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 2012  novembre 25 Domenica calendario

BUSSOLE A FORMA DI APP

rima internet era seduta, adesso cammina.
Un passaggio evolutivo, quello alla stazione eretta, carico di conseguenze. E di altrettanti contrordini. Nel ’95 il futurologo George Gilder aveva decretato la fine delle città, «avanzi dell’era industriale». Grazie ai computer connessi gli umani avrebbero trovato nuove forme di aggregazione, indifferenti allo spazio urbano. In quello stesso anno — data di nascita della new economy, con Amazon, eBay e la miliardaria quotazione di Netscape — l’Economist riprendeva il concetto con un memorabile speciale, La morte della distanza.
Vivere in un luogo anziché in un altro avrebbe significato sempre meno, grazie all’universale accessibilità ai servizi che il web prometteva. La realtà si è presa la briga di smentire l’uno (che aveva contestualmente profetizzato la morte della televisione) e gli altri. E il settimanale britannico, che non è solito far finta di niente, ha appena rivisto il tiro con un nuovo dossier dal titolo Il senso di un posto.
Il web 3.0, quello mobile degli smartphone e dei tablet, vuole sapere prima di tutto dove ci troviamo. «La app vuole utilizzare la tua posizione. Consenti o rifiuti?» è la richiesta che sempre più spesso ci sentiamo ripetere dalle macchine. Latitudine e longitudine, prima numeri esoterici per specialisti, sono diventati lessico familiare. Se non per noi, almeno per i nostri telefonini.
Perché, alla faccia di ogni virtualizzazione, www e altri indirizzi elettronici, siamo prima di tutto uomini sulla Terra. E le nostre coordinate fisiche diventano un parametro essenziale per la personalizzazione, quando non il funzionamento stesso dei nuovi servizi online. Non a caso quello delle mappe digitali è diventato uno dei principali terreni di scontro tra i titani tecnologici, come testimonia anche l’ultimo assalto di Apple a Google Maps, respinto con perdite. Tranne in Cina dove, in brevissimo tempo, la quota di mercato del secondo ne è uscita dimezzata. Mentre nelle ultime settimane Nokia, tanto in difficoltà da considerare di vendere persino il suo quartier generale finlandese, ha presentato Here, la sua arma cartografica per un’ardua rimonta.
La location conta come non mai. Per gli utenti comunicarla può rivelarsi un risparmio di tempo. Se Instagram, un programma che gestisce le foto, sa dove vi trovate può taggarle in automatico ordinandole per località. Non ci sarà bisogno di scriverci «lavoro», basterà andare a vedere quelle scattate dall’indirizzo dell’ufficio. Lo stesso vale per Evernote, una specie di taccuino multimediale dove prendere appunti. In alcuni casi però quest’automazione diventa una gabbia. In varie app per la ricerca di case (Casa.it, Idealista) o di programmazione cinematografica (MyMo-vies), il software assume che tu voglia solo cercare appartamenti o sale in un certo raggio da dove ti trovi. E chi l’ha detto? Peccato che programmatori poco flessibili non abbiano previsto una via d’uscita dalla camicia di forza topografica. La targa degli utenti può essere usata anche per escluderli da alcuni servizi. Il caso di Netflix, che affitta dvd o li mostra in streaming ai suoi abbonati, è esemplare: per motivi di diritti, non funziona con chi ha un IP, indirizzo internettiano, al di fuori degli Stati Uniti. Le discriminazioni commerciali sono il meno. L’aver concesso a Facebook o Twitter di marchiare con i vostri paraggi i messaggi postati può essere usato contro di voi. Anche senza essere rivoluzionari iraniani o della primavera araba, un datore di lavoro occhiuto o un fidanzato sospettoso potranno avvantaggiarsi di quell’informazione.
La verità è che nello scambio tra narcisismo e
privacy vince quasi sempre il primo. Foursquare, per dire, è un social network in movimento che consente di condividere con gli amici i posti dove andate. Non c’è bisogno di essere un hacker o un ex-segugio della Stasi per ricostruire su una mappa la vostra giornata, un check in alla volta. Altrimenti la riservatezza si sacrifica alla comodità. Lyft serve per trovare un passaggio in auto da altri che usano la stessa applicazione, una specie di Napster del car-sharing tra privati. Tu sai dove sono loro, loro sanno dove sei tu, in un piccolo panopticon in movimento. Per non dire della nuova frontiera delle reti sociali, la «social discovery» (di cui la
Domenica di Repubblica si è già occupata). Highlight, Sonar e Banjo vi avvertono quando nelle vicinanze si trova qualche amico di un vostro amico, qualcuno con cui potreste avere qualcosa in comune. Glancee, inventato dall’italiano Andrea Vaccari, è stato comprato a peso d’oro da Facebook che vi ha intravisto il futuro. Non serve una palla di cristallo speciale. Basta strologare il rapporto Ericsson sulla crescita stimata del numero di abbonamenti all’internet mobile: i 900 milioni dell’anno scorso diventeranno 5 miliardi nel 2017. Quasi tutto il pianeta, praticamente domani. Se ognuno avrà un Gps in tasca, i servizi che vorranno vendergli qualcosa hic et nunc — sia un panino scontato che un potenziale nuovo amico — seguiranno la stessa esponenziale accelerazione.