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 2012  dicembre 04 Martedì calendario

CITTÀ DEL VATICANO

Il suo primo cinguettìo il Papa lo lancerà alle 12 del 12 dicembre 2012, con il dito indice che premerà il tasto invio. A quasi 86 anni, Benedetto XVI, un Pontefice tedesco cresciuto fra la musica classica e i sacri testi di teologia, che non usa il computer ma scrive i suoi discorsi a mano, anzi spesso con la matita firmandoli in calce “B XVI”, sbarcherà su Twitter con un proprio account.
«@pontifex. Il nome è buono. Significa “Papa”, ma anche “costruttore di ponti”. E il Pontefice vuole arrivare a raggiungere tutti». Se la Chiesa tenta di cambiare la propria immagine anche con la sostanza, ieri ha battuto su questo fronte un doppio colpo. Con l’arrivo del vicario di Cristo sull’ultimo dei social network. E con l’annuncio, dato in modo diretto e privo di fronzoli dal nuovo consigliere della Comunicazione vaticana, l’americano Greg Burke, che si presentava al pubblico per la prima volta, in un’inedita conferenza stampa svolta per lo più in inglese. L’obiettivo principale è quello dell’evangelizzazione. «Si vuole fornire un messaggio spirituale — ha spiegato con un piacevole slang Burke, che a molti pare già incarnare il futuro portavoce dei Sacri Palazzi — . Il Santo Padre non andrà certo in giro con Blackberry e iPad. Ma nessuno potrà mettergli in bocca alcun tipo di espressione per poi dire che questi sono i tweet del Papa. Twitterà quello che vorrà twittare».

Chiarissimo. Dopo mezz’ora che l’intero staff mediatico vaticano parlava — dal direttore della Sala Stampa, padre Federico Lombardi al presidente del Pontificio Consiglio della Comunicazione, monsignor Pierluigi Celli — gli iscritti al nuovo account erano già quasi 9.000. A sera raggiungevano e superavano i 100 mila. Quando questa mattina leggerete questo giornale, e in America, e in America Latina, sarà pienamente arrivata la notizia e molti ancora si saranno registrati, ognuno
di noi potrà controllare l’accumulo dei followers, i seguaci dei tweet del Papa.
@pontifex sarà in 7 lingue, arabo compreso. Primo tema twittato: la fede. Bianco e giallo i colori dell’icona, però nessuna fotina di Joseph Ratzinger. Il nome ora scelto è stato preferito al ventilato @Benedictu-s-PPXVI, perché collegato al mandato papale, con la costruzione appunto di arcate fra mondi diversi. Il Pontefice avrà dei followers, ma non sarà un following, cioè non seguirà nessuno su Twitter. Gli si potrà però scrivere, e rivolgere domande, approfittando di #askpontifex, su questioni relative alla vita di fede. E che cosa “cinguetterà” il Papa? Brani di catechesi, Angelus domenicali, omelie o papali su temi
mondiali. Parti dei suoi libri. Il tutto, nelle canoniche 140 battute.
Non c’è da stupirsi che la Santa Sede utilizzi modalità modernissime per comunicare. Se esiste un settore in cui la Chiesa — forse incredibilmente per i più — si trova all’avanguardia e perfettamente al passo con i tempi, è proprio la stampa, la comunicazione, la tecnologia informatica. Non che tutto ciò abbia messo da parte la necessità di usare e conservare i documenti cartacei. L’esplosione del caso Vatileaks, con la diffusione da parte del maggiordomo del Papa delle carte provenienti dall’Appartamento, e il putiferio che quei documenti hanno provocato, confermano pienamente la validità dei reperti fisici. Ma la Chiesa punta a guardare oltre.
E oggi le motivazioni del Vaticano di comunicare con il mondo richiedono una capacità di analisi e una rapidità legate ai tempi. Quelle del Pontefice, spiega monsignor Celli, saranno “pillole di saggezza”. E con efficacia lo storico Giovanni Maria Vian, attuale direttore dell’Osservatore Romano, ricorda almeno un paio di frasi pronunciate da Paolo VI il 4 ottobre 1965 davanti all’assemblea delle Nazioni Unite: “Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell’intera umanità!”. E “le armi, quelle terribili, specialmente, che la scienza moderna vi ha date, ancor prima che produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni”. Frasi che sembrano fatte apposta per Twitter. Impressionante
allora rammentare la lettera immaginaria scritta dal patriarca di Venezia, Albino Luciani, a Walter Scott nel marzo 1973 sul Messaggero di Sant’Antonio: “Il giornale ci arriverà in casa proiettato su una specie di teleschermo e, autocopiato, staccato, si potrà leggere seduta stante”. Come se il futuro Giovanni Paolo I avesse predetto l’invenzione della tavoletta dell’iPad.
A utilizzare oggi con grande successo le nuove tecnologie sono già alcune figure ecclesiastiche di grande spessore e notorietà. Come il direttore della rivista Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, giornalista, saggista, teologo e grande appassionato di letteratura, soprattutto americana, autore di li-
bri come “Cyberteologia” o “Web 2.0”, fra i prelati più avanzati nell’affidare il proprio pensiero alle tecnologie moderne e raffinate. O come il cardinale Gianfranco Ravasi, attuale presidente del Pontificio Consiglio della Cultura. Porporato dotto, persona duttile, è il primo “grand commis” della Santa Sede a usare un mezzo “giovane” e di forte impatto comunicativo come Twitter, sul quale proprio la scorsa settimana ha digitato un appuntamento pubblico addirittura in latino, mischiando così l’antico e il nuovo.
La notizia dell’account del Papa ha subito scatenato una ridda di commenti sul web. Molti benvenuti, alcune ironie, qualche insulto. “Fa proprio ridere #ilpapasutwitter”, scriveva qualcuno. “Quindi da
oggi il Papa non scomunica più. Ti defollowa direttamente”, ironizzava un altro. Chi invece scherzava sottolineando la regola dei 140 caratteri: “Siete mai stati a una messa?”. Altri ponevano questioni serie: “E poi il parroco viene a dire: Non dovete dare troppa importanza a Facebook, Twitter e Social Networks e adesso #ilPapaSuTwitter?”. C’era chi faceva domande sulla fede, e chi lanciava provocazioni (“Si potrà chiedergli di pagare #Imu senza fare tante manfrine o si offende???”). Lo sbarco di Benedetto XVI è stato in ogni caso salutato da ogni angolo del mondo, dal Canada all’Australia, dal Brasile alle Filippine, e rilanciato dagli account
dei principali media come Bbc e Cnn, mentre qualcuno si chiedeva se ci sia anche la possibilità di un’intervista.
Lo stesso Ratzinger, in un documento stilato lo scorso anno, aveva parlato della “grande opportunità” offerta dei nuovi media. Avvertendo però anche sui rischi di spersonalizzazione, alienazione e irrealtà che il mondo virtuale offre nell’ambito dell’amicizia. Qualche problema si era aperto qualche tempo fa nel momento dell’avvio del sito vatican. va, più volte poi attaccato dagli hacker. Ieri il comunicatore americano Burke spiegava che ora si è puntato su Twitter, piuttosto che Facebook, perché il primo è più facile da gestire e permette di trasmettere velocemente e con facilità il messaggio. Altre novità per i media vaticani sul web riguarderanno il portale news.va — che ha aumentato il numero delle lingue e realizzato dei “micrositi” su eventi particolari del Papa — e avrà dalla prossima settimana una App per Iphone, cosa già possibile da alcuni mesi per gli utenti della Radio Vaticana, che ha pure la App per Android.
Brillante e quasi informale, in questo contesto, la presenza di Greg Burke, a fianco di un controllatissimo padre Lombardi, fra una battuta e un braccio distrattamente appoggiato sulla testa della sedia. Benedetto XVI, dopo il primo “cinguettìo” che lancerà egli stesso al termine dell’Udienza generale del mercoledì, non si occuperà dell’invio dei suoi tweet, per il quale ci sarà una struttura specifica e un computer dedicato esclusivamente a quest’uso. «L’ho visto e controllato — ha detto Burke — sta nella Terza Loggia del Palazzo apostolico». Gli hacker sono avvertiti: sarà dura “traccarlo”.

RICCARDO LUNA
RICCARDO LUNA
La strada che il social media team di Benedetto XVI ha scelto per esordire su Twitter è la più impervia che si potesse immaginare: presenta alcuni rischi di gestione del profilo appena varato e porta il Papa a commettere almeno un errore fondamentale rispetto al tipo di piattaforma. Partiamo da questo secondo punto. Ieri la sala stampa vaticana ha fatto sapere che il pontefice su Twitter non seguirà nessuno. Avere un account a zero follower è più di un errore: vuol dire non aver capito il senso dei social network. Qui la comunicazione ha superato la modalità classica “da uno a molti” per passare al “da molti a molti”: seguire qualcuno in rete non vuol dire perdere autorevolezza, vuol dire indicare persone di valore. Al contrario dire che il Papa non seguirà nessuno vuol dire trattare Twitter come se fosse una radio. Il Papa parla, gli altri ascoltano.
È un peccato, non in senso biblico ovviamente, perché seguendo gli altri non solo spesso si arriva prima sulle notizie, ma si capisce l’aria che tira fuori da San Pietro. In realtà rispetto alla radio, è prevista una buca delle lettere pubblica e qui veniamo ai possibili problemi di gestione: chiunque infatti ieri è stato invitato a postare domande al Papa segnandole con il cancelletto #askpontifex. In realtà non serve una autorizzazione per fare domande via Twitter, ma se le chiami in questo modo rischi di venirne travolto. Subito si è avuto un assaggio del tipo di curiosità da esaudire: da tutto il mondo sono piovute staffilate sul divieto per i preservativi mentre si muore di aids, sui preti pedofili e altre cose simili. Ci manca solo la questione dell’IMU e delle scuole cattoliche ma arriverà. Come è arrivato un appello per conoscere finalmente la verità su Emanuela Orlandi. Ora, se il Papa rispondesse davvero a tali questioni sarebbe un immenso passo avanti ma può davvero farlo? Non credo, ma anche se lo facesse innescherebbe una bufera di repliche senza censura e senza nessuna possibilità di gestione della conversazione globale. Il fatto è che la vita reale e la vita digitale non sono due cose separate, ma sono una legata all’altra. Non puoi pensare di comunicare da un pulpito inaccessibile nella vita reale e invece non avere nessun filtro in rete, perché a quel punto la distanza che hai creato con il resto del mondo nella vita reale si trasforma in una pressione rabbiosa una volta che stai sul web. Prevedo alcuni aggiustamenti in corsa.