a sinistra di lui. Di certo, abbiamo una grande affinità generazionale. Entrambi fronteggiamo questi ultrasettantenni che dicono: “Ma te lo immagini Renzi che parla con la Merkel?”. Li abbiamo visti i risultati di un’Italia gerontocratica: privilegi e rendite il cui costo è stato scaricato sulla generazione mia e di Renzi».
A Renzi è stato chiesto: «Che cosa direbbe a Obama?». Lei che gli direbbe?
«Quello che gli ho detto. Da ministro l’ho incontrato due volte».
Com’è andata?
«Beh, Obama è un feticcio anche per me. Cioè no, non scriva un feticcio, perché io non lo avrei votato».
Perché?
«Le sue idee sui temi etici, aborto, eutanasia, sono l’opposto delle mie. Però non c’è niente da fare: è totalmente magnetico, ti attrae. Lui parla e tu resti lì a guardarlo. Indica tutti, saluta tutti. Io che sono una ragazza del popolo impazzisco quando passa e fa “pugno con pugno” con l’uomo delle pulizie. Soprattutto, riesce a tenere insieme le due dimensioni: sembrare Will Smith nel Principe di Bel Air e fare anche il presidente in maniera molto seria. A lui riesce».
Obama pubblica foto di famiglia sui social media, lei invece è ossessionata dalla privacy. Come fa per la vita privata?
«Non è facile. Non tanto per me, quanto per un uomo che vuole starmi accanto. Gli uomini tendono a fare questo errore banale, di pensare che la gerarchia sociale si ripercuota nella coppia: io sono affermata, ma non cerco mica un uomo da dominare. Rimango una donna. Un concetto semplice che non viene capito».
Ha trovato qualcuno che l’ha capito?
«Sì, il mio compagno (l’autore Tv Renato De Angelis, ndr). Lui non ha questo problema. Invece di soffrire il mio ruolo e farmela pagare in mille modi come a volte mi è accaduto, riesce a tifare per me, a stare dalla mia parte. Siamo una squadra».
È cresciuta tra sole donne, suo padre ha lasciato la famiglia quando lei aveva 11 anni e da allora non l’ha più incontrato: da adulta, questo l’ha condizionata?
«Nella difficoltà di una famiglia particolare come la mia, dovermela cavare e imparare a non dare niente per scontato, è qualcosa che devo alla mancanza di mio padre, ma anche all’educazione di mia madre: non era il genere di genitore che pensa di doverti risolvere ogni problema. Da ragazzina, a volte mi sentivo un po’ la piccola fiammiferaia, ma da grande ringrazio mia madre ogni giorno per avermi cresciuta così».
Nell’amore è stato un limite?
«La mancanza di un padre? Beh, sicuramente ha reso complesso il mio rapporto con il genere maschile. Perché io, diciamolo, per un uomo non sono facile da gestire».
Che difetti ha?
«In generale pretendo di controllare tutto. Ad esempio, sono di un ordine maniacale. Metto in fila coltelli, bicchieri, maglioni per ordine di colore, anche se sono tutti grigi. Posso dire di avere nell’armadio “50 sfumature di grigio”».
L’ha letto il libro?
«Sì, e sono arrivata fino a metà. Poi quando lui dà a lei un contratto che dice “Alla mattina ti lego, alla sera ti faccio questo…”, non ce l’ho proprio più fatta».
Non sarà un tipo difficile solo perché riordina i maglioni.
«Certo che no. Sono molto esigente, in ogni campo, e quindi anche in amore».
E un suo vero difetto?
«Gli altri direbbero l’essere fumantina. Ma io credo che il mio difetto più grande sia che prendo tutto troppo sul serio: ho un rapporto molto grave con la responsabilità, una paura sempre presente di deludere».