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 2012  dicembre 04 Martedì calendario

Il paesaggio. L’acqua. Il centro storico. Il territorio come un sistema. Ora che ha compiuto 88 anni, Vittoria Calzolari vede che intorno a sé si mettono insieme le tante riflessioni che hanno tessuto la sua vita d’architetta, di insegnante, di militante a favore di una città ben regolata e giusta

Il paesaggio. L’acqua. Il centro storico. Il territorio come un sistema. Ora che ha compiuto 88 anni, Vittoria Calzolari vede che intorno a sé si mettono insieme le tante riflessioni che hanno tessuto la sua vita d’architetta, di insegnante, di militante a favore di una città ben regolata e giusta. A lei viene dedicato ora un libro che raccoglie alcuni dei suoi principali scritti, componendo il quadro di una personalità ricca, curiosa, intellettualmente feconda. E definendo anche una specie di primato a lei ascrivibile: quello di essere stata fra i primi ad aver messo a punto una disciplina sul paesaggio, che chiama “paesistica”, e sulla sua pianificazione. È però singolare, segno di un destino che sembra iscritto nei tratti minuti e sereni di Vittoria Calzolari, il fatto che il libro esca in Spagna, sia in lingua italiana con testo spagnolo a fronte, e curato da un gruppo di suoi colleghi e allievi dell’Università di Valladolid. Il libro s’intitola Paesistica/Paisaje, l’ha coordinato Alfonso Álvarez Mora. Calzolari ha studiato a Roma, con Ludovico Quaroni e Luigi Piccinato. Poi ad Harvard, dove ha seguito l’ultimo anno di lezioni di Walter Gropius, e al Mit. Il più vivo ricordo bostoniano? «Le fantastiche biblioteche», risponde seduta in poltrona nel luminoso salotto di casa sua, ai Parioli. Il suo racconto continua con la carriera universitaria a Napoli, da dove, nel 1975, si trasferì a Roma. Qui avrà la cattedra di urbanistica fino alla pensione, ma accanto alla disciplina di base, affiancherà due corsi: Assetto del paesaggio e poi Progettazione del territorio. Intanto, a metà degli anni Settanta, la sua vita ha una svolta: il nuovo sindaco di Roma, Giulio Carlo Argan, eletto nel 1976, le affida l’assessorato al centro storico. Tre anni con il grande storico del-l’arte, due con Luigi Petroselli, uno dei sindaci più amati della capitale. «Scoprii nel concreto quanto l’urbanistica fosse anche un complesso di norme e quanto, contemporaneamente, toccasse la dimensione umana». Di quell’esperienza amministrativa riemerge nella memoria la frase che ogni tanto, durante una riunione, pronunciava Petroselli: «Ora ascoltiamo la professoressa». Una specie di tributo, lui funzionario di partito assurto alla guida di Roma, verso l’intellettuale Calzolari. «Penso che i miei colleghi mi considerassero inflessibile, che il mio approccio fosse giudicato troppo accademico. A volte, entrando nella stanza dov’era in corso un incontro, mi accorgevo che, vedendomi, tutti zittivano, come se non volessero farmi ascoltare quel che dicevano. Io non avevo tanta dimestichezza con la politica». Eppure Calzolari avvia alcune politiche per il centro storico di Roma. Forse non più ripetute con quella intensità. Decide la ristrutturazione di due zone degradate: Tor di Nona, fra piazza Navona e il Lungotevere, e san Paolino alla Regola, vicino a piazza Farnese. Il metodo è quello praticato da Pier Luigi Cervellati a Bologna. Acquisizione pubblica degli edifici. Restauro, nel rispetto delle regole costruttive originali. E, soprattutto, riassegnazione degli appartamenti in affitto ai residenti, stroncando sul nascere ogni appetito speculativo. L’obiettivo è di fermare l’emorragia di residenti dal centro storico. Se lo si accompagna alla ristrutturazione di 310 alloggi, alle 24 case protette per anziani, viene fuori un quadro di interventi sia sulla struttura fisica che sulla composizione sociale di un centro storico, rimasti di fatto con pochi seguiti. A Roma e non solo. I ricordi riaffiorano. Calzolari li rincorre con lo sguardo, tenendo stretto nelle mani il libro. L’amicizia con Antonio Cederna. La militanza in Italia Nostra. Il sostegno al Progetto Fori, la grande area archeologica da realizzare fra piazza Venezia e il Colosseo, smantellando la via dei Fori imperiali. E poi la visita in Campidoglio della regina Elisabetta, «con un tailleur giallo canarino e un grande cappello». Il viaggio con Petroselli a Boston e a New York, finito in un ballo all’Empire State Building. I lavori per Siena e per Brescia. La sua sostituzione nel 1981, sindaco ancora Petroselli, con Carlo Aymonino, che sul centro storico aveva idee diverse dalle sue. Ma soprattutto l’Appia Antica. Al grande territorio che avvolge la Regina viarum Calzolari dedica uno studio che dal 1973 prenderà la forma di una organica pianificazione. Il volume esce nel 1984, curato da Italia Nostra. L’Appia Antica, appunto, come sistema complesso, analizzato da diversi fronti disciplinari - l’archeologia, il verde, l’urbanistica. Un sistema da definire e da tutelare, nel solco di una tradizione che risaliva almeno agli articoli del suo amico Cederna contro i gangster che infestavano quel luogo con abusi e malversazioni. Che cosa fare di quello straordinario cuneo verde che si infilava nel centro della città e che aspirava a diventare un parco non poteva prescindere dalla sua conoscenza. «Un giorno», racconta, «salimmo su un pallone aerostatico e sorvolammo quel territorio, dal Campidoglio a Monte Cavo. Scegliemmo l’altezza e la velocità giuste per poter osservare tutti i dettagli e poi i dettagli nel loro insieme ». L’obiettivo era di trovare un filo conduttore tra i diversi valori espressi da quel luogo - estetici, archeologici, storici, urbanistici, naturalistici, ma non solo questo. «Soltanto se fosse nata un’immagine unitaria dell’Appia Antica, nella mente e nell’opinione pubblica, si sarebbe potuto dar vita a un parco e tutelarne l’integrità ». Per questo ai suoi occhi tanta importanza aveva il recupero delle ricchissime memorie letterarie intorno a quel paesaggio. In questo contesto, anche oltre l’Appia Antica, per Calzolari assume una funzione centrale l’acqua. L’acqua è il filo conduttore, dice, che molto spesso spiega le forme del paesaggio. È il principio ordinatore di un paesaggio che a sua volta è «la manifestazione sensibile e percepita in senso estetico delle relazioni che si determinano in un ambiente biofisico e antropico». Ma l’acqua riporta Vittoria Calzolari anche ai ricordi della prima infanzia, quando su una terrazza romana vide sciogliersi fra le mani una palla di neve.