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 2012  novembre 26 Lunedì calendario

LE RINNOVABILI SECONDE SOLO AL CARBONE


«Diventeranno la seconda maggiore fonte di produzione energetica al mondo entro il 2015 e si avvicineranno al carbone come prima fonte entro il 2035». Il soggetto sono le fonti rinnovabili. L’autore della valutazione è l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) nel suo ultimo World Energy Outlook. Un colpo di scena calcolando che fino a pochi anni fa i giudizi dell’Aie erano caratterizzati da un’estrema prudenza sulla frontiera dell’energia pulita. Gli ambientalisti notano che questa crescita («Metà della nuova produzione elettrica sarà da rinnovabili entro il 2035»), pur considerevole, non basterà ad azzerare il rischio di una catastrofe climatica: bisognerebbe fare più in fretta e, a giudicare dall’accelerazione degli ultimi anni, è anche possibile che lo scenario reale sarà effettivamente più veloce delle previsioni. Ma già i numeri ufficiali bastano a dare un’idea dello scossone che scuote il mercato.
Al momento i combustibili fossili rimangono dominanti nel mix energetico mondiale, supportati da sussidi che nel 2011 hanno raggiunto i 523 miliardi di dollari, in aumento di circa il 30 per cento rispetto al 2010 e sei volte superiori agli incentivi erogati a favore delle fonti rinnovabili. Ma le Nazioni Unite premono da tempo per rovesciare questi rapporti. Dunque il mercato globale — anche se ci sono fenomeni in contro tendenza come lo shale gas — sta accelerando il passo in direzione dello sviluppo delle rinnovabili. L’Italia, che negli ultimi anni ha conquistato una posizione di testa nella corsa all’energia pulita, sviluppando più di 100 mila posti di lavoro e una quota di fatturato che vale l’1 per cento del Pil, riuscirà a restare agganciata al treno che spinge verso la fuoriuscita dalla crisi?
«Il 2013 per il settore sarà un anno duro, inutile nasconderlo: da una parte pesa la crisi, dall’altra il freno imposto dalle ultime misure del governo», risponde Giovan Battista Zorzoli, presidente di Ises Italia. «C’è da attendersi una dura selezione: molte delle piccole imprese non sopravviveranno perché non hanno la liquidità sufficiente per resistere e perché i nuovi vincoli burocratici rallentano il mercato. Sopravviveranno, e forse faranno anche fatturati interessanti, le grandi imprese che hanno polmone finanziario e che cominceranno a costruire grandi campi fotovoltaici al Sud, nelle aree di maggiore insolazione in cui la grid parity, cioè la convenienza economica, è ormai a portata di mano».
Se questa previsione si rivelerà esatta, il meccanismo costruito dal governo Monti produrrà un risultato opposto a quello dichiarato. In teoria il sistema delle nuove regole è stato pensato per premiare i piccoli impianti e scoraggiare l’uso dei terreni agricoli per le grandi estensioni di campi fotovoltaici. Di fatto avverrà l’opposto: la decisione di obbligare alle complesse procedure di iscrizione a un registro anche impianti di taglia molto modesta ha contribuito a ridurre le vendite di questo segmento, mentre la mancanza di un sistema premiale efficiente ha tolto alla mano pubblica capacità di influenzare in senso positivo il mercato.
«Il bilancio dei provvedimenti sulle rinnovabili varati dal governo Monti è disastroso», aggiunge Massimo Sapienza, del direttivo di Assosolare. «Al netto dei 3.620 grandi impianti del registro per complessivi 966 megawatt — di cui per altro quasi il 70 per cento è ancora da costruire — sono stati allacciati in 81 giorni 51,5 megawatt suddivisi in 9.771 piccoli impianti fotovoltaici. Fanno 121 impianti al giorno per una nuova potenza quotidiana di appena 0,64 megawatt. Se proiettiamo questi dati su base annuale scopriamo che c’è stato un crollo del mercato dei piccoli impianti pari a oltre il 75 per cento. E’ una situazione da cui non si esce senza nuovi meccanismi che superino la logica degli incentivi. Ad esempio, gli sgravi fiscali del 55 per cento, che però hanno il grave limite di poter essere utilizzati solo dai privati con un reddito abbastanza alto da rendere interessante la detrazione; e la vendita di prossimità per poter cedere al vicino l’elettricità non utilizzata eliminando così gli oneri di sistema e rendendo immediatamente competitiva l’energia pulita».
Anche sul fronte dell’eolico la flessione è netta. E’ probabile che l’anno si concluda con 700 megawatt di nuova potenza entrata in esercizio, rispetto agli oltre 1.100 del 2011, con previsioni di un’ulteriore forte frenata determinata dal sommarsi dell’incertezza legislativa dai nuovi meccanismi basati sul sistema delle aste, molto discusso.
«Avevamo proposto di introdurre tariffe soggette a riduzioni automatiche progressive, in modo da coniugare semplicità ed efficienza », commenta Agostino Re Rebaudengo, presidente di Aper. «Invece sono stati scelti meccanismi di burocratizzazione — aste e registri — che allungheranno ancora di più i già lunghissimi tempi di messa in esercizio di un impianto. Sono provvedimenti che vanno in direzione opposta rispetto ai bisogni del settore: ci vuole semplificazione per ridurre i prezzi dell’energia elettrica eliminando gli extracosti connessi ai lunghi tempi d’attesa. Con sistemi d’incentivazione più smart il paese potrebbe incrementare notevolmente la propria autosufficienza energetica, limitando le importazioni di gas e petrolio, obiettivo peraltro considerato prioritario nella Strategia energetica nazionale».
Secondo due recenti studi (Althesys e Oir-Agici) il saldo tra i costi di incentivazione delle rinnovabili e i benefici (dai minori costi di approvvigionamento energetico alla maggiore creazione di valore aggiunto nazionale) è ampiamente positivo, con un valore al 2030 stimabile tra i 30 e i 76 miliardi di euro.