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 2012  dicembre 04 Martedì calendario

SPREAD SOTTO 300. MONTI NON C’ENTRA

[Il premier si intesta il calo del differenziale tra Btp e bund: «Spero di arrivare a 287 punti, la metà dei 574 che abbiamo trovato all’inizio». Ma in realtà la discesa dipende dalle buone notizie che arrivano su crisi greca ed economia cinese] –
«Oggi è stata una giornata positiva per lo spread: desidero confessare che per me c’è un livello di spread, che è 287 punti base, che rappresenta, e spero venga presto toccato, un punto particolarmente significativo, essendo la metà dei 574 punti base, livello trovato quando abbiamo iniziato». Il tecnico Mario Monti cavalca così, da politico, le novità positive di un dicembre che, meglio di così, non poteva cominciare. Lo spread, infatti, è a un passo, dal sogno del premier: in una sola giornata la forbice tra i Btp e i Bund è scesa infatti di 15 punti a quota 295 (per un rendimento del Btp 10 anni al 4,38%), nuovo minimo degli ultimi 2 anni. La soddisfazione di Monti sembra legittima. Anche se, per la verità, gli ingredienti della ripresa non arrivano dalla cucina di palazzo Chigi.
Ecco, ad esempio, quel che dichiarava a Parigi Philippe Gijsels, responsabile della ricerca sul Reddito fisso di Bnp Paribas, quasi in contemporanea con le parole di Monti da Lione: «Se Atene riesce a condurre a termine il buyback e ottenere la nuova tranche di aiuti, allora il problema Grecia sarà risolto per tutto il 2013. In Cina l’economia sta chiaramente migliorando. E questo aiuta le Borse e le materie prime. Per i prossimi due o tre mesi le cose dovrebbero migliorare ». Insomma, la schiarita c’è e potrebbe pure durare qualche mese a tutto vantaggio di Madrid, Roma e, soprattutto, Atene.
Ma per merito di chi? La ripresa, recita il coro, è stata scatenata dall’avvio del buy back sui titoli di Stato greci. Ovvero, per dirla in termini più semplici, Atene ha deciso di ricomprarsi una parte dei suoi bond in circolazione al prezzo di mercato: quel che è stato venduto a suo tempo a 100 verrà ricomprato a 40. In questo modo, con soli 10 miliardi (prestati dall’Europa) la Grecia annullerà 30 miliardi di debito. Come voleva il Fondo Monetario. Solo così diventa credibile, agli occhi di madame Lagarde, l’obiettivo di riportare la Grecia, in pieno sfacelo, ad un rapporto debito/pil del 120% (un po’ meglio dell’Italia di Monti, insomma). Non ci potevano pensare prima? No, per due motivi: 1) Atene non aveva soldi; 2) in passato gli hellenic bond erano in mano alle banche tedesche e francesi che nel frattempo se ne sono liberate. Ora, al contrario, il cerino è rimasto nelle mani di: a) i fondi avvoltoi e gli hedge che, per la verità, tra un piagnisteo e l’altro, si accingono a stappare champagne. Buona parte di quei titoli sono stati acquistati tra fine luglio e inizio agosto, quando i mercati davano per certo il default della Grecia, abbandonata dalla Germania All’epoca, chi ha creduto alle promesse di Mario Draghi («Faremo tutto quel che sarà necessario per salvare l’euro») ha fatto il pieno di titoli al 10-15% del nominale. E ora si accinge ad incassare. b) chi può piangere per davvero sono i fondi pensione e le banche greche o di Cipro che hanno incassa montagne di titoli comprati a prezzo pieno o quasi. Ma il «sacrificio» sarà presto compensato. I quattrini che le banche perderanno con la svalutazione dei titoli verranno compensati dagli aiuti Ue che, al solito, finiranno nelle casse degli istituti (23 miliardi su 36) prima che nelle tasche dei greci.
Ma la vera spiegazione della schiarita sul fronte greco sta a Berlino. Questa settimana con i congressi della Cdu, il partito di Angela Merkel, e della Spd, la principale forza di opposizione, prende il via la campagna elettorale. In un momento delicato, perché la crisi dell’economia europea, a lungo scongiurata, comincia a intaccare l’economia tedesca. È il momento di intervenire, dopo tanti indugi. Anche perché la spesa, per il contribuente tedesco, è davvero minima. Quella per le banche ancor più modesta. Anzi, è facile prevedere che Deutsche Bank, cui spetta la regia del buy back greco, riuscirà a realizzare un buon profitto dalle macerie del debito di Atene. Al pari di Goldman Sachs, Citigroup e degli altri colossi della finanza internazionale che da settimane scrivono nei loro report che, passata la paura, oggi i Btp italiani, al pari di azioni quotate in Borsa a prezzi di saldo, sono una grande occasione di business. Grazie a Monti? Forse. Ma a marzo gli stessi gestori non hanno esitato un attimo a vendere la carta italiana. Colpa della Spagna, ebbe a suggerire allora il «tecnico» Monti. Merito di madame Lagarde e frau Merkel, dovrebbe riconoscere.