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 1922  ottobre 28 Sabato calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 56

(Antonio Di Pierro, «Il Giorno che durò 20 anni. 28 ottobre 1922: la marcia su Roma») –

Un giorno lungo vent’anni

Miseria

Lo stesso giorno della marcia su Roma, 28 ottobre 1922, i giornali raccontarono la storia di Gerolamo Gaini ed Enrichetta Cornigli, di Genova, sposati, 29 e 25 anni. Abitavano alla salita dei Cannoni, vicino a via Venti Settembre. Portarono il figlioletto di tre anni dai parenti, poi tornarono a casa, accesero il braciere, si sdraiarono sul letto e lasciarono che i fumi del carbone li asfissiassero. Si trovò poi un biglietto in cui spiegavano «di essersi decisi al passo fatale per la costante miseria che, a causa della disoccupazione, da lungo tempo li affliggeva».

Zuppi

«Zuppi, fradici sino alle midolla, tascapane a tracolla, fucile da caccia o moschetto in ispalla, fez sulle ventitré come per sfidare gli uomini e il destino, un pezzo di pane in mano, una coperta arrotolata sotto il braccio, le tasche piene di cartucce, le camicie nere sono arrivate così nelle vetture ferroviarie. Intanto fuori imperversava la rabbia degli elementi e pareva che questi si fossero, la scorsa notte, alleati coi pavidi governanti d’Italia.» (testimonianza di Sante Ceccherini).

Mare

I fascisti accampati a Santa Marinella, che tentarono di cucinare con l’acqua di mare.

Violenza

«Non passa giorno che i procuratori generali – specie quelli dei circondari più turbati dalle violenze fasciste – non mi denuncino almeno 10 reati. Dal 15 agosto al 22 settembre una statistica fatta eseguire dal ministro scrivente tra i reati esclusivamente per competizioni politiche ... dava 74 omicidi, 79 lesioni personali, 75 violenze private per bandi, 72 per danneggiamenti, 37 per appiccati incendi. Certe regioni vivono sotto un regime di terrore per cui non si possono nemmeno tenere i processi penali... in quanto le parti lese e i testimoni si guardano bene dal deporre per tema d’essere ammazzati o almeno bastonati» (10 ottobre 1922, relazione del ministro della Giustizia Giulio Alessio).

Vienna

A Vienna i musicisti dell’orchestra di Franz Lehár, volendo protestare contro un taglio dello stipendio del 20%, attaccarono l’ouverture della Frasquita con un pianissimo invece che con un fortissimo, come prevedeva lo spartito.

Sacrosanta «E vengo alla violenza. La violenza non è immorale. La violenza è qualche volta morale. Noi contestiamo a tutti i nostri nemici il diritto di lamentarsi della nostra violenza perché – paragonata a quelle che si commisero negli anni infausti del ’19 e del ’20 e paragonata a quella dei bolscevichi di Russia, dove sono state giustiziate due milioni di persone e dove altri due milioni di individui giacciono in carcere – la nostra violenza è un giuoco da fanciulli. D’altra parte la violenza è risolutiva, perché alla fine del luglio e di agosto in 48 ore di violenza sistematica e guerriera abbiamo ottenuto quello che non avremmo ottenuto in 48 anni di prediche e di propaganda. Quindi quando la nostra violenza è risolutiva di una situazione cancrenosa, è moralissima, è sacrosanta, è necessaria...» (Mussolini a Udine, 20 settembre 1922).

Stato d’assedio Il re: «Che cosa farà l’esercito?». Armando Diaz: «Maestà, l’esercito farà il suo dovere. Però sarebbe bene non metterlo alla prova» (28 ottobre, ore 10-11 del mattino. Al Quirinale si discute sullo stato d’assedio, che Vittorio Emanuele III da ultimo non firmerà).

Altezza

«Mi risulta che la gente insinui che io non possa soffrire i miei cugini Aosta. Certo che mi sono antipatici. Sono così alti!» (Vittorio Emanuele III).

Carabina

«Io, se fosse necessario, saprei prendere una carabina» (il re a Francesco Cocco Ortu, deputato giolittiano. 28 ottobre, ore 14-15).

Salandra

«Non Salandra più Mussolini, ma Mussolini senza Salandra, signori» (Mussolini riceve, nella sede del “Popolo d’Italia”, una rappresentanza degli industriali milanesi. 28 ottobre 1922).

Badoglio

«Basta un quarto d’ora per togliere di mezzo i fascisti» (Pietro Badoglio, pochi giorni prima del 28 ottobre).

Telegramma

Nella redazione del «Popolo d’Italia» in Milano giunge il telegramma del Quirinale, firmato dal generale Cittadini: «Sua maestà il re la prega di recarsi a Roma desiderando offrirle l’incarico di formare il ministero». Mussolini è nel suo ufficio col fratello Arnaldo. Commenta: «Se ci fosse qui nostro padre…».

Italiani

«Né Mussolini né Vittorio Emanuele di Savoia hanno virtù di padroni, ma gli italiani hanno bene animo di schiavi» (Gobetti, sulla “Rivoluzione liberale”).

Notizie tratte da: Antonio Di Pierro, «Il Giorno che durò 20 anni. 28 ottobre 1922: la marcia su Roma», Mondadori, euro 19