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 2012  dicembre 06 Giovedì calendario

“COSÌ PORTERÒ IN SVIZZERA I SOLDI DI SPINELLI”

[Dalle intercettazioni il racconto del capo banda, Leone: ci vuole etica anche nelle rapine] –
Milano
— Voleva fare il colpo della vita, Ciccio u’guastatu,
il capo della banda di rapinatori che sequestrando il ragioniere Spinelli sperava di mettere le mani su 35 milioni di Silvio Berlusconi. Altre volte, nella sua lunghissima carriera criminale, a Francesco Leone gli era riuscito un grande colpo. Agli atti dell’inchiesta della Dda di Milano, sulla scrivania del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del sostituto Paolo Storari arriva dieci giorni prima degli arresti una relazione della squadra mobile di Frosinone, che racconta un pezzo della carriera criminale di Leone, sorvegliato speciale nel comune di Paliano. «Ha sempre avuto un tenore di vita alto, basti pensare che in una sola rapina a Bari, furono sottratti un miliardo e 200 milioni di lire. Ultimamente sembra abbia intenzione di comprare il ristorante Cardinale e il bar Casinò dei Pini, al momento senza esito per l’indisponibilità alla vendita dei proprietari».
IL FINTO PENTITO
Nella sua Mercedes classe B Leone racconta ad Alessio Maier — l’altro uomo del commando finito in carcere — , di quando si è «buttato a fare il finto pentito». La Dda di Bari, ricorda Leone, «mi ha fatto una relazione da paura. Ale — dice a Maier — io devo essere onesto, ho fatto un casino... a onor del vero, ne ho combinate tante... poi mi sono buttato a fare il finto pentito, ho fatto il pentito, i clan avversari che poi se ne sono accorti, non puoi capire che mi hanno combinato ». Leone continua vantandosi delle richiesta di condanna che i pm della procura di Bari hanno avanzato in alcuni vecchi processi. «Trent’anni per questo... quindici per questo... sedici per questo... mi sono alzato davanti a tutti... ho detto... per chi mi hai preso? Per una tartaruga? quanto c... devo campare... mi avevano accumulato centocinquanta anni di carcere... ma che sono una tartaruga? ».
I SOLDI FINTI A LUGANO
La banda discute di come far arrivare del denaro in Svizzera senza farsi intercettare dalla polizia. È sempre Leone che dà le direttive agli altri. «Io farei anche un’altra cosa sai... tanto per mettergliela in c... se ci stanno a curarci e ci fermano... io prenderei... andrei là... in banca... vado giù nel caveau... prendo la carta straccia... me ne esco fuori e vado in Svizzera con la carta straccia, se mi devono acchiappare mi acchiappano e pensando loro... che io i soldi li ho dentro... vado a Lugano... retromarcia, torno indietro e vado a pigliare la busta vera, capito?». E in effetti la polizia sta “curando” davvero il gruppo. Siamo a una settimana dagli arresti, e a Busto Garolfo (Milano), Leone nota qualcosa di strano. Ha appena lasciato l’Alfa 166 e scrive un sms agli altri che sono rimasti in auto. «C’è qualcuno dei tuoi in giro? Non mi piacciono questi che si girano, mi sembrano sbirri». Gli estranei sono effettivamente poliziotti che avevano piazzato nell’auto un localizzatore satellitare. I rapinatori decidono di rinviare ogni operazione.
L’ETICA DEL RAPINATORE
Leone si considera un criminale di alto livello. Non solo per il suo curriculum di precedenti penali. «Bisogna avere delle regole — pontifica ancora con Maier —, io mi incazzavo con un magistrato... hai visto là, quei rapinatori di farmacia... Dottò, se lei si permette un’altra volta di chiamarli rapinatori, io con lei non ci parlo più... quelli non sono rapinatori... sono balordi... È una questione di etica, non posso andare a fare una rapina io per fare l’omicidio, non esiste. Ricordati, come ho sempre detto a quelli che venivano con me: fino a quando non si sparge sangue i processi si aggiustano. Quando c’è il sangue, ragazzi, fatevi la croce, fatevela la galera. Questo non significa che io sono un santo, perché a me se qualcuno mi scassa il c..., e c’è da sparare, io vado e lo sparo, voglio dire...».
PRIMA SERA A CASA DI SPINELLI
Sulle fasi successive al sequestro e sull’intervento della scorta di Silvio Berlusconi indaga ancora l’Aisi, il servizio segreto interno, come ha spiegato il generale Arturo Esposito nell’audizione al Copasir. Ieri, Niccolò Ghedini, avvocato di Spinelli, ha precisato che «non c’è nessuna contraddizione nella ricostruzione del sequestro, come emerge proprio dagli atti processuali anche per quanto riguarda i tempi della denuncia. L’avvocato non può certo rivolgersi all’autorità giudiziaria prima che il suo assistito lo abiliti a farlo». E dai verbali resi da Leone, non trova nemmeno alcun riscontro che il capobanda potesse avere precedenti rapporti con uomini vicini all’entourage di Silvio Berlusconi.